"Maturità", consapevolezza o fuga?

Oggi fanno clamore dei giovani che, già promossi, rifiutano l'orale di maturità. Bisogna capire bene quali sono le argomentazioni che portano.

C'era una volta Julius Evola che iscritto alla facoltà di ingegneria dell'università di Roma, completò il corso di studi ma senza conseguire la laurea. Motivi? "Disprezzo del titolo". Evola aveva completato gli studi tecnici e matematici, ma decise di non sostenere la discussione della tesi finale per conseguire formalmente la laurea. Non voleva essere associato a titoli accademici come "dottore" e "ingegnere". Una scelta che rifletteva la sua ribellione giovanile contro i valori borghesi e convenzionali della società del tempo. Evola vedeva il titolo accademico come un simbolo di conformismo sociale che contrastava con la sua ricerca di una via spirituale e intellettuale alternativa. La mancanza della laurea, ovviamente, non impedì a Evola di diventare un prolifico scrittore e filosofo, pubblicando numerose opere di grande spessore.

Tornando ai nostri giorni, quello di questi ragazzi è un atto di resistenza contro un sistema in cui l'esame di maturità è una pantomima burocratica? Dove un ragazzo che ha letto centinaia di libri per passione rischia di prendere un voto peggiore di chi ha memorizzato i riassunti giusti da chatgpt? Si ribellano contro l'idea che la scuola debba essere principalmente un tirocinio per la sottomissione, un addestramento alla rassegnazione? Hanno capito che quella che viene spacciata per "preparazione alla vita" è in realtà una preparazione alla rinuncia, un allenamento sistematico a non fare domande scomode, a non mettere in discussione l'autorità, a non cercare strade alternative? Non vogliono essere complici di un meccanismo che trasforma l'apprendimento in una gara, la conoscenza in merce di scambio, la crescita intellettuale in accumulo di crediti formativi? Si schierano contro insegnanti ottusi che spesso scelgono di ricoprire quel ruolo unicamente per la pagnotta a fine mese spendendo solo poche ore al giorno sparando lezioncine confezionate nel programma statale, attingendo da un sommario di propaganda calato dall’alto?

Se queste sono le motivazioni, massimo supporto.

Se invece si tratta di fragilità emotive e generici discorsi di desiderio di “essere compresi”, scambiando la scuola per un percorso terapeutico, allora è solo una fuga dalle proprie responsabilità, un non saper affrontare a testa alta il sistema, anche se lo si contesta.