Feticismo tecnologico

Il termine "pornografia" comunemente indica il genere di intrattenimento che esibisce atti sessuali di vario genere allo scopo di eccitare eroticamente il fruitore. L'aggettivo "pornografico" viene poi utilizzato per indicare, metaforicamente, l'esposizione di qualcosa che viene considerato osceno, deplorevole, sporco, qualcosa che non dovrebbe essere mostrato per non scandalizzare.

Sorprenderà molti sapere che l'etimologia del termine si ricollega al greco antico, ossia ai termini πόρνη (pòrne), che significa prostituta, e γραφή (graphè), che vuol dire disegno, scritto, documento. Etimologicamente, dunque, pornografia significa scrivere riguardo a prostitute o rappresentare prostitute. L'aspetto di commercio dell'atto sessuale è originariamente centrale nell'etimo di pornografia, aspetto perlopiù non considerato visto che oggi l'accento è posto sul genere di contenuto piuttosto che sull'aspetto mercantile.

È significativo osservare come solo nell'età del mercato globale la pornografia sia potuta divenire genere di consumo di massa. Essa è infatti una forma di intrattenimento particolarmente congeniale alla società e all'uomo contemporaneo sotto più aspetti. Innanzitutto è funzionale alla riduzione dell'essere umano alla pura dimensione istintiva e animale. L'atto sessuale vi è rappresentato come pura fisiologia e visto come semplice appagamento libidico, astraendo la sessualità da ogni contesto semantico che rimandi a una sua dimensione non puramente orizzontale e istantanea.

Inoltre è presente una chiara componente regressiva e perversa che incoraggia a forme di sessualità sempre meno umane e più bestiali, o addirittura artificiali e meccaniche. Si nota nel tempo un progressivo alzare dell'asticella della sensibilità e del gusto in direzione di pratiche sessuali che fino a poco tempo fa erano considerate patologiche e devianti. Circola inoltre oggi una sinistra tendenza alla libido per l'inanimato, sia esso l'oggetto, l'animazione a tema pornografico o lo spazio virtuale gestito dall'IA. La pornografia, insomma, si apre al postumano, in una sorta di feticismo tecnologico che probabilmente sarà la forma di sessualità più congeniale al postmoderno terminale. 

Inutile poi soffermarsi sul fatto che la prostituzione, cuore del concetto di pornografia, sia oggi più che mai il motore sociale per eccellenza: nella società del capitale e dei consumi, tutto e tutti hanno un prezzo, al punto che, paradossalmente, se la pornografia è ritrarre chi si prostituisce, allora qualsiasi rappresentazione di un mondo che ha come solo e unico fondamento il mercato può essere definita pornografica.

Suggeriamo dunque che la pornografia, fuori di qualsiasi considerazione morale, potrebbe essere accolta come una efficace chiave interpretativa sociale e antropologica dell'occidente terminale.




Amore e morte

Amore e morte, Eros e Thanatos, sono due archetipi che universalmente sono considerati indissolubili, due aspetti complementari della radice di ciò che consideriamo esistenza. Senza entrare nel merito degli aspetti metafisici, simbolici, culturali di tale connubio, possiamo dire che da sempre l'uomo considera morte e amore le più fondamentali esperienze di trascendenza possibili, ossia di oltrepassamento dell'individualità limitata e di ingresso in una dimensione altra e preclusa alla coscienza ordinaria. Due forme affini e integrative di esperienza del sacro, insomma. Nella nostra epoca amore e morte sono presenti nella tipica forma parodistica della postmodernità. Innanzitutto come spettacolo, ossia come immagine di cui ci si nutre in quanto oggetto insignificante di consumo. Secondariamente come simulacro narrativo, ossia come racconto di realtà inesistenti, che però interagiscono con la realtà concreta e diurna influenzando in maniera palese gusti ed opinioni. Infine nel processo di inversione e capovolgimento, che nel caso specifico significa trasformare due possibilità di autotrascendimento in esperienze che incatenano e condannano all'immanenza e alla bassezza. Non serve ricordare a cosa siano ridotti l'amore e la morte nella narrazione mediatica popolare, che poi è quella che esprime al meglio la maieutica del potere. Interminabili sequele di cronache di insignificanti storielle da rotocalco che hanno la controparte in morbose narrazioni di morti violente o fatali, spettacolarizzate ad uso e consumo degli appetiti del tipico spettatore televisivo, anestetizzato e insensibile a qualsiasi stimolo che non sia puramente genitale o viscerale. Per non parlare del modo in cui l'intrattenimento pseudo-artistico (musica, cinema, letteratura), nelle sue espressioni indirizzate ai consumi di massa, prende ad oggetto tali temi in forme stereotipate, meschine e palesemente caricaturali. Difficile non intravvedere in tali manifestazioni una sorta di volontà eterodiretta, per quanto occulta e subcosciente, tendente a svuotare e banalizzare nell'immaginario comune due tra le più importanti vie che conducono l'uomo oltre se stesso, in direzione delle sue possibilità più alte e nobili.