Dialoghi tra le rovine

 " Ehi tu! "

" Chi io?"

- " Si proprio tu, con la bandiera arcobaleno...che ci fai oggi in piazza? "

" Manifesto per la libertà. Sono qui per condannare il fascismo, per sostenere la democrazia. Lotto senza tregua contro la discriminazione delle minoranze, degli ultimi, per difendere il sacrosanto diritto ad avere figli delle coppie dello stesso sesso!"

" Ah, bene, e dov'eri quando venivano tagliati i fondi pubblici a servizi essenziali quali scuola e sanità per i diktat imposti dall' Europa dell'alta finanza? Che facevi mentre veniva abolito l'art. 18 dello statuto dei lavoratori? E quando veniva modificato il sistema pensionistico italiano dalla legge Fornero? Ti sei dimenticato, forse, che ti hanno rinchiuso in casa per due anni con la scusa della salute pubblica ed istituito un lasciapassare per vivere? Ti rendi conto che ti stanno sfruttando per i loro sporchi interessi economici e di "ristrutturazione" della società?

" Ma sta zitto, sei uno squadrista, un complottista da quattro soldi! Vivi nel medioevo!! "

“Hai ragione. Continua pur dormire tranquillo. Come hanno pensato alla tua salute, penseranno in egual maniera ai tuoi diritti ed alla tua libertà." 

Il sonno della ragione genera mostri.

“Si lascino pure gli uomini del tempo nostro parlare, con maggiore o minore sufficienza e improntitudine, di anacronismo e di antistoria. […] Li si lascino alle loro "verità" e ad un'unica cosa si badi: a tenersi in piedi in un mondo di rovine"




Il tempio è sacro

Come astuti robivecchi, abili commercianti di articoli usati e polverosi, i propagandisti di regime, cenciaioli di lungo corso, tentano, con ogni trucco a loro disposizione, di rifilare ai nostri giovani ogni sorta di bestialità, qualsiasi tipo di amenità, nascondendo, sotto il falso vessillo del "progresso" e dei "diritti", meri disegni di plagio e riprogrammazione comportamentale, funzionali essenzialmente al conseguimento dei punti cardine di un'"agenda" ex ante concordata. Così, questi furbi rigattieri, spacciano la svolta green come unica salvezza del pianeta terra, non menzionando minimamente la rivoluzione produttiva in atto e gli interessi economici in ballo, l'antifascismo come battaglia contro i mulini a vento da combattere ad ogni costo, l'ideologia gender come conquista di civiltà, le sanzioni e l'invio di armi come difesa disperata della "democrazia" e della pace, il precariato come flessibilità, l'alfabetizzazione forsennata come condicio sine qua non per collocarsi nel mercato del lavoro, la "scienza" come unico credo, la famiglia come un intralcio, l'impoverimento culturale come divertimento, la spazzatura televisiva e social come unico intrattenimento valido. L'attenzione nei confronti delle nuove generazioni, dunque, dovrebbe essere portata ai massimi livelli. Sono loro l'obiettivo primario, la creta da modellare, l'archetipo di uomo del futuro da costruire. Nello squallido mercimonio che caratterizza il nostro tempo, dunque, dobbiamo ricordare ai nostri giovani che ci sono valori che non debbono essere oggetto, in alcun modo, di trattativa e che esistono delle colonne d'Ercole che non possono essere mai superate, pena l'oblio. Mollare sotto questo punto di vista sarebbe miope ed oltremodo dannoso, per il presente ed il futuro dei nostri ragazzi, oramai al centro di pietosi, goffi e continui tentativi di stupro intellettuale.

" Il tempio è sacro perché non è in vendita", ci insegnava a suo tempo Ezra Pound. Oggi è proprio il caso di ribadirlo a gran voce.



Dissenso concordato

Nei regimi del passato, il dissenso era contenuto in modo autoritario, tramite repressione fisica o colpendo lo status sociale ed economico del soggetto non allineato.

Si tratta di una modalità molto dispendiosa, in termini di risorse umane e materiali, che può essere veramente efficace solo a livello locale, ma che è poco adatta alla società di massa.

Attualmente invece la prassi è mantenere una certa rappresentanza del dissenso accogliendola in modo controllato all'interno del circuito mediatico, per dimostrare che il sistema è pluralista e tollera la diversità. Questo è funzionale alla preservazione dello status quo, è una finzione democratica.

Per esempio nei talk show per poter parlare bisogna sempre fare delle premesse per sottolineare i perimetri oltre i quali non puoi uscire (di recente bisognava premettere sempre di non essere contrari ai vaccini e condannare aprioristicamente la Russia).

Ma è sempre stato così nell’attuale “democrazia”, si pensi a termini quali fascismo, razzismo, omofobia. Se parli di gestione dei fenomeni migratori, se discuti il multiculturalismo, se critichi la teoria gender spiegata ai bambini, se leggi la storia senza pregiudizi, se affermi che ci sono élite che gestiscono la democrazia. Insomma, per qualsiasi argomento fuori dal tracciato imposto, c’è già il termine per criminalizzare il dissenso di cui devi discolparti in partenza.

Tale dissenso concordato non deve mai toccare le fondamenta dell'ordine, ma deve rimanere periferico e riguardare questioni di superficie.

Se casomai il dissenso diventasse ampio, non più contenibile e mettesse in discussione radicalmente le questioni fondanti, allora il potere reagirebbe in maniera scomposta e aggressiva, mostrando la sua vera natura intollerante e autoritaria. Ne abbiamo avuto ampia dimostrazione anche negli ultimi anni, si pensi a quanto accaduto a Trieste. 




La nascita del thriller all'italiana

Il 14 marzo 1964 usciva "Sei donne per l'assassino", il secondo giallo/thriller di Mario Bava.

"Sei donne per l'assassino" seguiva la prima prova di Bava in questo genere ("La ragazza che sapeva troppo") che, seppur piena di trovate interessanti, restava legata a stereotipi classici dai rimandi hitchcockiani.
Con "Sei donne per l'assassino" invece cominciava qualcosa di diverso. Ed iniziava non solo per la filmografia baviana ma per tutta la cinematografia italica. Perché il suddetto film è un vero e proprio capostipite di genere. È quell'inizio da cui hanno attinto tutti coloro i quali, nella decade successiva si sono cimentati con il cosiddetto “thriller all'italiana”, di cui Dario Argento è il più importante rappresentante.

Il film di Bava fu il primo. Fu quello che dettò le regole.
Inquadrature magnifiche, colori mozzafiato, strabiliante fotografia, una storia ingarbugliata e poco lineare che però punta su quei punti fermi che avranno maggiore risonanza successivamente. I protagonisti, poco rappresentati, tendono ad assomigliarsi come dei manichini (un atelier di moda è uno dei luoghi dove si svolge maggiormente l'azione) e vengono utilizzati quasi come dei semplici figuranti.
L'aspetto umano, in questa storia, viene messo in ombra. I protagonisti vengono disumanizzati così come disumano appare il killer che, per la prima volta viene mostrato come un essere senza volto. Un killer sadico e crudele, nero guantato, inesorabile e silenzioso come la morte. La maschera, da lui utilizzata, è stata precorritrice influenzando famose saghe come quelle di Halloween e Venerdì 13.

Il film mostra con estrema spudoratezza e morbosa attenzione i dettagli degli omicidi e introduce anche quel fenomeno horror che venne ribattezzato “body count” e che Bava andò a perfezionare in "Reazione a catena".

Con la maestria che lo ha sempre contraddistinto, Bava creò dunque un nuovo senso estetico di fare film thriller.
Un nuovo stile ed un nuovo metodo.
Una pellicola che si erge come un monolite all'interno di tutto un genere.



Prince Rupert

Sensazioni di libertà

Il vecchio sedeva solo, all'ombra di un pino marittimo, nel grande parco adiacente la scuola elementare. Intorno a lui i bambini festanti, impolverati e sorridenti, si inseguivano, arrossati in volto, a perdifiato, sino a tuffarsi, stremati ma felici, nel prato brullo, quasi fosse un soffice e lindo materasso. Il giovane, con passo dinoccolato, si avvicinò alla panchina. Aveva il capo coperto dal cappuccio, grossi occhiali scuri, lo smalto scrostato color nero sulle unghie e grandi cuffie argentate a coprirgli interamente le orecchie. Muoveva la testa, china sullo smartphone, ritmicamente, tenendo il tempo di una musica incomprensibile, di cui si udiva soltanto un metallico brusio. Il vecchio lo scrutò con sospetto, mentre la sigaretta bruciava tra le sue dita magre, aggrottando leggermente la fronte, con fare interrogativo. D'un tratto il giovane si voltò e, sentendosi osservato, abbassò le cuffie e chiese perentorio: “C'è qualcosa che non va? Cosa guardi”. “Nulla”, rispose il vecchio, “mi incuriosiva la tua maglia...sai cosa c'è scritto?”. “Certo che lo so...cosa credi sia ignorante? C'è scritto "Freedom" che vuol dire libertà!”. “E sai cosa significa libertà?” incalzò il vecchio, oramai entrato nel vivo del dibattito. “Certo che lo so...” riprese il giovane, stizzito dall'apparente banalità di quel quesito, posto da quello strano personaggio con la barba bianca, in quel pomeriggio assolato di metà marzo. “Libertà significa fare quel che si vuole, quando si vuole...significa rientrare all'ora che mi pare, divertirmi, fregarmene di tutto! Libertà è essere sciolti, pensare solo a sé stessi, non rendere conto a nessuno delle proprie azioni!”. Il vecchio, udita la risposta, volse lo sguardo verso il giovane e, abbozzando un timido sorriso, disse sommessamente, scuotendo leggermente il capo: “Lascia stare... ho capito...buona giornata”. “Perché cosa è la libertà?” chiese il giovane incuriosito, oramai interessato a proseguire la conversazione. “Beh”, iniziò il vecchio, “la libertà è in primis sofferenza. È consapevolezza, è guardare in faccia la realtà, anche se dolorosa. La libertà è il sorso d'acqua limpida e fresca di sorgente, dopo un lungo e tortuoso cammino alla scoperta di sé stessi. È lo sguardo stanco, ma soddisfatto di un padre che vede i progressi di suo figlio. È la carezza d'una madre ad una creatura appena nata. È avere dei valori per i quali combattere, difendendoli a spada tratta tra mille difficoltà, tra i giudizi della maggioranza, senza cedere a compromessi. La libertà è partecipare al grande giuoco, attraversare la vita, non girarci attorno. È il fuoco che arde nel cuore quando ci si sente parte attiva, artefici d'un progetto, che coinvolge, affatica, stimola corpo e mente. La libertà è esistenza pura e pulsante. È rompere la corteccia, abbattere la sovrastruttura, arrivare al midollo, per nutrirsene e trarne forza. La libertà è andare oltre il recinto ad hoc costruito, è molto di più di un semplice spazio libero. È il senso profondo per cui respiriamo, è lo schiaffo in faccia che rigenera, scuote, spalanca gli occhi. La libertà è lotta, azione, voglia. È la linfa che ti scorre tra le vene e ti fa sentire vivo tra i morti, sveglio tra i dormienti”.

Il giovane rimase esterrefatto. Mai nessuno gli aveva pronunciato parole così perentorie, vigorose, intrise di vissuto. Il vecchio era senza fiato. Accese un'altra sigaretta e fissò il ragazzo che, con gli occhi quasi lucidi, si rimise gli occhiali da sole, per non far trasparire emozioni. Ora erano uno di fronte all'altro, silenziosi. Il giovane, preso coraggio, tese la mano al vecchio che, con veemenza fuori dal comune per la sua età, la strinse sinceramente, alla vecchia maniera, quasi volesse sigillare un patto tra gentiluomini.

Il ragazzo allora si alzò e, senza proferire verbo, si diresse verso l'uscita del parco, indossando di nuovo le grandi cuffie ed il cappuccio, procedendo, stavolta, con passo più deciso, come rinvigorito da quell' insolito incontro. Il vecchio rimase, solo a riflettere. Non sa se il giovane farà tesoro di quell'esperienza, delle sue parole, o se, il giorno dopo, dimenticherà l'accaduto. Sa solo che durante quel pomeriggio assolato di metà marzo, in quello che sembrava un giorno banale come tanti altri negli ultimi periodi, aveva avvertito una sensazione che non provava da tempo. Si era sentito nuovamente libero.



Vittorie di Pirro

Le pseudo indagini della procura di Bergamo, tanto decantate dal mainstream nostrano e spasmodicamente attese da gran parte della controinformazione, non fanno altro che aggiungere un'altra tessera al mosaico, un altro pilastro alla struttura sapientemente edificata in questi tre anni di delirio assoluto. Il lavoro degli inquirenti, sommato alla cristallizzazione dell'emergenza nella carta fondamentale, alla sentenza della corte costituzionale che, de facto, legittima ricatto ed estorsione come metodo di governo ritenendo l'operato dell'esecutivo compatibile col dettato di cui si farebbe garante, alle finestre di overton aperte sulla mancata attuazione del piano pandemico da parte di note trasmissioni delle reti di stato, completa adeguatamente la fitta trama tessuta finora. Esse agiscono, infatti, su due fronti, ben delineati: da un lato rendono lecito l'operato successivo allo scoppio della "pandemia", giustificando ogni nefandezza commessa sotto il falso vessillo della salute pubblica, financo la violenza inaudita del lasciapassare, donando scriminanti scellerate ai comportamenti delittuosi dell'autorità; dall'altro creano un pericoloso precedente, tracciando le linee guida da seguire per le prossime presunte emergenze, senza che nessuno possa batter ciglio. Ergo, come fu per il green pass, quando criticando la sua applicazione pratica e non le fondamenta si fornivano assist per ampliare la sua portata, così, fermandosi alle apparenze del lavoro della procura, si può cadere nello stesso tranello, considerandolo un buon punto di partenza verso il ripristino di una piena giustizia. Di questo passo, anche la tanto decantata commissione d'inchiesta sulla gestione pandemica, qualora venga istituita, potrebbe rivelarsi un boomerang, vista la piega che oramai hanno preso gli eventi. Sinceramente, di vittorie di Pirro ne abbiamo abbastanza. È giunto il momento di comprenderlo.



Che fine hanno fatto?

Che fine ha fatto Greta Thunberg? Si, lei, proprio lei... quella ragazzina bionda, che era ricevuta con tutti gli onori dai leader mondiali, dai filantropi e dai personaggi più influenti della scena economica e politica nazionale? Quella che li sensibilizzava sul clima, che li redarguiva di non fare abbastanza, mentre voi non riuscivate neanche ad avere un appuntamento col direttore della vostra banca? Che fine ha fatto il buco dell'ozono, vero spauracchio degli anni 90? Quello per cui vi sentivate dei criminali con un deodorante spray in mano o inadeguati per un po' di lacca sui capelli? Si è, per caso, richiuso e nessuno ce lo ha detto? Dove sono finiti i terroristi islamici, l'Isis, le armi di distruzione di massa in Siria ed in Iraq, la fialetta agitata da Colin Powell dinnanzi all'umanità intera? Sepolti, forse, nei meandri più bui e polverosi della storia. Dov'è andato a finire lo spread, l'incubo di milioni di italiani? Quello che se saliva erano guai e giù mazzate e rimproveri dall'Europa? Non esiste più, non conta più nulla? Eppure abbiamo fatto sacrifici enormi per tenerlo basso, financo tagli a scuola e sanità. Forse si è dissolto, come l'influenza stagionale tre anni fa? 

È chiaro che questi sono quesiti a cui non avremmo mai una risposta esaustiva, ma permetteteci almeno di dire che quelle sceneggiature, quegli interpreti, erano quantomeno decenti. Oggi, invece, lor signori non si sforzano più di tanto. Tra il vino che ti rimpicciolisce il cervello e gli insetti che fanno bene, tra pacifisti armati e false politiche green, tra le finte liti da destra e sinistra, si fa veramente fatica a credere alle loro stralunate affermazioni. 

Non ci resta che avere un po' di nostalgia per quei tempi. I copioni odierni sono veramente da stracciare, così come i pessimi attori ingaggiati farebbero bene a cambiare mestiere.



Ciarlatani in azione

Parlano, con lacrime di coccodrillo, di occupazione e precariato, non avendo lavorato un solo giorno in vita loro. Ciarlano di pace, firmando decreti su decreti per inviare armi. Disquisiscono, con il cuore a pezzi, di povertà, di "ultimi", di integrazione, dall'alto dei loro attici, davanti a ricchi buffet istituzionali, nei quartieri buoni del centro città. Istruiscono il popolo sul significato di libertà e democrazia, dopo aver compresso oltremisura i diritti fondamentali, istituito un lasciapassare per vivere, governato a colpi di DPCM e cristallizzato l'emergenza nel dettato costituzionale. Dicono di voler ridurre, con decisioni drastiche prese sulla nostra pelle, le emissioni di CO2, di riciclare, risparmiare, comperare auto elettriche, cuocere la pasta a fuoco spento, spegnere il termosifone in inverno od il condizionatore per combattere l'afa estiva, eppure viaggiano da una parte all'altra del mondo su aerei privati pagati dai contribuenti, partecipando ad eventi comportanti un altissimo spreco energetico, in cui a nessuno importa nulla dell' impatto ambientale. Cantano bella ciao, blaterano di antifascismo, difendono la causa LGBT, ma non battono ciglio se le imprese chiudono per i rincari folli e delocalizzano, se le multinazionali divorano le piccole realtà imprenditoriali, se la finanza fagocita la politica, se un operaio perde il posto ed una famiglia fatica ad arrivare a fine mese. Parlano della scuola, della sua importanza, della necessità di riforme programmatiche e strutturali, dopo aver trasformato la stessa in terreno di sperimentazione per ogni genere di nefandezza, in megafono della propaganda, mentre i loro figli frequentano prestigiosi istituti privati. Parlano di cure e salute, avendo tagliato per anni i fondi necessari alla sanità pubblica, sacrificando tutto per il dogma del pareggio di bilancio, per lo spread che saliva, mentre hanno a loro disposizione eleganti cliniche private con annesso ogni tipo di comfort.

E voi...davvero ancora gli credete?