La propaganda di Veit Harlan, un problema metastorico

Süss l'ebreo (Jud Süß) è un film di propaganda nazionalsocialista diretto da Veit Harlan, fu una delle pellicole preferite di Heinrich Himmler.

Il lungometraggio di Harlan prende spunto dalla vicenda di Joseph Süß Oppenheimer, un finanziere di origine ebraica che visse nel ducato del Württemberg nel ‘700.

Nel film si narra la storia di questo tranquillo paesino tedesco nel quale un ebreo di nome Süss tenta di ingannare i suoi concittadini germanici attraverso un sistema di prestiti e conseguenti debiti di talleri verso il Duca. Pian piano egli diviene ministro delle finanze e la situazione degenera.

La trama dell'opera assomiglia al Faust di Goethe (con le dovute proporzioni qualitative) in chiave propagandistica, dove Faust è Suss, Mefistofele è la cultura ebraica, Gretchen è Dorothea e l'Arcangelo è la volontà "pura" del popolo del Wurttemberg, impavido nel ristabilire ordine, moralità e pulizia in una società avvelenata dall’avidità di potere di Opphenaimer.

Dal punto di vista filmico, il lavoro di Harlan e i suoi collaboratori fu davvero impeccabile, montaggio, fotografia, colonne sonore, costumi, attori e sceneggiatura straordinari.

Tuttavia, nonostante il valore del film, pesò la macchia propagandistica “antisemita”.

Ma trattasi davvero di un film così pericoloso? Proviamo a capirlo.

Innanzitutto bisogna cominciare a comprendere cosa significa la parola antisemitismo.

I “semiti” sono una famiglia di popoli che si è diffusa fra il Mediterraneo e l'Arabia meridionale, per poi estendersi anche nel Nordafrica, mentre l’aggettivo “semitico” corrisponde alla famiglia linguistica corrispondente. Pertanto l’accostamento che oggi si fa di questi due termini con “ebreo” ed “ebraico” è errato. Ne consegue che antisemita = antiebraico non è corretto, poiché il temine antisemita dovrebbe indicare l’ostilità totale verso l’intera famiglia semitica che oggi trova la sua componente più numerosa nelle popolazioni di lingua araba.

Detto ciò, il film non è certamente così macabro come lo si descrive considerando che non vi è una sostanziale differenza tra il lavoro di Harlan e “Il Mercante di Venezia” di Shakespeare, ritenuto all’unanimità un capolavoro mondiale, dove l’ebreo Shylock fu dipinto in maniera ancora più perfida rispetto a Suss.

Certo, chiaramente la difformità sta nell’utilizzo che si è fatto della pellicola in questione, dal momento che fu il più grande successo cinematografico della propaganda di Goebbels.

Ed è proprio questo il punto, l’ NSDAP utilizzò reali aspetti culturali, per estrarne un messaggio finalizzato a condizionare la coscienza del popolo tedesco durante la seconda guerra mondiale.

Ai tempi di Hitler, i documentari di propaganda mostravano come tutte le posizioni più rilevanti della società fossero occupate da ebrei, si creò così nella gente un sentimento di frustrazione nel momento in cui gli venne mostrata questa sopraffazione, ci si convinse che il popolo tedesco fosse alla mercé di un potere occulto e che il comunismo marxista (da Marx a Trotzky ) fosse una minaccia, anch'esso di derivazione ebraica.

La questione fondamentale però da porsi è questa: come mai nella storia si è ripresentato più volte il “problema ebraico”?

Le spiegazioni che si potrebbero dare a una domanda del genere sono molteplici ma partiamo da alcune basi.

Gli ebrei non costituiscono:

- una comunità religiosa (esistono difatti ebrei atei, agnostici, giudei, ortodossi, ebrei convertiti ad altro ecc)
- un gruppo nazionale (abbiamo ebrei israeliani, americani, russi, francesi, italiani ecc.)
- un gruppo linguistico (parlano inglese, francese, tedesco ecc), gli unici che parlano una lingua semitica sono quelli trasferitesi in Palestina.
- e soprattutto non sono una razza (troviamo ebrei bianchi, neri, gialli).

Ecco che dunque il “problema” entra in sfere più complesse.

Bisogna comprendere come questa “unità” abbia conservato nei secoli un' attitudine precisa verso funzioni sociali ed economiche molto particolari, come sia possibile che una percentuale così bassa dell’umanità sia sempre riuscita ad insediarsi nelle posizioni alte della società ed abbia spesso mostrato determinate caratteristiche, come per esempio la spiccata intelligenza in senso critico-matematico o le notevoli capacità commerciali ed economiche.

Per entrare nel cuore di tutto questo bisogna per forza di cose muoversi oltre il tangibile, attraverso il gioco delle azioni e reazioni concordanti, di cause ed effetti, ma al di là di orizzonti ristretti e materialistici.
Ogni qualvolta un effetto sopravanza e trascende le sue cause tangibili, ci si deve proiettare in una dimensione tridimensionale della storia per comprendere cosa rappresentano determinate ideologie sociali, politiche o religiose.

Esiste una relazione bidirezionale che regola la vita politica e la spiritualità.

L’ebreo come razza antropologica non esiste, bensì esiste come forma spirituale che ha dei caratteri dominanti.

Chi è interessato all’argomento può cominciare a studiare i fondamenti teologici della Torah, dello Zohar ed il Talmud. Letture complesse che richiedono tanto tempo e formazione.

Ma torniamo al film di Veit Harlan, che giustamente uscì innocente dal processo di Norimberga.

Prima abbiamo citato lo Shylock di Shakespeare, ma è pieno di esempi simili sia della storia recente che non.

Facciamone giusto qualcuno, F.Dostojevsky ne “I Demoni” dipinse in un determinato modo l’ebreo Ljàmsin, ne “Diario di uno scrittore” attaccava con furore il potere internazionale ebraico, e ne ”I Fratelli Karamazov” poi non mancano altri riferimenti.
Ma se si analizzano le opere di altri grandissimi autori, riconosciuti all’unanimità, è davvero pieno di rimandi, da Tolstoj che in "Guerra e Pace" fa comparire ebrei in qualità di trafficanti e usurai, in Gogol che in "Taras Bul'ba" dipinge l'ebreo Jankel come un prestatore di denaro, le lettere antisemite di Thomas Elliot, la cena dei Daudet descritta da Proust, la Divina Commedia di Dante, dai pamphlet terribili di Celinè (l’apice irraggiungibile dell’antiebraismo).

Ma non solo, Voltaire spese delle parole tremende, così come Martin Lutero (che viene anche citato nel film tramite alcuni versetti), gli anarchici Bakunin e Proudhon idem, stessa cosa dicasi per Napoleone, Cicerone, Tertulliano, Tacito, Orazio, Maometto sino a giungere all’epoca A.C con Diodoro o con le civiltà egizie.

Vi sono dunque inclinazioni precise, documentate storicamente, pertanto sorge la necessità di navigare tra storia, metastoria, leggi di natura, leggi metafisiche per una comprensione reale di questo fenomeno.

Quel che ha rappresentato la cultura ebraica da millenni è da un lato argomento di studio serio e complesso, dall’altro una tematica molto pericolosa poiché la presa di coscienza di determinate tendenze e caratteristiche può spesso far sfociare nell’astio.

D’altronde il fanatismo, incline a vedere dappertutto l’ebreo come il deus ex machina è una posizione banale.

Smuovere le masse rimanendo in superficie di questioni metastoriche, così come è stato fatto più volte in passato, ha creato, come sappiamo, violenza e distruzione.

E' necessario invece inquadrare un più vasto ordine di cause, prenderne coscienza e comprendere davvero un popolo antichissimo, certamente meritevole di rispetto con i suoi pregi e difetti.



                                                  

Intervista Allerseelen


Allerseelen è il progetto nato nel 1989 per mano dell’austriaco Gerhard Hallstat. Attraverso campionamenti molto curati, vibrazioni minimali, linee percussive imponenti, rumorose distorsioni di chitarre, melodie ridondanti, una voce calda e liriche ricercate, ha prodotto negli anni suoni in grado di evocare atmosfere mistiche ed ancestrali.
I riferimenti nei testi e le immagini utilizzate per gli artwork sono molteplici: Junger, Nietzsche, Riefensthal, Goethe, E.Pound, K.Anger, Baudrillard, H.Hesse e tanti altri.
Abbiamo incontrato Gerhard, a lavoro per il nuovo “Terra Incognita” e di recente autore del suo primo libro “Blutleuchte”.
Ciao Gerhard, benvenuto. La tua creatura Allerseelen è un progetto musicale più che ventennale, come la presenteresti oggi a chi non ti ha ancora mai ascoltato?

Non sono propenso a descrivere la mia musica. Le parole possono essere solo approcci, ed in generale è molto difficile parlare di musica.
Credo che tutti coloro che non sono curiosi e non hanno orecchie per ascoltare le nostre canzoni non hanno bisogno di alcuna descrizione.
La musica è un simbolismo psicoacustico, è piena di magica intensità, ha una fortissima qualità invisibile.
Le parole sono troppo limitate quando si parla di esperienze, impressioni, emozioni  e lo stesso vale per la musica che nel mondo di Allerseelen è la risultante di tutte le mie emozioni, impressioni ed esperienze.
Se le parole sono limitate, i suoni non lo sono. Forse questo è il vero motivo per cui ho deciso di concentrarmi sull’essere musicista, invece di essere un poeta. La musica è un linguaggio universale ricco di simbolismi, con lei posso eseguire le mie canzoni in tutto il mondo, mentre non avrebbe molto senso che io leggessi le mia poesie in un paese in cui nessuno tra il pubblico comprenderebbe il tedesco.

Come è stato il tuo 2012?

E' stato un anno molto positivo con un sacco di concerti in paesi come la Russia, la Romania, la Finlandia e l'Estonia. Tutti i membri live di Allerseelen - la bassista Noreai, la batterista Christien H ed io siamo amanti della natura, pertanto non ci siamo solo recati in questi paesi per suonare, ma abbiamo anche passato un sacco di tempo nella natura a visitare luoghi incantevoli in bellissime città. In tutti questi paesi abbiamo avuto esperienze meravigliose, incontrato grandi personalità, ed i nostri concerti sono andati strabene. Abbiamo trascorso diverse settimane in estate in Russia e Romania, e ho trascorso quasi tutto dicembre in Finlandia. Tutt’ora sussistono in me bellissime impressioni e ricordi di esperienze meravigliose.

Stai lavorando ad una nuova uscita per il 2013, “Terra Incognita”. Qual sarà il concept dietro a questo disco?

Il prossimo rilascio di Allerseelen“Terra Incognita” tratterà  con il mondo sconosciuto. Noi tutti siamo circondati da esseri e cose che non conosciamo. Non sappiamo il futuro, conosciamo un po ' di presente, pensiamo di sapere  del passato, ma anche la nostra conoscenza del passato è davvero limitata . Ogni volta che pensiamo di aver trovato una risposta per qualcosa, questa risposta è la creazione di diverse nuove domande. Quindi non c'è mai fine a ogni ricerca. Non sappiamo molto di morte, e non sappiamo poi molto neppure della vita. Ci sono migliaia di domande, e poche risposte. “Terra Incognita” può essere il futuro, può essere la morte. Io sono “Terra Incognita” .
Non ci conosciamo, nell’ amore donne e uomini riescono a conoscersi un po’ di più, ma forse se sappiamo davvero troppo di noi stessi e degli altri, è probabilmente il momento di morire. La morte è un enigma eterno, anche  l’amore lo è. E, naturalmente,  il mondo invisibile della musica è una terra incognita con tutti i suoi effetti ancora sconosciuti sulla psiche e sul fisico.
"Terra Incognita” può essere una visione invisibile, un'esperienza di cui nessuno è in grado di parlare.

E’ uscito di recente il tuo libro Blutleuchte, come è nata l’idea di scriverlo?

Ho iniziato a scrivere nella mia giovinezza. Ho sempre voluto essere un poeta. Nei miei primi viaggi in Italia quando avevo 18 anni, tra Venezia, il Vesuvio, l’Etna e lo Stromboli , ero già a leggere e scrivere tutto il tempo, inoltre amavo fare delle fotografie. Ho sempre avuto un forte desiderio di viaggiare in territori sconosciuti, e il mio desiderio di queste esperienze era forte come la voglia di scrivere su di loro. Dopo i miei viaggi in una varietà di luoghi in Italia, Austria, Spagna e altri paesi, ho lavorato sui miei testi, ho fatto alcune ricerche aggiuntive e pubblicato questi testi nelle mie riviste Aorta e Ahnstern. Per esempio ho scritto di un mio viaggio all’ ottagonale Castel del Monte in Puglia e anche al rito dei serpari di Cocullo in Abruzzo con la statua di San Domenico avvolta da centinaia di serpenti. Ho anche visitato luoghi in Alto Adige, dove Leni Riefenstahl  girò il suo film magico “La luce blu”.
Tutti questi testi che si trovavano in Aorta e in Ahnstern , diari e saggi poetici allo stesso tempo, sono stati pubblicati finalmente in una edizione americana nel 2010 da Ajna e in edizione francese nel 2012 da Noir Camion. Entrambi i libri che sono denominati Blutleuchte, hanno gli stessi testi, ma hanno una diversa selezione di fotografie che ho scattato durante i miei viaggi.Finora non vi è stata una edizione tedesca, ma spero che un giorno possa essere pubblicata, e chissà  magari anche un edizione italiana.

Purtroppo non abbiamo avuto modo di sfogliare Blutleuchte,  ma leggendo la divisione dei capitoli su Ajna ci ha incuriosito molto. Ad esempio, dedichi una parte a Kenneth Anger. Cosa ti ha colpito nel cinema di questo regista?

Ho visto molti film di Kenneth Anger, ho anche letto il suo libro Hollywood Babilonia. Nella mia gioventù sono stato anche colpito molto dal buio psichedelico della California di Charles Manson e Bobby Beausoleil.
Quando Kenneth Anger era a Vienna, diversi anni fa per presentare alcune delle sue fotografie in una mostra, gli ho chiesto se potevo fargli un'intervista, ci fu una conversazione abbastanza profonda.
Assieme a lui a Vienna visitammo una mostra sul surrealismo, parlammo molto di Lucifer Rising, il film che ha girato in parte a Externsteine ​​in Germania e anche in Egitto, di Aleister Crowley e molti altri argomenti.
Due anni fa Allerseelen ha suonato con il gruppo americano Agalloch in una città del Nord America, dove è stato imprigionato Bobby Beausoleil, la sua prigione era cinque minuti di distanza dalla nostra sede.

Nel 2001 hai composto un bel disco dedicato a Venezia, con venature anche Jazz. Come nacque e cosa ti ispirò nella creazione di “Venezia”?

Mi piace Venezia e con Allerseelen abbiamo anche suonato due volte lì.
Venezia è un luogo ideale, non è sulla terra, non è sul mare, non è a est, non è a ovest. È tutto allo stesso tempo, ci sono tanti canali d'acqua, è così pieno di specchi..
Venezia è come Venere, una Dea nata dal mare. Un luogo perfetto per gli amanti e in qualche modo anche un luogo perfetto per la morte così come Eros e Thanatos sono strettamente collegati.
Molti artisti sono stati ispirati da Venezia, per la sua bellezza, per la sua mortalità. Venezia un giorno potrebbe scomparire in uno tsunami, creato dal mare o dal turismo.
Venezia ha sicuramente qualcosa di aristocratico.
Sono stato ispirato molto da Ezra Pound che viveva lì, alcune mie canzoni sono testi di Ezra Pound.
Mi è piaciuto molto il libro “Diskretionen” di Mary de Rachewiltz su suo padre Ezra.
Anche Friedrich Nietzsche ha scritto molto su Venezia, una canzone di “Venezia” ha difatti una sua poesia come testo.
Ora io sono anni che non vado a Venezia, ma magari in combinazione con un concerto Allerseelen potrei ritornare in a questo luogo magico.

Da quanto abbiamo compreso ascoltandoti, un elemento fondante del progetto Allerseelen pare sia il viaggio. Ogni disco sembra essere una testimonianza di un viaggio, tra non-luoghi e paesaggi mistici che vivi in prima persona. Ci confermi questo “sodalizio artistico”?

Come accennavo prima, sono sempre stato curioso, e mi è sempre piaciuto viaggiare. Con Allerseelen siamo invitati in molti luoghi in tutto il mondo. Questi sono per me itinerari da sogno magico e misterioso. Non sono mai stato la persona che è interessata solo al classico soundcheck/cena/concerto/ festa.
Mi riconosco fortemente nella tradizione trobadorica, viaggiando di castello in castello, da picco a picco. Di solito progettiamo i nostri concerti in modo da avere poi un sacco di tempo per le città, i paesini, la cultura e la natura. Tutto questo ha ovviamente una forte impressione su di me e ispira la mia musica. E questo desiderio intenso rende forse il progetto Allerseelen davvero unico.

Qui in Italia le case discografiche stanno chiudendo tutte, c’è sempre meno spazio per l’arte. Lì in Austria invece come va?

La situazione in Austria è la stessa che c’è da voi e in tutto il mondo, abbiamo difficoltà simili. La gente vuole tutto gratis.
Se mi rubano ogni giorno alla mia pasticceria preferita 1 kg di pane e tutti gli altri clienti fanno la stessa cosa, un giorno questa panetteria preferita chiuderà. Per fortuna ci sono ancora un sacco di persone che apprezzano le progettazioni su Ahnstern e Steinklang di digipacks affascinanti, scatole di legno, edizioni in vinile eccetera. Questi ci permettono di continuare il nostro lavoro. Non sono mai stato interessato a registrazioni mp3, non ho mai scaricato nulla da internet. Non ho mai letto libri elettronici. Voglio avere emissioni reali e libri reali. Quindi sono molto vecchio stile, tradizionale. Un trovatore tradizionale.

Hai da consigliare qualche nuova band interessante nel tuo ambito?

Suggerirei  gli Arnica e i Sangre Cavallum, ma ce ne sarebbero tanti  altri. Questi sono alcuni dei miei gruppi preferiti. Soprattutto Sangre Cavallum, forse il progetto più potente e appassionato di tutti. Mi piace anche molto Tethrippon dalla Grecia.

Nietzsche, Junger, Codreanu, Leni Riefensthal, sono alcune tra le figure per cui hai mostrato interesse negli anni. Se dovessi trovare un aggettivo da dare ad ognuno di loro quali sceglieresti?

Ho scritto molto su di loro nel mio libro di cui parlavamo prima.
Tutti loro sono visionari, tutti avevano un’ utopia, stavano combattendo sia nel mondo dell'arte che nella mistica. Friedrich Nietzsche era visionario e vulcanico. Corneliu Codreanu visionario e martire. Leni Riefenstahl visionaria e danzatrice. Ernst Jünger guerriero e poeta.

Lo scorso anno il gruppo italiano IANVA ha pubblicato una canzone di nome Edelweiss in cui compare la tua voce nel finale. Come è nata questa collaborazione? Abbiamo anche ascoltato una breve parte di una cover del brano di Allerseelen “Edelweiss” sempre composta dagli IANVA..

Mi piacono molto gli IANVA, li ho visti due o tre volte sul palco, e anche le nostre comunicazioni nel backstage furono meravigliose. Non vedo l'ora di vederli di nuovo sul palco. Forse un giorno IANVA e Allerseelen suoneranno insieme, la musica è diversa, ma vi è una certa somiglianza nello spirito.
L'Edelweiss è uno dei miei fiori preferiti, e sia il fiore che il nome hanno un significato molto speciale, simbolico e reale per IANVA.
In realtà ci sono tre canzoni diverse denominate Edelweiss , quella degli IANVA che contiene anche alcune parole pronunciate con la mia voce, la canzone originale di Allerseelen e poi anche una cover di questa canzone remixata (Estèl Des Alp Remix by Ianva Divisione Archeomeccanica).

Sei ancora membro del progetto musicale alpino Sturmpecht?

Sì, sto registrando di volta in volta delle canzoni anche per Sturmpecht. Sono stato sul palco con loro negli ultimi anni. Attualmente stiamo lavorando a nuove registrazioni che presto saranno pubblicate in versione  limitata (8 LP Box.).

Nel 2005 siam venuti a vederti al Cafè Procopè di Torino, fu un ottimo concerto, molto “spartano”. C’è possibilità di rivederti da queste parti? Ci farebbe molto piacere!

Sarebbe bello, siamo lieti che vi ricordiate ancora di quel concerto a Torino. Personalmente amo moltissimo l’Italia, ho visitato diverse aree, ma molti luoghi in Italia sono ancora terra incognita per me. Ho una lunga lista di posti che vorrei visitare in Italia , ma questo viaggio sarebbe probabilmente più lungo del viaggio italiano di Goethe.
Ora comunque la nostra line up nei live è un po 'diversa, dal 2012 siamo in scena due donne ed io: Noreia al basso, Christien H alla batteria e la mia voce.

Per concludere. Gerhard, cosa ti aspetti dal 2013? Quali sono i tuoi piani?

Con Allerseelen stiamo lavorando su alcune nuove registrazioni che si spera vengano rilasciate entro quest’ anno. Siamo anche in attesa di alcuni concerti che stiamo pianificando in varie parti d'Europa. Speriamo prima o poi di riuscire ad organizzare anche da voi!

Grazie Gerhard, good luck!



Intervista Skoll


Ciao Federico, abbiamo letto volentieri il tuo ultimo libro. Al suo interno hai già specificato le ragioni per cui hai deciso di scriverlo, pertanto saltiamo la domanda di rito e cominciamo dal nuovo brano omonimo “Questo mondo non basta”. Canti “La forza di volontà è una questione di testa e di cuore di lacrime di buon umore”, non credi che paradossalmente la situazione politica attuale possa divenire l'input per rafforzare proprio le qualità di cui parli?
Se analizzassimo l’attuale situazione politica italiana, ancor prima che quella europea, da una prospettiva teorica, ti risponderei che in fondo non tutti i mali vengono per nuocere. Sul piano pratico, però, la disgregazione in atto, scientifica e pianificata, del tessuto sociale italiano e di quel poco che resta di un carattere nazionale non avrà grosse conseguenze. In Italia non esiste alcuna propensione, tendenza spontanea al cambiamento dal basso. Inoltre, bisogna partire dal presupposto che la furbizia di chi governa permette di colpire duramente aspetti della vita di ognuno, benessere reale e concreto, che tutti noi non avvertiamo direttamente, immediatamente, lucidamente. La contingenza, quello che poi interessa al cittadino medio, è più o meno salva (anche se fortemente intaccata) a discapito di interventi strutturali che pagheremo in maniera irrimediabile nel tempo. È una sorta di punto di non ritorno che sfugge ai più.  In fondo, parliamoci chiaro, alla moltitudine interessa continuare a comprarsi un SUV a 800 rate piuttosto che sapere di non avere più un posto a disposizione, nel caso servisse, in un ospedale pubblico. L’uomo medio ragiona così: oggi la televisione tridimensionale per il sollazzo della famigliola o domani un’Università accessibile per mio figlio? Meglio la prima. Sia chiaro: io non dico che non si pensi del tutto ai veri problemi. La mentalità, però, è del tipo: “oggi è così, domani vedremo. Tanto, poi, perché mai dovrei avere bisogno della sanità pubblica? Ho sempre goduto di ottima salute!”. Questo genere di menefreghismo, egoismo e qualunquismo, unito all’intelligenza diabolica dell’economia che si è letteralmente ingoiata la politica, permette di poter distruggere tutte le strutture sociali senza che si scateni una reazione dal basso. L’unica via di fuga è tornare alla politica. Quella che piega l’economia a proprio piacimento. Che poi, nell’ordine naturale delle cose, è il nostro piacimento; quello della comunità, della nazione. Non sto parlando di miraggi, oasi nel deserto o politiche lunari. Piuttosto di realtà possibili e che sono sempre state considerate “normali”, ordinarie. Almeno in Europa. Oggi potrei parlare della Russia. Potrei, più semplicemente, tirare in ballo anche politici italiani con senso dello stato e dignità come Bettino Craxi. Guardacaso, almeno qui in Italia, proprio il tipo di politico additato come responsabile del “presunto” disastro che sta vivendo la nostra economia. Un mare di bugie. Spread su, borse giù, stasera si muore. Idiozie di un’economia che non esiste. Invenzioni, senza alcun fondamento reale, buone per mantenere la gente sul filo del terrore. Ogni giorno. In modo, così, da farle accettare ogni tipo di sacrificio economico e sociale di tipo “strutturale”. La fandonia economista di questi bankster, padroni incontrastati del nuovo millennio, è una barzelletta buona per i manicomi.
La tua musica non si è mai ridotta al filone contestatorio, bensì ha sempre trasmesso i valori in cui credevi, attraverso storie di eroi del passato, tragedie ed esprimendo le sensazioni scaturite dall'epoca in cui vivi. Puoi dirti soddisfatto del tuo percorso artistico?
Quello che dici in merito al filone contestatorio è assolutamente corretto. Personalmente ho sempre inteso la musica come uno strumento positivo, propositivo. Tra le pagine di “Questo mondo non basta”, invece, mi sono un po’ allargato. Una delle ragioni di questa scelta è data dalla natura stessa della forma “canzone”: per quanto contestare sia apparentemente facile, riuscire a farlo in pochissimi minuti e con una metrica precisa non lo è affatto. Il rischio letale di rimanere banalmente sulla superficie delle cose è alto. Ovviamente, esistono tantissimi esempi che mi smentiscono. Uno su tutti, “Come mai” dei SottoFasciaSemplice. Un vero capolavoro… quando ascolto questa canzone penso che mi sarebbe piaciuto scriverla io! Come detto, però, io ho una naturale propensione a comporre in positivo. Non è sempre una scelta. È la a cosa che mi viene più spontanea. Inoltre non bisogna pensare che le due cose siano molto distanti: proporre dei modelli positivi è una forma di profonda contestazione. Magari più nascosta e meno ovvia, meno diretta. Ma rappresenta l’idea stessa di un’elite che con il sacrificio, con lo stile, con la forza, la bellezza annichilisce la mediocrità che la circonda e offre gli strumenti, ai volenterosi, di ispirarsi ad essa e migliorarsi. Riguardo al mio percorso artistico, invece, posso ritenermi assolutamente soddisfatto. In questi anni ho realizzato tutto quello che mi ero prefissato. E non è ancora finita. Ho avuto la fortuna di collaborare con un musicista come Fabio Constantinescu che con la sua bravura ha reso possibile tutto questo. Gliene sarò sempre grato. In questi anni ho fatto tanto. Suonato, inciso, cantato per migliaia di ore. La RTP ha creduto fin dall’inizio, mi ha sostenuto e mi ha fornito un supporto fondamentale. Più di così non avrei potuto fare, fisicamente. In fondo, non bisogna dimenticarlo, questo non è un lavoro! Sono un dilettante, un appassionato. Un dopolavorista!
Il tuo primo pezzo in assoluto “Siamo Solo Cuore”, oltre ad avere un testo emozionante, è secondo noi una fotografia perfetta del tuo slancio iniziale che ti ha poi portato a diventare uno degli artisti più apprezzati nel tuo ambito. Hai in programma una nuova incisione per questo storico brano?

“Siamo solo cuore” è una canzone alla quale sono molto legato per ragioni personali. Quello che dici mi stupisce positivamente perché, in effetti,  quello che sta dietro al brano è proprio sintesi dell’energia, della naturalezza e della motivazione iniziali. Purtroppo, la canzone soffre di un arrangiamento che aveva ridotto, e di molto, la spontaneità e la forza originaria. Per questa ragione, l’ho sempre considerato un brano maltrattato che avrebbe meritato qualcosa di meglio: solitamente non mi capita, ma con questa canzone, invece, spesso mi viene in mente proprio l’idea di farne una nuova versione. Chissà…

Il tuo attuale ultimo disco Armilustri Absinthium ha segnato un ulteriore maturazione , uno dei pezzi che più abbiamo apprezzato è stato il conclusivo “La spada”. Una strepitosa e breve poesia fuori tempo. Puoi dirci qualcosa in merito?
“La spada” non è che la sintesi della via marziale. Uno dei più importanti insegnamenti che ho ricevuto dal kendo, la scherma giapponese, chiude questo brano: la strada per la perfezione, la strada per la serenità, passa inevitabilmente dall’abbandono del superfluo. Per crescere bisogna alleggerirsi. Per stare meglio bisogna potare i rami secchi e inutili. La spada ti insegna questo: lascia a casa i problemi, lascia a casa la mente, lascia a casa i tecnicismi accademici, i trucchi dell’agonista… Solo così il taglio sarà efficace. Questa è la spada. La spada è metafora simmetrica della vita. Ciò significa che il miglioramento passa dal prendersi cura della sostanza delle cose lasciando sulla strada il superfluo. Se vuoi raggiungere una cima in montagna, per fare un esempio, non devi preoccuparti di comprare lo zaino firmato o la scarpa tecnica. Puoi farlo, ma non devi limitarti a questo diventandone schiavo. Devi mirare al centro, al cuore delle cose. Concentrarti e mettere a fuoco. Se manchi tu, nello spirito, nei polmoni, nelle gambe, nella fatica, nella sostanza, non ci sarà zaino leggero o materiale tecnico a farti salire. Questo vale in ogni cosa. Tutti avvertiamo un senso di leggerezza e di serenità quando riusciamo, anche solo per un istante, a rinunciare al superfluo che ci circonda. È l’impresa più grande. Più difficile. Ci riusciamo difficilmente ma dobbiamo provarci. “La spada” si chiude così: da un blocco informe di marmo il modo per ottenere la bellezza di una statua non è aggiungere materia ma toglierla con lo scalpello.
I tuoi brani sono molto “celebri” in rete, volendo negli anni avresti potuto virare verso una popolarità maggiore, invece hai scelto di rimanere coerente e limpido con la tua proposta. Quanto è importante per un artista oggi avere la completa libertà di espressione? Sembra interessi a pochi oramai..
Il destino di un uomo è una cosa strana perché è un impasto di scelte e di inevitabilità. La cosa più importante è non limitarsi a guardare la seconda componente: in questo modo, altrimenti, la vita diventa un’immobile accettazione degli eventi da parte di chi non fa nulla per cambiare le cose e costruirsi un futuro a sua immagine. Bisogna fare di tutto, invece, prima che l’inevitabile si presenti. Il destino, almeno in parte, resta una nostra costruzione. Anni fa ho fatto delle scelte. Ad essere sincero non posso dire che se ne avessi fatte delle altre, musicalmente più commerciali, le cose sarebbero andate bene. Come ho già detto, oggi la musica non mi dà nulla in termini economici ma rende tutto, proprio tutto, sotto altre forme. Purtroppo oggi l’uomo è abituato, quasi costretto, a considerare la qualità delle cose esclusivamente dalla forma e resa economica. In questo, non c’è che dire, 12 anni di Skoll sono stati un bel fallimento! Il mio destino musicale, comunque, ha rispettato pienamente le sue “componenti”: “scegliere” un percorso di assoluta libertà espressiva e pagarne “inevitabilmente” le conseguenze di impopolarità.
Hai in programma un nuovo disco?
Sì. L’ho già scritto tutto. I tempi, però, non saranno brevi perché bisognerà studiare bene gli arrangiamenti e dovremo curare attentamente le varie fasi della produzione. Un disco, se fatto come si deve, ha tempi abbastanza lunghi. In più, non potendo dedicargli l’intera giornata a causa del lavoro, io, Fabio e Davide dobbiamo lavorarci di notte o nei ritagli di tempo. Ci vorrà qualche mese. Sarà un disco rock e sarà, credo e spero, la massima espressione dell’epica che in questi anni ho rincorso tra personaggi storici e grandi imprese. Non svelo i temi delle singole canzoni ma questa mia ottava produzione sarà nuovamente una sorta di concept album. La tematica, in risposta ai miserabili tempi che stiamo vivendo, sarà l’Italia.
Nell’ultimo capitolo del tuo libro citi il film Gattaca e la scena in cui Vincent batte il fratello a nuoto per mettere in risalto la metafora del superamento di sé. Nessun razionalista moderno può spiegare la vera forza interiore dell’uomo… “questo mondo non basta”?
In questo senso non saprei darti una vera e propria risposta. Io credo che l’uomo sia un essere enormemente sottovalutato dal punto di vista spirituale.  Le potenzialità dell’uomo sono enormi quando la volontà costringe l’intelletto a superare il senso di sopravvivenza dell’ordinario.  Ci sono innumerevoli esempi che lo provano. Vincent batte il fratello perché se ne frega della sopravvivenza proprio mentre l’altro, fisicamente perfetto, lascia che il cervello con le sue paure tenga i giri del motore in una zona di sicurezza. Le grandi imprese sono figlie del superamento dell’ordinario. È inevitabile. Non c’entrano le religioni. È un fatto umano e di questo mondo. A meno che non si creda, come credo io, che ciò che l’uomo chiama Dio sia dentro ogni atomo dell’universo. Uomo compreso.



Il divismo in "Re per una notte" di Martin Scorsese

Re Per Una Notte è una delle migliori pellicole di Martin Scorsese, nonostante sia uno dei film meno considerati nella filmografia dell’italoamericano.

Nel 1983, il regista anticipava sul grande schermo la smania del divismo mediatico che al giorno d’oggi è divenuta oramai normalissima routine.

La trama vede un aspirante commediante, il grottesco Rupert Pupkin (Robert DeNiro), che spende il suo tempo nel mettere in scena spettacoli comici davanti ad un pubblico di cartone. Ossessionato dal celebre attore televisivo Jerry Langford (un abilissimo Jerry Lewis), comincia a pedinarlo nel tentativo di illustrargli i suoi progetti, dando così il via alle più sfrenate fantasie su una improbabile carriera da showman.

Il duro scontro con la realtà dei fatti costringerà però Rupert a prendere drastici provvedimenti..

Il Pupkin scorsesiano non è altro che un Travis Bickle che liberatosi dalla noia esistenziale metropolitana, focalizza la sua paura del “non essere nessuno” sulla possibilità di apparire in tv. 

Per emergere dalla mediocrità e dall'anonimato cittadino, egli tenta di essere qualcuno, di essere riconosciuto, di farsi approvare, solamente che questa volta, invece di ripulire la città con violenza, tenta di apparire in uno show televisivo.

Straordinario il lavoro di tratteggiamento della psicologia instabile e complessa di Pupkin, e strepitoso per l’ennesima volta Robert De Niro che si immerge nel personaggio in maniera minuziosa fornendo probabilmente la sua miglior interpretazione della carriera.

Il suo percorso verso il delirio viene ripreso in maniera lenta e graduale, senza mai alzare i toni della vicenda, ed in un' evoluzione narrativa sempre più assurda, viene mostrata la lucida determinazione del protagonista verso il suo obiettivo finale.

Il modo con cui vengono gestite le scene più imbarazzanti e la negligenza di Pupkin sono il magistrale frutto di una regia efficace e mai invadente, una macchina da presa che non prende mai il sopravvento su storia e recitazione, mantenendo così in perfetto equilibrio l’intero film e creando un costante senso di straniamento.

Lo humour presente è lontanissimo dalle classiche commedie americane, anche se a dir la verità, si percepisce il profumo di Blake Edwards alle fondamenta della struttura.

Lo stile si concilia perfettamente con i contenuti, la messa in scena generale ed i movimenti di macchina risultano del tutto funzionali alla drammatizzazione. L’impersonalità della regia trasmette una sensazione di alienazione. Un esempio? Quando viene ripresa l’immagine televisiva dello show di Langford, essa è sempre statica e senza profondità, ed è dunque lo stesso video che si fa portatore di contenuti degenti e massificanti.

Re Per Una Notte naviga per tutta la sua durata tra realtà e sogno, specie nella prima parte, dove questa opposizione diviene una caratteristica principale anche grazie all’ottimo lavoro in sceneggiatura di Paul Zimmerman con i suoi ambienti sempre molto curati ed in bilico tra il reale e il televisivo.



La fine di Von Thronstahl


I Von Thronstahl sono il progetto musicale dei due fratelli Josef Maria Klumb e Bernhard.
Nati nel 1995 dalle ceneri dei Forthcoming Fire, i tedeschi hanno prodotto negli anni ben 7 dischi e vari split.
I riferimenti principali sono Death in June e NON, ma la loro proposta è votata più verso sonorità marziali/militaresche che non sul Neofolk.
Abbiamo incontrato Josef Klumb per farci raccontare le impressioni di quasi 20 anni di Von Thronstahl e per fare quattro chiacchiere sul futuro.
Ciao Josef, inanzitutto grazie per la disponibilità. E' in uscita il nuovo "Corona Imperialis", ce lo presenteresti gentilmente?

Prego!
Corona Imperialis prende spunto dal titolo Imperium Internum, il nostro primo disco.
Il titolo è una metafora della realizzazione del proprio sé interiore. E’ un cd che esce postumo, che segna la fine e la redenzione di Von Thronstahl. E’ il ritorno all’ Imperium Internum, al nostro “Reich interiore”, negli anni trovato e poi perduto nel mondo manifesto.
Con Corona Imperialis si conclude definitivamente il progetto Von Thronstahl.

Non sapevamo fosse l'ultima uscita targata Von Thronstahl, ci hai spiazzato. In ogni caso ritorneremo sui perchè di questa scelta nel corso dell'intervista.
Gli ultimi Sacrificare e Germanium Metallicum han visto incrementare la componente strumentale. Il suono è divenuto più ricco, maturo e completo rispetto al passato. Se tu potessi tornare indietro nel tempo, i bellissimi E pluribus unum e Imperium Internum li faresti suonare allo stesso modo?

Certamente si.
Io penso che ogni disco vada contestualizzato in base alle circostanze ed agli umori del tempo in cui è stato registrato. I primi lavori che citi furono composti in maniera molto minimale a livello tecnico, ma le atmosfere erano più romantiche, più interiori, forse più profonde. Sono molto contento che E pluribus Unum e Imperium Internum suonino così puri e poco “heavy”.
Poi col tempo abbiano cominciato a suonare in maniera più professionale curando di più la parte strumentale, le sonorità di conseguenza sono divenute più complete e più votate alla descrizione del mondo esterno.

Gli arpeggi acustici, le parti orchestrali e le cadenze marziali dal sapore nostalgico della vostra musica sono note fuori tempo, ma danno un grande sollievo a chi si sente distante dalla modernità. Cosa hai tentato di trasmettere in tutti questi anni con Von Thronstahl?

Probabilmente attraverso la musica ho cercato di far rivivere il fuoco della tradizione, ma è evidente che non era possibile immettere troppe idee “vecchie” in una concezione del mondo come quella odierna.
Tramite una visione metafisica, ho cercato di non prendere residenza nel presente, guardando con nostalgia vecchi tempi e vecchie leggi. Ciò non significa che io abbia tralasciato le responsabilità del presente, un presente da affrontare senza malizie, senza spirito di contesa e senza mai ignorare ciò che è più grande di noi, che è oltre la comprensione.
Il tentativo Von Thronstahl si è però concluso con un’ implosione, con un collasso e un finale amaro.
In un ordine di cose in cui la strada tradizionale è divenuta conformismo, mi sono dovuto confrontare con tante bugie e con gente che si auto-ingannava dietro maschere tradizionali tramite storielle così false che inevitabilmente si entrava in collisione. Tutto ciò non è stato piacevole e così ho preferito prendermi del tempo per pensare.
Oggi la situazione mondiale attuale ci indica che non è il momento della semina o del raccolto, siamo in una fase intermedia.
Non c'è più tempo per me di guardare indietro e di cogliere retro citazioni della storia, ho bisogno di riflettere sulla creazione di ciò che è ancorato al di sopra e al di là del tempo.
Sento che verrà scritto un nuovo grande libro nella storia. Non soltanto un capitolo, come le ultime decadi di età, ma proprio un nuovo libro di storia del mondo, che potrà così ricominciare a germogliare dopo la tempesta.
L’esperienza artistica Von Thronstahl è così giunta alla conclusione, mi sono reso conto che l'essenza di 10.000 anni, l'essenza della Tradizione, non erano più grandi del mio cuore e della mia anima.

Josef quanti problemi hai incontrato durante la tua lunga carriera musicale per via delle tue idee? Però nulla ti ha scalfito negli anni, anzi disco dopo disco sei diventato sempre più esplicito...

I problemi sono stati infiniti. Sono stato in guerra contro tutto e tutti, il mondo, il tempo e anche me stesso. Ho combattuto una guerra illusoria destinata alla sconfitta.
Si ho perseverato, sono stato testardo. Spesso a stare in prima linea ci si tempra, è un percorso trasversale di vita che non siamo abituati a considerare come sentiero, ovviamente provoca problemi.
Ma d’altronde le crepe nella mia intera matrice ideologica erano molto grandi anche perché gli ultimi 10.000 anni di storia sono stati all’insegna della distruzione e della rovina.
C’è solo una via d’uscita a fronte di tutto ciò, cercare di essere se stessi, fare un percorso interiore verso una visione della vita più elevata, verso un mondo regolato in maniera trascendente.

Hai suonato alcune volte in passato nel nostro paese. Come ti sei trovato? Cosa ne pensi dell'Italia e della sua storia?

Roma e l’Impero Romano sono coinvolti in tutte le nostre memorie. Ricordi di sangue, di incarnazioni e di matrici storiche.
E’ stata e rimane il centro del mondo occidentale, da lei si può partire disegnando un cerchio con un compasso. Volendo possiamo tracciare altri due cerchi che partono da Berlino e da Monaco di Baviera.
Roma e le terre oltre il mare Mediterraneo non sono solo idee geografiche.
La maggior parte della gente contemporanea è composta da nativi europei, è giunta attraversando lunghe strade, da Babilonia, all’ Egitto, all’antica Sumeria, sino alla Palestina, e si è reincarnata nell’Europa di oggi, in questo spazio-tempo.
Nel 1945, con il declino di Berlino e la Germania anche la fiamma di Roma è morta.
Si, in passato sono stato da voi per alcuni concerti, ma non solo, personalmente mi piace molto fare ogni tanto dei viaggi verso il lato ovest del lago di Garda, è un bagno di freschezza antica, si respira un’ antica energia, mi diletto in splendidi momenti mediterranei.

Bellissima Europa Calling contenuta in Mutter Der Schmerzen. Splendida colonna sonora dell’Europa che fu… Don't you know a fire's burning. Since the ancient times of Rome”. Un brano straniante nei tempi in cui l’Europa è divenuta una macchietta tecnocratica. Come è nato il pezzo?

Il pezzo è nato da una sensazione di malinconia e tristezza per quel che l’'Europa è diventata oggi.
Tuttavia il mio sguardo malinconico e nostalgico comprende la consapevolezza del fatto che le forze attualmente in gioco in Europa sono diventate molto forti.
Accetto l’Europa come fenomeno decadente, anche perché so che ciò che è destinato alla distruzione deve inevitabilmente crollare, e che dietro le trappole create appositamente nasceranno nuovi cambiamenti.
Questa decadenza generale dovrà portare alla nascita di una nuova era. Tra America ed Europa, non c’è differenza ormai.
Sotto i grandi cambiamenti e le incertezze del mondo sorgerà un nuovo campo di forza di incredibile magnitudo. 

Ci ha incuriosito uno split assieme al progetto The Days Of Trumpet Call intitolato "Pessoa/Cioran". Come mai la scelta di questi due grandi scrittori?

Cioran ci ha ispirato per i suoi sentimenti di tristezza e rassegnazione… un uomo tra le rovine.
Pessoa per le sue sensazioni di estraneità, e per la sua enorme profondità.
Trovo questi uomini molto interessanti come rappresentanti e lucidi osservatori dei nostri tempi. Il cd in questione nacque in occasione di un concerto in Portogallo.

Hai partecipato tempo addietro alla compilation "Cavalcare la tigre". Cosa ne pensi di Julius Evola? E' tra i tuoi punti di riferimento culturali?

Dopo la distruzione del mondo nel 1945, Evola è stata una di quelle figure che si presentano una volta ogni cento anni. La sua aura è un’ aura senza tempo, la dimensione della tradizione.
E’ certamente una sfida difficile combattere “contro il mondo moderno" ma Evola ha insegnato che cavalcando la tigre ce la si può fare. Egli è e rimane uno spirito venerabile della vecchia scuola, per ottenere indicazioni sulla via per ciò che verrà dobbiamo rivolgerci a lui.

Quindi ci confermi che non ci sarà nessun progetto futuro per Von Thronstahl?

Esatto.
Von Thronstahl non ha alcun futuro. Von Thronstahl è morto, così come la sua matrice ideologica.
La nave è naufragata sulle scogliere di tutto il mondo, ma io sono sopravvissuto.

Recentemente siamo stati in Germania, nella Bavaria, nella Westphalia, nel Baden Wurtennberg, amiamo il vostro paese e la sua cultura, tuttavia abbiamo notato una enorme severità delle autorità tedesche su tutto ciò che può riguardare, anche solo indirettamente, la seconda guerra mondiale. Il sole nero ad esempio, simbolo antichissimo, che spesso è comparso sulle vostre copertine, non viene visto di buon occhio, come mai secondo te?

Perché la maggior parte della gente lo associa a qualcosa che riguarda il loro recente passato, diciamo che lo accomuna al periodo tedesco compreso tra il 1933-1945.
Le persone si sono convinte che questo antico simbolo non sia conforme alle loro idee di vita e molto probabilmente fa riemergere loro tanti umori nascosti ed energie profonde che cozzano con la superficialità della vita odierna. Ma bisogna guardare oltre.
Per quanto mi riguarda, attraverso tale simbolo è possibile dare uno sguardo più approfondito alla creazione universale.
La mia opinione è che l'idea del Sole Nero ci trascina sempre più verso una via di amore cosmico.
Ora abbiamo raggiunto un livello tale per cui la tradizione passa solamente attraverso l'essenza. Oggi non sono più importanti i rituali o il folklore, bensì sentire appunto la vera essenza della tradizione interiormente. Solo le anime in grado di fare ciò sopravviveranno alla grande tempesta.
Qualcosa ci dice che il sole nero sta al centro dell’universo, nel cosiddetto "Götterdämmerung" (Il Crepuscolo degli Dei).
Nuovi dei, una nuova umanità risorgerà e per me l'idea di un sole nero che chiama significa che dovremmo aprire le nostre menti e le nostre coscienze a tutto l'universo e a tutte le potenze che vengono dallo spazio oltre la terra. Qualcosa di nuovo o qualcosa di eterno sta arrivando. Se il sole nero potesse parlarci, direbbe:  “Chiudete il capitolo, eliminate le regole, cacciate via i rituali, tenete l’essenza di tutto ciò che pensate sacro e apritevi al raggio drenante del cuore cosmico”
Quindi se un sole nero è vivo, sarà connesso con la mente del sole d'oro e con il plesso solare all’interno di noi.
Diciamo anche che oggi è oramai diventato mainstream il suo utilizzo in certi ambienti e probabilmente se non fosse stato così abusato in alcuni ambiti, essendo un simbolo che deriva dalle profondità del cosmo, avrebbe attirato l'attenzione più per l'infinito e per le sue radiazioni che per le realtà terrene di natura politica.

Sempre tornando al discorso del modus operandi della Germania contemporanea, c’è quasi una sorta di sclerosi, di paura, ultimamente alle olimpiadi una ragazza tedesca è stata squalificata poiché "presunta fidanzata" di un membro di un partito nazionalista tedesco. La domanda sorge dunque spontanea, come convive una persona con le tue idee in uno stato simile?

Io ho vissuto ai margini. Da qualche parte tra passato e futuro. Non è stato facile, ma molto interessante, a volte anche stimolante.
Ora però l’importante per me è vivere la mia vita giorno dopo giorno, nel qui ed ora, conscio di provenire da un passato profondo e diretto verso un futuro senza fine, voglio davvero immergermi nel mondo di oggi.
Per quanto riguarda la ragazza squalificata, che dire, vedo tutto questo come un vecchio film in esecuzione, dove ci sono i perdenti tedeschi della guerra che tentano di esorcizzare qualsiasi cosa accaduta tra il ’43 e il ’45 per autoconvincersi di avere il diritto di esistere nell’era post 1945.
Ma è tutto solamente commedia, una fragile commedia umana. I media tedeschi poi sono dei teatranti amatoriali. Senza senso.

Grazie Josef per la tua disponibilità.

Grazie a voi.
Not only bad man rises.



La condanna dell’usura secondo la dottrina cristiana tradizionale

La dottrina cristiana tradizionale si è espressa in maniera chiara e netta sull’uso del denaro ed in particolare sul divieto del prestito ad interesse, cioè dell’usura che ai giorni nostri è praticamente il faro che illumina la corrotta società occidentale.

Lo studioso di religioni comparate Dag Tessore ha portato in risalto diversi passi che vanno in tale direzione, li segnaliamo:

1) E’ vietato prestare denaro esigendo interessi (usura). Quindi sono proibite, ad esempio, tutte le banche che prestano denaro ad interesse, o che danno mutui, o qualunque altro genere di transazione finanziaria in cui vengano richiesti o pagati interessi.

Sacra Scrittura.

Deuteronomio 23,20: “Non farai al tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro, né di viveri, né di qualunque cosa che si presta ad interesse”(cfr anche Es 22,24; Lv 25,35-37).

Ezechiele 18,8: “Non presta a usura e non esige interessi”.

Siracide 8,12: “Se dai in prestito, sii in perdita”(cioè non guadagnarci)

Luca 6,34-35: “Se prestate a coloro da cui sperate di ricevere qualcosa, che merito ne avrete?...prestate invece senza attendervi nulla in cambio”.

Padri della Chiesa

Canones Hippolyti, 71,15: chi non si astiene dal prestito ad interesse non può accedere al battesimo, cioè non può diventare cristiano.

Sant’Agostino, Enarrationes in psalmos, 36, Serm.3,6: “Se ti aspetti di riavere più di quello che hai prestato, sei un usuraio e sei da condannare”

Clemente Alessandrino, Stromati, II, 18 (PG 8,1016): “La Legge di Dio…non permette che si ricevano interessi sul denaro”.

Fozio il Grande, Syntagma kanonon, IX, 27: “La proibizione di ricevere interessi mi pare che riguardi tutti i casi di prestiti e di contratti”.

Interi libri dei Padri della Chiesa sono dedicati alla condanna del prestito ad interesse, ad esempio:

San Gregorio di Nissa, Contro gli usurai (PG 46,433);

San Giovanni Crisostomo, Contro gli usurai (PG 61,121.367);

San Giovanni Damasceno, Sul prestito ad interesse (PG 95, 1364);

Nicola Cabasila, Discorso contro gli usurai (PG 150, 728);

Altri brani patristici in cui è condannata severamente la pratica del prestito ad interesse: San Cipriano, De lapsis, VI; Tertulliano, Adversus Marcionem, IV, 17; Constitutiones Apostolorum, II, 6; San Basilio, Epistole, 188; Commodiano, Instructiones, LXV (II, 20); Lattanzio, Divinae institutiones, VI, 18; San Leone Magno, Sermones, XVII.

Concili.

Concilio di Ippona, can. 22: “Nessuno riceva più di quanto ha prestato, che si tratti di denaro o di qualunque altro bene”.

Concilio di Cartagine, can. 5: “Sia vietato a tutti i chierici di prendere interessi da qualsiasi bene”, “cosa biasimevole anche per i laici”.

Altri canoni dei Concili che condannano il prestito ad interesse: Concilio del Trullo, can. 10; Concilio di Laodicea, can. 4; Concilio di Elvira, can.20 (scomunica ai laici che prestano ad interesse); il Concilio di Arles, can. 22 (scomunica ai chierici che prestano ad interesse); Concilio di Orléans III, can.30 ; Concilio di Cartagine, can. 20. E ancora: Canoni Apostolici, can. 44; San Gregorio di Neocesarea, can. 2; San Gregorio di Nissa, can. 6.

Leggi Imperiali.

Anche la legislazione di ispirazione cristiana ha condannato l’usura in ogni sua forma: Imperatore Basilio il Macedone (IX sec.).

2) “I Padri condannavano l’assunzione di interessi in assoluto, non solo di interessi esagerati, ma anche di interessi moderati”.

3) Il divieto del prestito ad interesse “riguarda non solo i prestiti in denaro ma anche i prestiti di qualunque altro bene”.

4) Essendo severamente vietato il prestito ad interesse, è vietato collaborare e avere a che fare con le banche e gli altri enti che operano con usura. Cfr. ad esempio San Niceforo il Confessore, can.31: “ Il sacerdote non dia la comunione a coloro che prendono interessi, e non sieda a tavola a mangiare con essi”.

5) Chi deposita denaro in banca, aprendo un conto bancario, è come se prestasse del denaro alla banca, la quale sfrutta e investe tale denaro per farlo crescere e in conseguenza di ciò paga al cliente gli interessi. Perciò chi deposita soldi in banca non fa altro che dare (alla banca) un prestito ad interesse, e ciò è vietato.

6) Chi, avendo un conto in banca, riceve dalla banca degli interessi, deve considerare tali interessi un guadagno illecito e proibito e quindi deve subito restituirli alla banca stessa oppure elargirli ai poveri.

San Basilio, can. 14: “Chi riceve interessi, distribuisca ai poveri l’iniquo guadagno”

Salmi, 14,5: l’uomo timorato di Dio “non presta il suo denaro ad interesse e non accetta guadagni a sfavore degli innocenti”.

7) Qualunque investimento di denaro che implichi scommessa a rischio, speculazione e azzardo (per es. investimenti in borsa e simili) è vietato, e i guadagni che ne derivano sono vietati.

Sant’Ambrogio, De Tobia, XIV: “Tutto ciò che si basa su speculazione e azzardo è una forma di usura”.

8) E’ lecito investire soldi prestandoli ad un ente commerciale o finanziario come quota azionaria: se poi l’ente, attraverso le proprie attività commerciali, riporterò guadagni, colui che ha investito riceverà una quota proporzionata dei guadagni; se invece l’ente subirà delle perdite, colui che ha investito subirà anch’egli, sulla sua quota, una perdita proporzionata. Se invece il cliente riceve in ogni caso solo guadagni , allora si tratta in realtà di una forma mascherata di usura. >>

Inutile sottolineare  come oggi ci ritroviamo esattamente nella situazione opposta. L’usura, le banche private, il sistema a debito e la mentalità distorta di economisti e finanzieri sono un evidente segno dei tempi.

Oggi le parole dei Padri della Chiesa appaiono come un lontano ricordo.



Intervista L'Effet C'est Moi

L'Effet C'Est Moi è un progetto del marchigiano Emanuele Buresta che nasce nel 2005 riprendendo il nome da un concetto filosofico di F. Nietzsche.
La proposta musicale è una sorta di colonna sonora eroica di grande maestosità ed eleganza.
Proseguendo le nostre interviste in merito al “Sine Armistitio” del 7 Settembre al theatre di Milano, abbiamo avuto modo di chiacchierare con Emauele Buresta, fondatore di uno dei progetti italiani più interessanti in circolazione.

Ciao Emanuele, innanzitutto complimenti per il progetto. Ascoltando i tuoi lavori siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla tua grande capacità di interpretare il concetto di maestosità attraverso la digitalizzazione contemporanea. Un utilizzo dei mezzi moderni per rievocare la Tradizione, possiamo definire L’Effet C’Est Moi come la volontà di “cavalcare la tigre” a livello compositivo?

Ti ringrazio moltissimo per questa citazione. Nel nostro tempo, comporre musica richiede senz’altro parecchia tenacia e devozione. Esprimere ed esporre le proprie emozioni nella composizione richiede oltre a ciò un grande lavoro interiore e l’utilizzo dei mezzi moderni oltre ad essere una necessità agevola anche il vigore espressivo. Nell’era industriale, usare le moderne tecnologie per tramandare valori spirituali ed eterni è l’ultima arma che ci è concessa per non dimenticare le nostre vere origini spirituali e per accedere a una dimensione che va al di là della turpe quotidianità materiale. L’onnipotenza del presente spesso non lascia scelte e come una tigre va domata ma senza contrastarla. Siamo pronti ad intervenire con i dovuti mezzi per ricostruire una strada ed una considerazione intellettuale in un ciclo della civiltà dove anche le percezioni sembrano volgere al termine.

Parliamo del tuo primo lavoro, Tomber En Héros, un concept album diviso in due tronconi ispirato alla grandezza dell’ impero romano. Musicalmente può ricordare i primi dischi di Mortiis mescolati a sonorità stile Regard Extreme. Cosa puoi dirci di questo esordio?

“Tomber en Héros” è stata la mia prima armatura. Un disco uscito ufficialmente per l’etichetta War Office Propaganda (l’attuale Rage in Eden) e limitato a 500 copie. Con esso mi sono presentato alla scena musicale avanzando una dark ambient marziale caratterizzata da sonorità epiche, ballate belliche e risonanze più cupe. Si tratta del 2005, periodo in cui è evidente la stima dei miei primi ascolti tra i quali Blood Axis, Der Blutharsch, Les Joyaux De La Princesse, Puissance, Regard Extreme, Sophia e The Moon Lay Hidden Beneath A Cloud…per citarne i maggiori.
Nonostante la mia inesperienza nel settore digitale e di conseguenza il deficit della qualità sonora ridotta alle prime armi, ciò si è rilevato un punto di forza ed una caratteristica propria dell’album, apprezzato proprio per il suo timbro minimale ed incisivo. Sono stato molto soddisfatto di questo debutto anche perché ho ricevuto più consensi di quanto m’aspettassi.

In “Les Voix De L' Apocalypse” del 2008 cresce la vena neoclassica, straordinario ad esempio un pezzo come “In Dernier Supir”, colmo di phatos Morriconiano ed atmosfere marziali. Come è nato questo tuo secondo lavoro?

“Les Voix de L’Apocalypse” è nato con una grande volontà di migliorare sia a livello compositivo e sonoro. E’ stato un album che ha richiesto un grande sacrificio, una selezione meticolosa dei suoni ed uno studio tenace che mi ha portato ad acquisire maggiori capacità tecniche e conoscenze nell’ambito pratico digitale. Realizzarlo è stato molto difficile perché ho sempre voluto far tutto senza l’aiuto di altri, quindi imparando dai miei stessi errori. Tutto questo ha richiesto molto tempo e passione. Si evince una forte volontà di venire allo scoperto, di volersi misurare con realtà già affermate e di mostrarsi con tutto il potenziale che potevo offrire. Attualmente questo disco è sold-out ma sto valutando l’opportunità che mi è stata data di ristamparlo o meno.

Ascoltando “Les Voix De L' Apocalypse” ci è venuto spontaneo un parallelo con progetti quali Puissance, Les Joyaux De La Princesse e Wappenbund. Il tutto condito da atmosfere Wagneriane. Quali sono le tue maggiori fonti di ispirazione musicale?

Attualmente le mie maggiori fonti d’ispirazione musicale sono molteplici, spaziano dalla dark ambient, al neofolk, la darkwave, dall’intramontabile musica classica, dal metal estremo fino alla synth pop. Mentre prima ascoltavo esclusivamente un determinato filone (la scena martial-industrial), oggi necessito d’intraprendere nuovi ascolti per forgiare uno stile più singolare da poter approvare nella stesura musicale del brano. Credo che oggigiorno la scena martial-industrial necessiti di una nuova ventata d’aria, cosa che vorrei proporre con il nuovo album in costruzione. Riuscirci non sarà sicuramente un’impresa semplice ma mi auguro che almeno questa necessità di metamorfosi possa essere colta.

Nel 2011 è uscito  “Genius Loci” per la tedesca Skull Line, un altro grandissimo disco dalle melodie imponenti ed eteree. Danze medioevali, dark-ambient, cori operistici e tamburi marziali disegnano uno scenario post-bellico. Qual è il concept che sta dietro a “Genius Loci”?

Il concetto che ruota attorno al disco è raccolto sulla figura del Genio, spirito custode, nella mitologia romana, spirito che presiedeva alla nascita di una persona, a un luogo o ad una cosa, determinandone caratteristiche e destino. Il genio nasceva contemporaneamente ad un individuo e lo accompagnava tutta la vita, divenendo la sua altra anima dopo la morte. Spesso il genio di un individuo era raffigurato come una persona, mentre quello di un luogo era rappresentato sotto forma di serpente. E’ interessante pensare come i luoghi possano possedere un’anima e diventare sede di uno spirito del luogo. Rispettare un territorio, proteggendolo, significa quindi permettere alla sua energia di sopravvivere nel tempo e di giungere sino a noi. Gli antichi ritenevano che all’entità del luogo si sommasse l’energia propria alla sedimentazione dell’abitare e degli abitanti del luogo. Non a caso i sacerdoti greci e gli àuguri romani erano determinati nella scelta della fondazione di una città perché sacro era ritenuto l’abitare e l’insediamento diveniva il luogo in cui poteva esercitarsi la sacralità dell’abitare in simbiosi con il macrocosmo.  Con il tempo, questa forma di tutela e spiritualità è andata persa tant’è vero che si parla più di un fenomeno d’architettura e urbanistica su larga scala con il semplice risultato di creare dei “non-luoghi” a misura d’uomo. Con questo album ho voluto rivendicare proprio questa realtà: riflettere e valutare il legame che intercorre tra l’uomo, gli antenati e la tutela del posto che si è piegata inevitabilmente agli usi all’era industriale.   

Qual è il rapporto che intercorre con la tua straordinaria regione dalle ampie colline e dal capoluogo che fu denominato “accessum Italiae”?

Riallacciandomi alla domanda precedente devo dire che sono orgoglioso di trovarmi in una regione così ricca: le Marche sono per lo più una delle regioni più collinari, il resto rimane montuoso ma non mancano anche pianure che si affacciano più nella zona costiera. Amo tutta l’Italia centrale e ovviamente mi ritengo fortunato di abitare in un luogo che ancora è degno di portare il nome di Italia. Non riuscirei mai a vivere in grandi metropoli dove la “dromocrazia” (intendo potere della velocità) della vita corrente annienta e annichilisce la bellezza che ci circonda ed il contatto con essa. In tempi così veloci dove molte volte non abbiamo neanche il tempo di ragionare, stabilire un contatto con la natura favorisce il piacere di ritemprare corpo e mente. Identità della persona e luogo convivono in simbiosi l’uno con l’altro.

Il concetto di arte visto come elevazione spirituale e contatto col divino trova nella tua musica una grande espressione. Qual è il tuo rapporto con la spiritualità?

Oggi, nel misero squallore della modernità, l’arte estrema, ossia quella che nei casi migliori recupera e veicola idee tradizionali, mi sembra essere l’unica via che è concessa a pochi per accedere a una dimensione spirituale genuina. Presa coscienza che ogni legame vero con la Tradizione è andato perduto, affronto il mondo moderno in modo nitzscheano, o meglio evoliano. Secondo questa visione, quando mi accingo a suonare o ascoltare musica compio riti religiosi, di una religiosità nuova che trae ispirazione dalla Tradizione e reinterpreta le sue leggi in modo attuale e non vincolato a forme rituali che hanno esaurito la loro funzione molti secoli fa. Secondo me nell’arte si sono rifugiati gli ultimi frammenti della vera spiritualità occidentale, e la musica è una delle arti che meglio ha accolto ciò che restava di questa. Già gli antichi percepivano la musica come un atto creativo ispirato degli Dei, che poteva allietare gli animi turbati ma anche infondere coraggio nei guerrieri. Ne L’Effet C’Est Moi possiamo cogliere sia melodie liturgiche, sia marce da guerra, che esprimono in tutta la loro completezza l’antico spirito europeo. Oggi pochi sono coloro che ancora ricercano le proprie radici. Tra questi pochi vi sono musicisti e artisti che, spinti da un autentico sentimento di ricerca e d’amore per la propria identità, riescono a concretizzare con un atto spontaneo, creativo, originale e attuale la vera essenza della spiritualità eterna. Dunque secondo me in determinati e particolari casi l’antica spiritualità si è rifugiata in una dimensione che adotta una ritualità artistica che è l’eterno perpetuarsi in forme differenti dell’antico culto dei divini padri.

Nel recente “ il sole a mezzanotte” si spazia dalla simbologia sacra “riordinata” da Renè Guenon, alla metamorfosi di Lucio Apuleio, alle nostre radici arcaiche tracciate da Renato Del Ponte sino a concludere il concept con i Fasti di Ovidio. La sua ultima citazione con cui chiudi afferma “I am the sole keeper of the vast world. And the right to turn in its hinges is only mine”. E’ possibile identificare in questa frase la tua concezione dell’esistenza?

Non è che tale frase identifichi una particolare concezione dell’esistenza, è la figura stessa del dio Giano a rappresentare simbologie eterne e tradizionali. Essendo Giano dio degli inizi, per la concezione ciclica del tempo che avevano le civiltà tradizionali, egli è anche dio della fine, che non è altro che un nuovo inizio. La nostra devozione alle radici arcaico-italiche si esprime, all’atto pratico, nel fare musica, nel suonarla con la giusta disposizione rituale, come i nostri padri eseguivano i riti religiosi. Qui mi sono limitato a riportare brani di opere tradizionali adatte a supportare la creazione musicale.

Lo scorso anno hai partecipato all’ottimo Villa festival in Umbria, che esperienza è stata? A settembre 2013 suonerai con Triarii al theatre di Milano. Sensazioni?

Del Villa Festival dell’anno scorso ho un ricordo piacevole ed incantevole come la location stessa. Mi ha dato l’opportunità di presentarmi nel nostro territorio e di misurarmi con artisti che io stesso già seguivo da tempo e tutto ciò è stato oltremodo eccitante e rilevante. Rimane senz’altro una bellissima avventura.
Il 7 Settembre come avete accennato si suonerà con Triarii, un artista che ho sempre sostenuto quindi sono onorato di poter condividere il palco insieme. Al riguardo posso solo avere sensazioni positive, siamo pronti ad affrontare una serata del genere con tutta la serietà e professionalità che si richiede.  Per onestà devo sottolineare che ciò è stato reso possibile grazie all’appoggio degli altri musicisti che suoneranno nell’evento e quindi Solimano (TZIDMZ) per avermi proposto  e Gabriele (Corazzata Valdemone) per il suo sostegno. Oltre a ciò, sono molto fiero di questo evento perché mi ha dato la possibilità di stringere nuove amicizie ed entrare in contatto con coloro che condividono la scena musicale italiana. Ci tengo a sottolineare questo fatto che personalmente è molto importante e più significativo dell’avvenimento stesso.

Grazie Emanuele per la gentile chiacchierata.

Grazie a voi per il supporto, per la cura e la passione con cui svolgete il vostro compito. Ci vediamo presto a Milano!