Maschere

Una maschera è calata sul volto dell'uomo. La maschera di un mellifluo perbenismo, di un falso altruismo, del conformismo, dell'omologazione. Il lurido cencio di un silenzio imposto, di un sorriso nascosto e forzato, della paura, dell'assenza di spirito critico e di slancio vitale. Una maschera è calata sul volto dell'uomo. Una malsana pezza che lo imbavaglia, che strozza in gola grida e proteste, che toglie il fiato, che impedisce la comunicazione, che ne muta le fattezze, che lo rende inespressivo, distante, scollegato dalla realtà, che lo fa confluire nel mare degli individui senz'anima. Una maschera è calata sugli occhi dell'uomo. Una laida benda che lo rende cieco, incrostata dal marciume del nostro periodo sciagurato, stretta a dismisura dal padrone e da sé stesso affinché non percepisca odio, ingiustizia, menzogna, distruzione, osceni giuochi di potere, vili speculazioni. Una maschera è calata oggi sull'uomo, fino a diventare tutt'uno col suo volto, fino a cucirsi sulla sua pelle, a fondersi con i tessuti, i fasci nervosi, la struttura ossea, che penetra nello spirito, cristallizzandosi nel suo essere. Una maschera oggi è calata sull'uomo. La museruola della viltà, del lasciar fare per il quieto vivere, del silenzio assordante, della notte profonda, della letargia del buonsenso, della logica e dell'esperienza, dell'appartenenza, della rieducazione, della distanza. Il talismano della vergogna, il vessillo della sconfitta, la tassa sull'ossigeno, il paramento liturgico del nuovo culto terapeutico. È arrivato perciò il momento di dire, senza indugio alcuno, un perentorio "basta" a queste recite, ai grotteschi balli mascherati che da due anni ci trascinano in questa folle danza. l tempi sono maturi, la verità bussa, imperiosa, alle porte del nostro cuore. Carnevale è già finito da un pezzo.

" Imparerai a tue spese che, nel lungo tragitto della vita, incontrerai tante maschere e pochi volti" (L. Pirandello)



Deserto spirituale

La nostra è una società fortemente valoriale.

Questa società sta anzi formulando sotto i nostri occhi, ovvero da 40 anni a questa parte, sempre nuovi valori, li sta formulando a getto continuo. Sono valori che emergono dalla bruma dell’anarchia (o meglio: del clima di cosiddetta libertà) degli anni 70 e sui quali si sta strutturando la nostra società.

Solo che sono valori sbagliati.

Questo fenomeno ricalca uno schema molto preciso e già sperimentato in altre società – quale quella sovietica all’inizio del XX secolo – seppur con mezzi e modalità diverse: grazie ad alcune idee, molto teoriche ed astratte, quale quella di libertà assoluta (nell’Unione Sovietica si trattava dell’idea di uguaglianza, ma lo schema procedurale è rimasto lo stesso) con il suo corollario di abolizione di ogni divieto, regola o tabù, intorno agli anni 60 si sono distrutti i vecchi, solidi valori che hanno retto la nostra società per secoli e millenni. Il problema è che la libertà assoluta è una chimera, un’illusione irrealizzabile, come lo era l’idea dell’uguaglianza perfetta.

Di conseguenza in quel decennio ci siamo costruiti una specie di deserto spirituale in cui vivere: abbiamo abbattuto regole, divieti, tabù e vecchi valori senza sostituirli con nulla.

Negli ultimi 40 anni siamo lentamente usciti dal caos inventando nuovi valori, nuovi divieti, nuove regole che però si fondano su un unico criterio, un unico valore di fondo: il superamento di ogni limite – sociale e individuale – ponendo l’Io, ovvero l’individuo, con i suoi desideri e i suoi capricci, al centro di tutto.

Questa rapida e eclatante sostituzione è avvenuta in modo tutto sommato insensibile – e di conseguenza non è stata percepita dai più - grazie a due fenomeni apparentemente lontani, ma in realtà strettamente collegati a questa nefasta evoluzione: il dilagare del consumismo da una parte e il drastico abbassamento del livello di istruzione dall’altra.

Il consumismo – soprattutto quando portato ai livelli estremi di oggi -  vellica la voglia di comodità, la voglia di novità e l’avidità dell’uomo, mettendo i suoi desideri sempre più al centro delle preoccupazioni e dell’agire umano. E l’uomo, abituato ormai da decenni alla comodità e al benessere, non sarà certo incline a ripristinare vecchi valori che prescrivevano impegno, dedizione, sacrifici e, spesso, una frugalità di vita oggi assolutamente invisa. 

D’altra parte la rovinosa caduta dell’istruzione – complice il 6 politico che porta tutti alla laurea, ma degrada la laurea ad attestato di ignoranza – crea un’amnesia generalizzata riguardo il nostro passato come non c’era mai stata prima: in tempi lontani la tradizione tramandata oralmente era conosciuta da più o meno tutti (e quasi sempre rispettata), mentre in tempi più recenti lo studio della storia vicariava almeno in parte la graduale perdita di tradizioni e di valori antichi, facendone almeno oggetto di studio e innalzandoli, spesso, a mete da perseguire o modelli da imitare.

Nel mondo attuale, popolato da individui che ignorano tutto o quasi della civiltà che li ha preceduti, rammolliti da decenni di consumismo, comodità e egoismo, diventa facile, quasi automatico accantonare valori “faticosi” come onore, lealtà, dignità, valori dei quali un tempo si conosceva, o almeno si intuiva la portata, l’utilità formativa a livello individuale e anche sociale (mentre oggi vengono semplicemente irrisi),  di fronte al “valore” della propria vita, del proprio benessere, della propria salute, della non discriminazione di nessuno sotto nessun aspetto e della tolleranza totale e assoluta nei confronti di tutto e tutti.

Tolleranza che però si sospende nei confronti di chi dissente da questa nuova tavola dei valori, perché a questa viene sacrificato tutto il resto, anche la libertà di opinione, la libertà di dissentire, la libertà di aderire ai vecchi valori tradizionali.

Come non pensare dunque che ci sia stato una specie di piano prestabilito, una sorta di manovra concordata atta ad abbattere consapevolmente i vecchi valori (convincendo le masse che tali valori erano inutili, stantii, superati), per rimettere, dopo qualche decennio di “anarchia”, tutti in riga secondo questi nuovi idoli fasulli, questi nuovi valori grotteschi.

Perché di ordine, di regole c’è bisogno, specialmente quando diventa necessario, come nel mondo di oggi, governato da pochi gruppi di super-ricchi e potenti e popolato da miliardi di individui, controllare e manipolare masse enormi di individui.

E – vedi caso – questi nuovi valori sono perfettamente funzionali al tipo di società desiderata dai potenti super-ricchi (e purtroppo ormai anche dalla massa, inebetita a suon di televisione, consumismo e comodità).

Ma proprio perché funzionali alla costituzione di un mondo sempre più “libero” sul piano del mercato e del commercio ma sempre più impositivo sul piano del lavoro individuale e del consumo, tali nuovi valori sono altrettanto costrittivi dei vecchi e forse di più.

Il problema è che la gente spesso non se ne rende conto, perché questi “valori” appaiono di solito nelle vesti ingannatrici di nuovi diritti, di nuove possibilità (di acquisto, di divertimento), di “non discriminazioni” o, tutt’al più, di regole necessarie per garantire la sopravvivenza del genere umano dopo decenni di consumismo sfrenato.

Ma la vera differenza rispetto ai vecchi valori è che dietro di essi si cela il vuoto. Il nulla.

Sono valori di carta.

La storia del politically correct e dei “valori” gender” sono un esempio paradigmatico dell’evoluzione qui tracciata così sommariamente.



Obsolescenza postmoderna

All’obsolescenza delle merci di oggi – così vantaggiosa per l’economia, incrementando il consumo e quindi la produzione – fa da riscontro l’obsolescenza dei valori spirituali del mondo attuale. In altri termini, si prediligono oggi le virtù “obsolescenti”, ovvero quelle qualità che servono per la propria vita, per rendere gradevole e “migliore” (in senso egoistico) la propria vita quali l’intelligenza, la capacità di piacere agli altri, la furbizia, l’ambizione, l’edonismo. Qualità che si esauriscono nell’arco di una vita, che non lasciano niente agli altri, né alla propria anima né alla comunità. Qualità obsolescenti, dunque.

Altre qualità, quelle che sono utili alla propria anima o alla propria comunità (qualità che portano ad esempio a fungere da modello, o che permettano di costruire qualcosa di duraturo – anche in senso materiale - per la comunità), ovvero qualità se non “eterne” almeno definibili “a lunga gittata” non vengono considerate, non vengono valorizzate, né applaudite.

Obsolescenza del mondo materiale e obsolescenza del mondo spirituale dunque: due fenomeni paralleli che nascono dalla stessa causa, ovvero dal fatto che non esiste più né anima né comunità. Anima e comunità sono le uniche due molle, gli unici due sproni (uno spirituale l’altro laico) che inducono l’uomo ad alzare lo sguardo da se e a lavorare per qualcosa che trascenda il proprio io. Senza di essi ci si ripiega sulla propria vita, per la quale servono, appunto, solo merci obsolescenti e valori obsolescenti.

Questi due fenomeni inoltre non possono che influenzarsi e potenziarsi vicendevolmente: comprare cose e buttarle continuamente diventa un atteggiamento che viene trasposto facilmente, direi quasi ineludibilmente anche se insensibilmente, al piano emotivo e poi a quello sentimentale e infine anche a quello spirituale, portando l’individuo ad optare per qualità e valori esclusivamente strumentali alla propria riuscita, al proprio successo o alla propria comodità di vita. E, come detto, per gli altri e per la sua anima non rimarrà nulla.

Questo atteggiamento nasce ovviamente molti secoli fa, probabilmente assieme all’umanesimo che ha messo l’uomo e la sua riuscita al centro di tutto, ma viene via via rinforzato dai lumi e dalla rivoluzione francese, dalla rivoluzione industriale e poi dal positivismo scientista dell’800. Ma solo adesso, dopo 60 anni di consumismo, è diventato moneta corrente e atteggiamento condiviso.

Al massimo si può assistere oggi ad una sorta di vacua nostalgia per i valori duraturi e veri ma non certo ad un’adesione che sia più che puramente emotiva e comunque strettamente personale ad essi: movimenti di massa (o almeno di un consistente numero di persone) in questo senso sono possibili solo ipotizzando che la struttura più profonda dell’uomo non sia cambiata nel corso di quest’ultimo secolo. Il che è tutto da dimostrare.



Un paese ostaggio di se stesso

È un paese che si è arreso il nostro, che ha barattato la propria dignità con un'offerta morale in continua evoluzione e funzionale alla stessa mano che l'ha proposta. Un paese che come modus vivendi rasenta la sopravvivenza, una masochistica sopravvivenza da cui inizia ad esserne dipendente o, forse, lo è sempre stato. Preda, vittima spesso inconsapevole di una telenovela non più argentina come negli anni ottanta ma rielaborata come interattiva, come reality dove, negli spazi pubblicitari, appare la televendita istituzionale suggerente i termini e la tipologia di dibattito. Un paese senza limiti (quasi fosse un diritto) e che negli anni, dell'ipocrisia ne ha fatto il suo più bel vestito ed ora, oltretutto, è all'ultimo grido. Si sta trasformando palesemente in un paese bandiera, soggetta ed influenzata da ogni genere di vento soffiato qui. La chiara ingerenza globalista, settorizza, suggerisce ed impone ideologie mascherate da valori in un terreno già poco solido di per sé per natura ma che con il boom economico del non proprio recente passato aveva in qualche modo trovato un certo equilibrio sociale, una sorta di autostima che però non appena iniziò a consolidarsi interruppe la sua evoluzione incanalandosi in un tunnel di declino social economico della moneta unica europea. Non stupisce ma preoccupa parecchio come nelle giovani generazioni il processo di deculturazione e semplificazione nonché l'impoverimento del pensiero, determini una perdita, strada facendo, di lungimiranza, progettualità e sani principi di umana convivenza per lasciare il posto a futili attitudini e al servilismo più bieco. Di fatto ci troviamo di fronte ad individui parzialmente plasmati per una vita al limite della zootecnia, mercificati e resi inutili. È davvero questo il paese che vogliamo, un paese di cittadini che all'aperitivo, spritz in mano, si preoccupa e polemizza sul parka da 12000 euro indossato da Putin piuttosto di dar peso allo smantellamento programmato del tessuto economico e produttivo nazionale? È veramente questo il paese che volete lasciare ai vostri figli? Se la risposta è sì, o siete esemplari femmina di quokka oppure la viltà è una componente della vostra esistenza. Ognuno abbia il Mangiafuoco che sceglie.



Consolidamento

Consolidamento. È questa oggi la parola d'ordine. Se all'inizio fu necessario uno shock per distruggere il conosciuto senza che nessuno osasse ostacolare il processo di ricostruzione, oggi, mattone dopo mattone, tassello dopo tassello, le basi debbono essere rinforzate, i bastioni resi ancor più inespugnabili.

Il nuovo ordine, edificato con enorme sforzo propagandistico e con un dispiegamento di forze inaudito, deve ora necessariamente cristallizzarsi, amalgamarsi con la vita, riplasmare abitudini e quotidianità, passare da straordinario ad ordinario. Nella cementificazione del paradigma autoritario odierno, in cui si rigenerano istituti anacronistici che sembravano sepolti nei meandri polverosi della storia, il conflitto in Ucraina ricopre sicuramente un ruolo chiave. In un momento in cui la narrazione pandemica, tra lasciapassare e punture forzate, sembrava oramai aver smarrito la sua vis originaria, il cambio di rotta bellico sembra più che mai funzionale a corroborare l'ordine costituito, a soffiare sul fuoco della perenne emergenza, a non perdere il terreno sino ad oggi conquistato. Lo schema seguito è il medesimo: un nemico da combattere con ogni mezzo ed ad ogni costo, sacrifici, un capro espiatorio da dare in pasto a masse frastornate ed isteriche, propaganda incessante e mistificazione della realtà. Non contano nulla umanità, democrazia e solidarietà. Contano ancor meno le analisi geopolitiche di eminenti professori da salotto e le manipolazioni mediatiche dei pennivendoli con l'elmetto. Tutto, oggi, sembra esser programmato per consolidare quanto venuto in auge in questi due anni di sconvolgimenti, per continuare a riorganizzare la società secondo schemi ed agende ax ante partoriti, che avrebbero rischiato di affievolirsi, deteriorarsi od andare perduti senza l'avvento di una "nuova" crisi, di un'altra strategia di dominio e terrore. Dal virus alla guerra, dal lockdown all'inflazione, dai novax ai russi, dalla crisi sanitaria a quella energetica, il passo è stato brevissimo. L'assalto all'uomo ed alla sua natura continua sempre nelle stesse modalità, con la fragile e ridicola scusa del bene comune e della salvezza del genere umano. Le tempistiche, oramai, lasciano poco spazio ai dubbi. Se l'inverno passato è stato duro, il prossimo non sarà da meno.

Oramai abbiamo la scorza dura. Coraggio e sangue freddo.



Intervista per Byoblu

" Il pensiero critico ha subito una vera e propria involuzione e gli ultimi due anni ne sono un esempio lampante. Dieci anni fa c’erano già i segnali che avrebbero potuto metterci in allarme sul presente che stiamo vivendo? Ne parliamo con i fondatori di Weltanschauung Italia, a partire dal loro ultimo libro."


LINK:

https://www.byoblu.com/2022/03/22/dieci-anni-di-involuzione-del-pensiero-critico-lanalisi-di-weltanschauung-italia/



Libertà con un Qr Code?

La parola libertà è molto abusata in questi tempi e merita una riflessione che oggi si tende a rimandare.

Innanzitutto una domanda fondamentale: esiste una società in cui i cittadini sono veramente liberi, ossia privi di condizionamenti? Il vivere associato non è per definizione un sistema di compromessi e di equilibrio tra la volontà individuali e le esigenze collettive?

Dovremmo quindi chiederci quale sia la differenza qualitativa tra l'attuale sistema di limitazioni e il precedente, al punto da farci vivere la condizione attuale come profondamente innaturale, vessatoria e coercitiva.

Crediamo che la differenza sia che l'attuale sistema verta su una sostanziale disumanizzazione.

Intravediamo un regime dell'inumano a cui la nostra umanità si ribella. Il potere sta divenendo sempre più impersonale e meccanico, si sta spersonalizzando.

Allo stesso modo pure il cittadino tende ad essere ridotto a materia e numero, a una risorsa sociale disponibile e modellabile secondo le necessità che il potere ritiene opportune.

Il problema non è se è possibile essere liberi con un qr code, ma divenendo noi stessi un qr code.



I nuovi moralizzatori

Che a parlare sia un medico, un giornalista o un politico, ciò che colpisce in maniera particolare della retorica dell'era pandemica è un costante appellarsi del loro linguaggio a categorie etiche e morali che esorbitano ampiamente dagli ambiti in cui il rispettivo discorso era di norma circoscritto. Certo, il medico fu in passato il miglior confessore del paziente; il giornalista difese i buoni costumi del paese a cui si rivolgeva; il politico espresse con il proprio governo il senso comune dello stato che governava. Erano tuttavia altri tempi, in cui, lo si ritenga opportuno o meno, la vita sociale era improntata a una visione e a un retaggio comuni, e il relativismo era ancora appannaggio di una ristretta élite intellettuale, che lo coltivava come manifesto ideologico nella penombra dei propri salotti. Ben diversa era invece la situazione degli ultimi decenni, in cui la questione etica era stata accantonata in un generale clima di laicizzazione e pensiero debole, per essere relegata a competenza della mera sfera privata. La troviamo oggi riaffiorare pubblicamente con forza, al di fuori di qualsiasi seria problematizzazione, e già risolta in un apparato di formule banali e ricorsive, violentemente affermate come patrimonio comune sottratto alla critica.

Vorremmo ricordare che, se per morale si intende il complesso di norme che adeguano al bene il comportamento e il giudizio umani, l'etica invece ne rappresenta la dimensione collettiva e pubblica.

Potremmo dire che l'etica è, in senso proprio, la morale di un essere umano in quanto appartenente a un gruppo o ad una società. Sembrerebbe dunque che il riproporre un linguaggio etico e morale nel discorso pubblico indichi una diffusa e partecipata ricerca del bene. La nostra società è giunta infine a oltrepassare le proprie incertezze e a riconoscere un fondamento solido su cui poggiare i propri imperativi?

Non lasciamoci ingannare. A metterci in allerta sui propositi tutt'altro che benevoli del presente sono ad esempio fenomeni sociali divenuti endemici come la rabbia e la diffidenza verso il prossimo, fomentate dagli stessi promotori della nuova moralità. E' importante notare che non esiste nessun orizzonte comune che permetta di fondare nel presente un'idea del bene sufficientemente solida da reggere un sistema etico come, ad esempio, avveniva nell'eone cristiano. L'unica ideologia che oggi appare essere socialmente influente è quella scientista, che tuttavia in base ai suoi presupposti è avulsa a qualsiasi questione di ordine morale e metafisico. L'unico imperativo che lo scientismo è in grado di riconoscere è quello orizzontale dell'efficientamento. In quest'ottica, lo scientismo non chiede di essere buoni, ma di comportarsi bene, ossia assecondare ed omologarsi alle esigenze del sistema tecnico-produttivo.

Paradossalmente, se per comportarsi bene fosse necessario compiere atti che il sentire comune ritiene malvagi, lo scientismo non esiterebbe a prescriverli, non avendo come fine null'altro che la preservazione e lo sviluppo del proprio ordine. Che la direzione imboccata sia questa, si può notare quando ad esempio all'insegna della ritrovata eticità si incoraggiano apertamente atti riprovevoli come la delazione e la discriminazione.

Diffidate dei nuovi moralizzatori. Parole come responsabilità e dovere sono oggi utilizzate dal potere come dispositivi ideologici necessari a confermare e cementare lo status quo. Disinnescarli significa tornare a interrogarsi radicalmente sul bene, sul giusto e sul vero, oltrepassando l'utile e l'efficace alla ricerca di nuovo del senso.




Di guerra in guerra

Nonostante ci siamo occupati più volte di quanto accade da anni nel Donbass, seppur siamo consapevoli di tutte le istanze geopolitiche in gioco, non sventoliamo bandiere pro o contro la Russia.

Una certa controinformazione sta lavorando al contrario, il mainstream dice che la Russia è il male nel mondo? Bene, loro affermano che sono il bene, l’ultimo baluardo contro il nuovo ordine mondiale.

Letture banali, semplificazioni di quanto accade.

Non si possono considerare pandemia e conflitto eventi scollegati. Le tempistiche, le modalità, gli scopi perseguiti dalle due potenze che si stanno in qualche modo concretizzando, il meccanismo delle sanzioni che ci porterà in Italia dritti al collasso lasciano intendere che non ci sono buoni e cattivi, bensì pedine che recitano delle parti per portare avanti una agenda globale.

   

“ Chi pensasse che le cose accadono per una grottesca e informale casualità - e ne abbiamo di tali "analisti" - è bene che faccia i conti con alcune considerazioni.

La pandemia è stata una strategia forzata di rieducazione delle masse propedeutica all'innesto di alcuni riflessi condizionati condivisi. Un vero e proprio campo di rieducazione.

Ci spieghino, in ordine sparso:

1. I lockdown. Arresti domiciliari coattivi e di massa, totalmente ingiustificati da un punto di vista sanitario.

2. Forza pubblica onnipresente nelle strade. Atteggiamenti di bullismo marziale verso vecchiette e passeggiatori solitari.

3. Code, file, turni. Una formidabile riplasmazione delle abitudini in chiave costrittiva, di cieca e paurosa obbedienza.

4. Droni a sorvolare luoghi perfino isolati come spiagge, parchi, boschi. Uno spiegamento di ultratecnologia di sapore militare e totalitario.

5. Chiusura locali e coniugazioni colorite come la possibilità di solo asporto, che ha generato nella psiche collettiva un immaginario molto simile alle code per ottenere la propria "razione" in tempi di guerra.

6. Coprifuoco. Inutile anche solo commentarlo.

7. Formalizzazione e normazione di un lasciapassare per poter esercitare diritti elementari, incluso il lavoro.

8. Zone Rosse. Recinti presidiati fisicamente ma molto più virtualmente che hanno impresso nella psiche collettiva l'idea di chiusura, di prigionia marziale, di recinzione coattiva.” (Uriel Crua)





Italia 2049

Italia, 2049. 

L'afa è insopportabile. Il vento caldo, che entra a folate dalla finestra semichiusa del monolocale ad affitto calmierato dove alloggi oramai da dieci anni, rende l'aria incandescente fin dalle prime luci del mattino. Sono le 6.30. Le lenzuola, madide di sudore, sembrano avvolgerti, soffocarti, si attaccano alle tue membra ancora intorpidite, quasi fossero le bende di una mummia. Ti rigiri nel letto, ma il sonno, oramai, è spezzato. I ferrei protocolli per la crisi energetica non ti consentono di accendere l'aria condizionata prima delle 15. Decidi, perciò, di alzarti prima della sveglia. Di fuori il silenzio è assordante: non un rumore, non un brusio, non un vociare umano. Tutto è immobile, granitico, spettrale, quasi fosse la quiete prima della tempesta. La calma, irreale, prima della battaglia. Il tuo smartphone vibra. Sono arrivate le informazioni che attendevi sull'incarico che il ministero del lavoro ti ha assegnato, integrando, anche se non di molto, il reddito universale che percepisci ogni mese. Ti vesti velocemente, devi raggiungere l'altra parte della città entro due ore. Il pullman destinato al trasporto dei lavoratori giornalieri contattati è a pochi minuti da casa. Gli orari sono rigidissimi. Non sono ammessi né ritardi, né rifiuti per quanto concerne l'impiego, pena l'esclusione dal sistema e la perdita del sussidio. Esci di casa, senza fare colazione. Ti verrà servita una volta giunti sul luogo, come da protocollo. Arrivi alla fermata in pochi minuti. Un nutrito gruppo di persone, di varie etnie, mascherate e provviste di Qr code, formano uno sciame disomogeneo, vibrante, ma al contempo ordinato, rassegnato, silenzioso. Misurata la temperatura e verificata la validità del pass dagli addetti ai controlli, si sale a bordo. Nessuno conosce l'attività che dovrà svolgere. Verrà, brevemente illustrata, tramite registrazione, durante il tragitto. Metallica, aliena, quasi proveniente da un'altra dimensione, la "voce del padrone", come viene appellata tra gli incaricati, dà le direttive. Anche oggi ti tocca la raccolta delle verdure e della frutta di serra destinata alla grande distribuzione. Odi quell'impiego, eppure non hai scelta. Arrivati sul posto, viene servita la colazione: barretta alla farina d'insetti e latte di soia. Il grano, ed i suoi derivati, dopo la crisi del 2022, sono stati sostituiti. Dopo il pasto, consumato in fretta, si inizia. La tuta da lavoro ti stringe il petto, togliendoti il respiro. L'odore chimico, asfissiante, del diserbante utilizzato nella serra attanaglia la tua gola, come le chele di un enorme granchio, causandoti un senso di smarrimento. La sirena segna l'inizio del turno. Meccanici, in fila, con i volti inanimati, coperti da enormi maschere, i raccoglitori procedono spediti, senza soste, come automi incapaci di percepire emozioni, o stanchezza alcuna. Dopo due ore di manodopera, qualcosa non va. La temperatura, all'interno, è altissima. Il tuo corpo, indebolito dal caldo e dalla fatica, inizia a dare segni di cedimento. Prima la schiena, poi le mani...il dolore è forte, duraturo, insopportabile. Intorpidito, quasi paralizzato, cerchi di richiamare l'attenzione di un supervisore. I tuoi "compagni di viaggio" non danno segni di vita. Procedono spediti, senza tregua, non degnandoti neanche di uno sguardo. L'addetto al controllo, notando il tuo stato, ti richiama all'ordine. "Numero 29, cosa accade? Perché si sta fermando? Non sono ammesse pause prima della terza ora!!". Il suo tono è grave, i suoi occhi, celati da dei piccoli occhiali scuri, privi di pietà.  "Nulla, non succede nulla", rispondi con un filo di voce, "procedo con la raccolta". Non ti puoi fermare, ti costerebbe troppo caro. Verresti automaticamente estromesso dal sistema e ti verrebbero decurtati due punti dal lasciapassare. Ancora uno e la fornitura elettrica si abbasserà ulteriormente di altri kilowatt, lasciandoti quasi a secco. "Bene...allora proceda n. 29, e non indugi oltre. Il paese ed il sistema produttivo hanno bisogno di lei! Non batta la fiacca!!". "Non si preoccupi..", rispondi solerte, mordendoti il labbro inferiore per attenuare la sofferenza, "Anzi, ringrazio il ministero per l'opportunità che mi ha concesso.."