Nel 1957, Isaac Asimov pubblicava "Il Sole
Nudo", secondo capitolo del ciclo dei Robot. Un testo poco noto in cui
viene immaginata una società, il pianeta Solaria, con gli abitanti terrorizzati
dal contatto fisico e confinati nelle loro dimore. Questi solariani vivono in
un mondo dove il contatto fisico è tabù, dove ogni interazione avviene
attraverso la "visione" (ologrammi tridimensionali) e dove la
"presenza" reale è ormai considerata volgare e pericolosa.
Asimov non si limitava a immaginare l'isolamento
fisico. Descriveva una società dove la tecnologia aveva creato una dipendenza
totale: i solariani non riuscivano più a concepire l'esistenza senza i loro
robot e le loro protezioni tecnologiche.
La società di Solaria era nata dal desiderio di
"sicurezza": eliminare malattie, conflitti, disagi emotivi. Ma questo
paradiso sterile condusse all'atrofia dell'umanità stessa. I solariani erano
diventati incapaci di emozioni genuine, di creatività, di crescita
personale.
Ma un in mondo dove i bambini giocano più con i
tablet che all'aperto, dove le relazioni nascono e muoiono sui social media,
dove per molti il mondo digitale è diventato più confortevole di quello reale,
dove gli smartphone sono diventati estensioni del corpo e l'intelligenza
artificiale prende decisioni al posto nostro, cosa ci fa pensare che lo
scenario descritto da Asimov sia qualcosa che vada oltre la fantascienza? I
solariani con i loro robot delegavano sempre più aspetti della loro vita alla
tecnologia e atrofizzavano man mano le loro competenze, ma, ehi, cosa ci fa
credere che stiamo lentamente scivolando verso Solaria? Suvvia è solo
fantascienza di un visionario.
Ne "Il Sole Nudo" Asimov suggeriva che in
futuro il progresso tecnologico avrebbe trasformato i nostri strumenti di
liberazione in catene invisibili. Che ingenuo questo Asimov.