Intervista Skoll


Ciao Federico, abbiamo letto volentieri il tuo ultimo libro. Al suo interno hai già specificato le ragioni per cui hai deciso di scriverlo, pertanto saltiamo la domanda di rito e cominciamo dal nuovo brano omonimo “Questo mondo non basta”. Canti “La forza di volontà è una questione di testa e di cuore di lacrime di buon umore”, non credi che paradossalmente la situazione politica attuale possa divenire l'input per rafforzare proprio le qualità di cui parli?
Se analizzassimo l’attuale situazione politica italiana, ancor prima che quella europea, da una prospettiva teorica, ti risponderei che in fondo non tutti i mali vengono per nuocere. Sul piano pratico, però, la disgregazione in atto, scientifica e pianificata, del tessuto sociale italiano e di quel poco che resta di un carattere nazionale non avrà grosse conseguenze. In Italia non esiste alcuna propensione, tendenza spontanea al cambiamento dal basso. Inoltre, bisogna partire dal presupposto che la furbizia di chi governa permette di colpire duramente aspetti della vita di ognuno, benessere reale e concreto, che tutti noi non avvertiamo direttamente, immediatamente, lucidamente. La contingenza, quello che poi interessa al cittadino medio, è più o meno salva (anche se fortemente intaccata) a discapito di interventi strutturali che pagheremo in maniera irrimediabile nel tempo. È una sorta di punto di non ritorno che sfugge ai più.  In fondo, parliamoci chiaro, alla moltitudine interessa continuare a comprarsi un SUV a 800 rate piuttosto che sapere di non avere più un posto a disposizione, nel caso servisse, in un ospedale pubblico. L’uomo medio ragiona così: oggi la televisione tridimensionale per il sollazzo della famigliola o domani un’Università accessibile per mio figlio? Meglio la prima. Sia chiaro: io non dico che non si pensi del tutto ai veri problemi. La mentalità, però, è del tipo: “oggi è così, domani vedremo. Tanto, poi, perché mai dovrei avere bisogno della sanità pubblica? Ho sempre goduto di ottima salute!”. Questo genere di menefreghismo, egoismo e qualunquismo, unito all’intelligenza diabolica dell’economia che si è letteralmente ingoiata la politica, permette di poter distruggere tutte le strutture sociali senza che si scateni una reazione dal basso. L’unica via di fuga è tornare alla politica. Quella che piega l’economia a proprio piacimento. Che poi, nell’ordine naturale delle cose, è il nostro piacimento; quello della comunità, della nazione. Non sto parlando di miraggi, oasi nel deserto o politiche lunari. Piuttosto di realtà possibili e che sono sempre state considerate “normali”, ordinarie. Almeno in Europa. Oggi potrei parlare della Russia. Potrei, più semplicemente, tirare in ballo anche politici italiani con senso dello stato e dignità come Bettino Craxi. Guardacaso, almeno qui in Italia, proprio il tipo di politico additato come responsabile del “presunto” disastro che sta vivendo la nostra economia. Un mare di bugie. Spread su, borse giù, stasera si muore. Idiozie di un’economia che non esiste. Invenzioni, senza alcun fondamento reale, buone per mantenere la gente sul filo del terrore. Ogni giorno. In modo, così, da farle accettare ogni tipo di sacrificio economico e sociale di tipo “strutturale”. La fandonia economista di questi bankster, padroni incontrastati del nuovo millennio, è una barzelletta buona per i manicomi.
La tua musica non si è mai ridotta al filone contestatorio, bensì ha sempre trasmesso i valori in cui credevi, attraverso storie di eroi del passato, tragedie ed esprimendo le sensazioni scaturite dall'epoca in cui vivi. Puoi dirti soddisfatto del tuo percorso artistico?
Quello che dici in merito al filone contestatorio è assolutamente corretto. Personalmente ho sempre inteso la musica come uno strumento positivo, propositivo. Tra le pagine di “Questo mondo non basta”, invece, mi sono un po’ allargato. Una delle ragioni di questa scelta è data dalla natura stessa della forma “canzone”: per quanto contestare sia apparentemente facile, riuscire a farlo in pochissimi minuti e con una metrica precisa non lo è affatto. Il rischio letale di rimanere banalmente sulla superficie delle cose è alto. Ovviamente, esistono tantissimi esempi che mi smentiscono. Uno su tutti, “Come mai” dei SottoFasciaSemplice. Un vero capolavoro… quando ascolto questa canzone penso che mi sarebbe piaciuto scriverla io! Come detto, però, io ho una naturale propensione a comporre in positivo. Non è sempre una scelta. È la a cosa che mi viene più spontanea. Inoltre non bisogna pensare che le due cose siano molto distanti: proporre dei modelli positivi è una forma di profonda contestazione. Magari più nascosta e meno ovvia, meno diretta. Ma rappresenta l’idea stessa di un’elite che con il sacrificio, con lo stile, con la forza, la bellezza annichilisce la mediocrità che la circonda e offre gli strumenti, ai volenterosi, di ispirarsi ad essa e migliorarsi. Riguardo al mio percorso artistico, invece, posso ritenermi assolutamente soddisfatto. In questi anni ho realizzato tutto quello che mi ero prefissato. E non è ancora finita. Ho avuto la fortuna di collaborare con un musicista come Fabio Constantinescu che con la sua bravura ha reso possibile tutto questo. Gliene sarò sempre grato. In questi anni ho fatto tanto. Suonato, inciso, cantato per migliaia di ore. La RTP ha creduto fin dall’inizio, mi ha sostenuto e mi ha fornito un supporto fondamentale. Più di così non avrei potuto fare, fisicamente. In fondo, non bisogna dimenticarlo, questo non è un lavoro! Sono un dilettante, un appassionato. Un dopolavorista!
Il tuo primo pezzo in assoluto “Siamo Solo Cuore”, oltre ad avere un testo emozionante, è secondo noi una fotografia perfetta del tuo slancio iniziale che ti ha poi portato a diventare uno degli artisti più apprezzati nel tuo ambito. Hai in programma una nuova incisione per questo storico brano?

“Siamo solo cuore” è una canzone alla quale sono molto legato per ragioni personali. Quello che dici mi stupisce positivamente perché, in effetti,  quello che sta dietro al brano è proprio sintesi dell’energia, della naturalezza e della motivazione iniziali. Purtroppo, la canzone soffre di un arrangiamento che aveva ridotto, e di molto, la spontaneità e la forza originaria. Per questa ragione, l’ho sempre considerato un brano maltrattato che avrebbe meritato qualcosa di meglio: solitamente non mi capita, ma con questa canzone, invece, spesso mi viene in mente proprio l’idea di farne una nuova versione. Chissà…

Il tuo attuale ultimo disco Armilustri Absinthium ha segnato un ulteriore maturazione , uno dei pezzi che più abbiamo apprezzato è stato il conclusivo “La spada”. Una strepitosa e breve poesia fuori tempo. Puoi dirci qualcosa in merito?
“La spada” non è che la sintesi della via marziale. Uno dei più importanti insegnamenti che ho ricevuto dal kendo, la scherma giapponese, chiude questo brano: la strada per la perfezione, la strada per la serenità, passa inevitabilmente dall’abbandono del superfluo. Per crescere bisogna alleggerirsi. Per stare meglio bisogna potare i rami secchi e inutili. La spada ti insegna questo: lascia a casa i problemi, lascia a casa la mente, lascia a casa i tecnicismi accademici, i trucchi dell’agonista… Solo così il taglio sarà efficace. Questa è la spada. La spada è metafora simmetrica della vita. Ciò significa che il miglioramento passa dal prendersi cura della sostanza delle cose lasciando sulla strada il superfluo. Se vuoi raggiungere una cima in montagna, per fare un esempio, non devi preoccuparti di comprare lo zaino firmato o la scarpa tecnica. Puoi farlo, ma non devi limitarti a questo diventandone schiavo. Devi mirare al centro, al cuore delle cose. Concentrarti e mettere a fuoco. Se manchi tu, nello spirito, nei polmoni, nelle gambe, nella fatica, nella sostanza, non ci sarà zaino leggero o materiale tecnico a farti salire. Questo vale in ogni cosa. Tutti avvertiamo un senso di leggerezza e di serenità quando riusciamo, anche solo per un istante, a rinunciare al superfluo che ci circonda. È l’impresa più grande. Più difficile. Ci riusciamo difficilmente ma dobbiamo provarci. “La spada” si chiude così: da un blocco informe di marmo il modo per ottenere la bellezza di una statua non è aggiungere materia ma toglierla con lo scalpello.
I tuoi brani sono molto “celebri” in rete, volendo negli anni avresti potuto virare verso una popolarità maggiore, invece hai scelto di rimanere coerente e limpido con la tua proposta. Quanto è importante per un artista oggi avere la completa libertà di espressione? Sembra interessi a pochi oramai..
Il destino di un uomo è una cosa strana perché è un impasto di scelte e di inevitabilità. La cosa più importante è non limitarsi a guardare la seconda componente: in questo modo, altrimenti, la vita diventa un’immobile accettazione degli eventi da parte di chi non fa nulla per cambiare le cose e costruirsi un futuro a sua immagine. Bisogna fare di tutto, invece, prima che l’inevitabile si presenti. Il destino, almeno in parte, resta una nostra costruzione. Anni fa ho fatto delle scelte. Ad essere sincero non posso dire che se ne avessi fatte delle altre, musicalmente più commerciali, le cose sarebbero andate bene. Come ho già detto, oggi la musica non mi dà nulla in termini economici ma rende tutto, proprio tutto, sotto altre forme. Purtroppo oggi l’uomo è abituato, quasi costretto, a considerare la qualità delle cose esclusivamente dalla forma e resa economica. In questo, non c’è che dire, 12 anni di Skoll sono stati un bel fallimento! Il mio destino musicale, comunque, ha rispettato pienamente le sue “componenti”: “scegliere” un percorso di assoluta libertà espressiva e pagarne “inevitabilmente” le conseguenze di impopolarità.
Hai in programma un nuovo disco?
Sì. L’ho già scritto tutto. I tempi, però, non saranno brevi perché bisognerà studiare bene gli arrangiamenti e dovremo curare attentamente le varie fasi della produzione. Un disco, se fatto come si deve, ha tempi abbastanza lunghi. In più, non potendo dedicargli l’intera giornata a causa del lavoro, io, Fabio e Davide dobbiamo lavorarci di notte o nei ritagli di tempo. Ci vorrà qualche mese. Sarà un disco rock e sarà, credo e spero, la massima espressione dell’epica che in questi anni ho rincorso tra personaggi storici e grandi imprese. Non svelo i temi delle singole canzoni ma questa mia ottava produzione sarà nuovamente una sorta di concept album. La tematica, in risposta ai miserabili tempi che stiamo vivendo, sarà l’Italia.
Nell’ultimo capitolo del tuo libro citi il film Gattaca e la scena in cui Vincent batte il fratello a nuoto per mettere in risalto la metafora del superamento di sé. Nessun razionalista moderno può spiegare la vera forza interiore dell’uomo… “questo mondo non basta”?
In questo senso non saprei darti una vera e propria risposta. Io credo che l’uomo sia un essere enormemente sottovalutato dal punto di vista spirituale.  Le potenzialità dell’uomo sono enormi quando la volontà costringe l’intelletto a superare il senso di sopravvivenza dell’ordinario.  Ci sono innumerevoli esempi che lo provano. Vincent batte il fratello perché se ne frega della sopravvivenza proprio mentre l’altro, fisicamente perfetto, lascia che il cervello con le sue paure tenga i giri del motore in una zona di sicurezza. Le grandi imprese sono figlie del superamento dell’ordinario. È inevitabile. Non c’entrano le religioni. È un fatto umano e di questo mondo. A meno che non si creda, come credo io, che ciò che l’uomo chiama Dio sia dentro ogni atomo dell’universo. Uomo compreso.



Il divismo in "Re per una notte" di Martin Scorsese

Re Per Una Notte è una delle migliori pellicole di Martin Scorsese, nonostante sia uno dei film meno considerati nella filmografia dell’italoamericano.

Nel 1983, il regista anticipava sul grande schermo la smania del divismo mediatico che al giorno d’oggi è divenuta oramai normalissima routine.

La trama vede un aspirante commediante, il grottesco Rupert Pupkin (Robert DeNiro), che spende il suo tempo nel mettere in scena spettacoli comici davanti ad un pubblico di cartone. Ossessionato dal celebre attore televisivo Jerry Langford (un abilissimo Jerry Lewis), comincia a pedinarlo nel tentativo di illustrargli i suoi progetti, dando così il via alle più sfrenate fantasie su una improbabile carriera da showman.

Il duro scontro con la realtà dei fatti costringerà però Rupert a prendere drastici provvedimenti..

Il Pupkin scorsesiano non è altro che un Travis Bickle che liberatosi dalla noia esistenziale metropolitana, focalizza la sua paura del “non essere nessuno” sulla possibilità di apparire in tv. 

Per emergere dalla mediocrità e dall'anonimato cittadino, egli tenta di essere qualcuno, di essere riconosciuto, di farsi approvare, solamente che questa volta, invece di ripulire la città con violenza, tenta di apparire in uno show televisivo.

Straordinario il lavoro di tratteggiamento della psicologia instabile e complessa di Pupkin, e strepitoso per l’ennesima volta Robert De Niro che si immerge nel personaggio in maniera minuziosa fornendo probabilmente la sua miglior interpretazione della carriera.

Il suo percorso verso il delirio viene ripreso in maniera lenta e graduale, senza mai alzare i toni della vicenda, ed in un' evoluzione narrativa sempre più assurda, viene mostrata la lucida determinazione del protagonista verso il suo obiettivo finale.

Il modo con cui vengono gestite le scene più imbarazzanti e la negligenza di Pupkin sono il magistrale frutto di una regia efficace e mai invadente, una macchina da presa che non prende mai il sopravvento su storia e recitazione, mantenendo così in perfetto equilibrio l’intero film e creando un costante senso di straniamento.

Lo humour presente è lontanissimo dalle classiche commedie americane, anche se a dir la verità, si percepisce il profumo di Blake Edwards alle fondamenta della struttura.

Lo stile si concilia perfettamente con i contenuti, la messa in scena generale ed i movimenti di macchina risultano del tutto funzionali alla drammatizzazione. L’impersonalità della regia trasmette una sensazione di alienazione. Un esempio? Quando viene ripresa l’immagine televisiva dello show di Langford, essa è sempre statica e senza profondità, ed è dunque lo stesso video che si fa portatore di contenuti degenti e massificanti.

Re Per Una Notte naviga per tutta la sua durata tra realtà e sogno, specie nella prima parte, dove questa opposizione diviene una caratteristica principale anche grazie all’ottimo lavoro in sceneggiatura di Paul Zimmerman con i suoi ambienti sempre molto curati ed in bilico tra il reale e il televisivo.



La fine di Von Thronstahl


I Von Thronstahl sono il progetto musicale dei due fratelli Josef Maria Klumb e Bernhard.
Nati nel 1995 dalle ceneri dei Forthcoming Fire, i tedeschi hanno prodotto negli anni ben 7 dischi e vari split.
I riferimenti principali sono Death in June e NON, ma la loro proposta è votata più verso sonorità marziali/militaresche che non sul Neofolk.
Abbiamo incontrato Josef Klumb per farci raccontare le impressioni di quasi 20 anni di Von Thronstahl e per fare quattro chiacchiere sul futuro.
Ciao Josef, inanzitutto grazie per la disponibilità. E' in uscita il nuovo "Corona Imperialis", ce lo presenteresti gentilmente?

Prego!
Corona Imperialis prende spunto dal titolo Imperium Internum, il nostro primo disco.
Il titolo è una metafora della realizzazione del proprio sé interiore. E’ un cd che esce postumo, che segna la fine e la redenzione di Von Thronstahl. E’ il ritorno all’ Imperium Internum, al nostro “Reich interiore”, negli anni trovato e poi perduto nel mondo manifesto.
Con Corona Imperialis si conclude definitivamente il progetto Von Thronstahl.

Non sapevamo fosse l'ultima uscita targata Von Thronstahl, ci hai spiazzato. In ogni caso ritorneremo sui perchè di questa scelta nel corso dell'intervista.
Gli ultimi Sacrificare e Germanium Metallicum han visto incrementare la componente strumentale. Il suono è divenuto più ricco, maturo e completo rispetto al passato. Se tu potessi tornare indietro nel tempo, i bellissimi E pluribus unum e Imperium Internum li faresti suonare allo stesso modo?

Certamente si.
Io penso che ogni disco vada contestualizzato in base alle circostanze ed agli umori del tempo in cui è stato registrato. I primi lavori che citi furono composti in maniera molto minimale a livello tecnico, ma le atmosfere erano più romantiche, più interiori, forse più profonde. Sono molto contento che E pluribus Unum e Imperium Internum suonino così puri e poco “heavy”.
Poi col tempo abbiano cominciato a suonare in maniera più professionale curando di più la parte strumentale, le sonorità di conseguenza sono divenute più complete e più votate alla descrizione del mondo esterno.

Gli arpeggi acustici, le parti orchestrali e le cadenze marziali dal sapore nostalgico della vostra musica sono note fuori tempo, ma danno un grande sollievo a chi si sente distante dalla modernità. Cosa hai tentato di trasmettere in tutti questi anni con Von Thronstahl?

Probabilmente attraverso la musica ho cercato di far rivivere il fuoco della tradizione, ma è evidente che non era possibile immettere troppe idee “vecchie” in una concezione del mondo come quella odierna.
Tramite una visione metafisica, ho cercato di non prendere residenza nel presente, guardando con nostalgia vecchi tempi e vecchie leggi. Ciò non significa che io abbia tralasciato le responsabilità del presente, un presente da affrontare senza malizie, senza spirito di contesa e senza mai ignorare ciò che è più grande di noi, che è oltre la comprensione.
Il tentativo Von Thronstahl si è però concluso con un’ implosione, con un collasso e un finale amaro.
In un ordine di cose in cui la strada tradizionale è divenuta conformismo, mi sono dovuto confrontare con tante bugie e con gente che si auto-ingannava dietro maschere tradizionali tramite storielle così false che inevitabilmente si entrava in collisione. Tutto ciò non è stato piacevole e così ho preferito prendermi del tempo per pensare.
Oggi la situazione mondiale attuale ci indica che non è il momento della semina o del raccolto, siamo in una fase intermedia.
Non c'è più tempo per me di guardare indietro e di cogliere retro citazioni della storia, ho bisogno di riflettere sulla creazione di ciò che è ancorato al di sopra e al di là del tempo.
Sento che verrà scritto un nuovo grande libro nella storia. Non soltanto un capitolo, come le ultime decadi di età, ma proprio un nuovo libro di storia del mondo, che potrà così ricominciare a germogliare dopo la tempesta.
L’esperienza artistica Von Thronstahl è così giunta alla conclusione, mi sono reso conto che l'essenza di 10.000 anni, l'essenza della Tradizione, non erano più grandi del mio cuore e della mia anima.

Josef quanti problemi hai incontrato durante la tua lunga carriera musicale per via delle tue idee? Però nulla ti ha scalfito negli anni, anzi disco dopo disco sei diventato sempre più esplicito...

I problemi sono stati infiniti. Sono stato in guerra contro tutto e tutti, il mondo, il tempo e anche me stesso. Ho combattuto una guerra illusoria destinata alla sconfitta.
Si ho perseverato, sono stato testardo. Spesso a stare in prima linea ci si tempra, è un percorso trasversale di vita che non siamo abituati a considerare come sentiero, ovviamente provoca problemi.
Ma d’altronde le crepe nella mia intera matrice ideologica erano molto grandi anche perché gli ultimi 10.000 anni di storia sono stati all’insegna della distruzione e della rovina.
C’è solo una via d’uscita a fronte di tutto ciò, cercare di essere se stessi, fare un percorso interiore verso una visione della vita più elevata, verso un mondo regolato in maniera trascendente.

Hai suonato alcune volte in passato nel nostro paese. Come ti sei trovato? Cosa ne pensi dell'Italia e della sua storia?

Roma e l’Impero Romano sono coinvolti in tutte le nostre memorie. Ricordi di sangue, di incarnazioni e di matrici storiche.
E’ stata e rimane il centro del mondo occidentale, da lei si può partire disegnando un cerchio con un compasso. Volendo possiamo tracciare altri due cerchi che partono da Berlino e da Monaco di Baviera.
Roma e le terre oltre il mare Mediterraneo non sono solo idee geografiche.
La maggior parte della gente contemporanea è composta da nativi europei, è giunta attraversando lunghe strade, da Babilonia, all’ Egitto, all’antica Sumeria, sino alla Palestina, e si è reincarnata nell’Europa di oggi, in questo spazio-tempo.
Nel 1945, con il declino di Berlino e la Germania anche la fiamma di Roma è morta.
Si, in passato sono stato da voi per alcuni concerti, ma non solo, personalmente mi piace molto fare ogni tanto dei viaggi verso il lato ovest del lago di Garda, è un bagno di freschezza antica, si respira un’ antica energia, mi diletto in splendidi momenti mediterranei.

Bellissima Europa Calling contenuta in Mutter Der Schmerzen. Splendida colonna sonora dell’Europa che fu… Don't you know a fire's burning. Since the ancient times of Rome”. Un brano straniante nei tempi in cui l’Europa è divenuta una macchietta tecnocratica. Come è nato il pezzo?

Il pezzo è nato da una sensazione di malinconia e tristezza per quel che l’'Europa è diventata oggi.
Tuttavia il mio sguardo malinconico e nostalgico comprende la consapevolezza del fatto che le forze attualmente in gioco in Europa sono diventate molto forti.
Accetto l’Europa come fenomeno decadente, anche perché so che ciò che è destinato alla distruzione deve inevitabilmente crollare, e che dietro le trappole create appositamente nasceranno nuovi cambiamenti.
Questa decadenza generale dovrà portare alla nascita di una nuova era. Tra America ed Europa, non c’è differenza ormai.
Sotto i grandi cambiamenti e le incertezze del mondo sorgerà un nuovo campo di forza di incredibile magnitudo. 

Ci ha incuriosito uno split assieme al progetto The Days Of Trumpet Call intitolato "Pessoa/Cioran". Come mai la scelta di questi due grandi scrittori?

Cioran ci ha ispirato per i suoi sentimenti di tristezza e rassegnazione… un uomo tra le rovine.
Pessoa per le sue sensazioni di estraneità, e per la sua enorme profondità.
Trovo questi uomini molto interessanti come rappresentanti e lucidi osservatori dei nostri tempi. Il cd in questione nacque in occasione di un concerto in Portogallo.

Hai partecipato tempo addietro alla compilation "Cavalcare la tigre". Cosa ne pensi di Julius Evola? E' tra i tuoi punti di riferimento culturali?

Dopo la distruzione del mondo nel 1945, Evola è stata una di quelle figure che si presentano una volta ogni cento anni. La sua aura è un’ aura senza tempo, la dimensione della tradizione.
E’ certamente una sfida difficile combattere “contro il mondo moderno" ma Evola ha insegnato che cavalcando la tigre ce la si può fare. Egli è e rimane uno spirito venerabile della vecchia scuola, per ottenere indicazioni sulla via per ciò che verrà dobbiamo rivolgerci a lui.

Quindi ci confermi che non ci sarà nessun progetto futuro per Von Thronstahl?

Esatto.
Von Thronstahl non ha alcun futuro. Von Thronstahl è morto, così come la sua matrice ideologica.
La nave è naufragata sulle scogliere di tutto il mondo, ma io sono sopravvissuto.

Recentemente siamo stati in Germania, nella Bavaria, nella Westphalia, nel Baden Wurtennberg, amiamo il vostro paese e la sua cultura, tuttavia abbiamo notato una enorme severità delle autorità tedesche su tutto ciò che può riguardare, anche solo indirettamente, la seconda guerra mondiale. Il sole nero ad esempio, simbolo antichissimo, che spesso è comparso sulle vostre copertine, non viene visto di buon occhio, come mai secondo te?

Perché la maggior parte della gente lo associa a qualcosa che riguarda il loro recente passato, diciamo che lo accomuna al periodo tedesco compreso tra il 1933-1945.
Le persone si sono convinte che questo antico simbolo non sia conforme alle loro idee di vita e molto probabilmente fa riemergere loro tanti umori nascosti ed energie profonde che cozzano con la superficialità della vita odierna. Ma bisogna guardare oltre.
Per quanto mi riguarda, attraverso tale simbolo è possibile dare uno sguardo più approfondito alla creazione universale.
La mia opinione è che l'idea del Sole Nero ci trascina sempre più verso una via di amore cosmico.
Ora abbiamo raggiunto un livello tale per cui la tradizione passa solamente attraverso l'essenza. Oggi non sono più importanti i rituali o il folklore, bensì sentire appunto la vera essenza della tradizione interiormente. Solo le anime in grado di fare ciò sopravviveranno alla grande tempesta.
Qualcosa ci dice che il sole nero sta al centro dell’universo, nel cosiddetto "Götterdämmerung" (Il Crepuscolo degli Dei).
Nuovi dei, una nuova umanità risorgerà e per me l'idea di un sole nero che chiama significa che dovremmo aprire le nostre menti e le nostre coscienze a tutto l'universo e a tutte le potenze che vengono dallo spazio oltre la terra. Qualcosa di nuovo o qualcosa di eterno sta arrivando. Se il sole nero potesse parlarci, direbbe:  “Chiudete il capitolo, eliminate le regole, cacciate via i rituali, tenete l’essenza di tutto ciò che pensate sacro e apritevi al raggio drenante del cuore cosmico”
Quindi se un sole nero è vivo, sarà connesso con la mente del sole d'oro e con il plesso solare all’interno di noi.
Diciamo anche che oggi è oramai diventato mainstream il suo utilizzo in certi ambienti e probabilmente se non fosse stato così abusato in alcuni ambiti, essendo un simbolo che deriva dalle profondità del cosmo, avrebbe attirato l'attenzione più per l'infinito e per le sue radiazioni che per le realtà terrene di natura politica.

Sempre tornando al discorso del modus operandi della Germania contemporanea, c’è quasi una sorta di sclerosi, di paura, ultimamente alle olimpiadi una ragazza tedesca è stata squalificata poiché "presunta fidanzata" di un membro di un partito nazionalista tedesco. La domanda sorge dunque spontanea, come convive una persona con le tue idee in uno stato simile?

Io ho vissuto ai margini. Da qualche parte tra passato e futuro. Non è stato facile, ma molto interessante, a volte anche stimolante.
Ora però l’importante per me è vivere la mia vita giorno dopo giorno, nel qui ed ora, conscio di provenire da un passato profondo e diretto verso un futuro senza fine, voglio davvero immergermi nel mondo di oggi.
Per quanto riguarda la ragazza squalificata, che dire, vedo tutto questo come un vecchio film in esecuzione, dove ci sono i perdenti tedeschi della guerra che tentano di esorcizzare qualsiasi cosa accaduta tra il ’43 e il ’45 per autoconvincersi di avere il diritto di esistere nell’era post 1945.
Ma è tutto solamente commedia, una fragile commedia umana. I media tedeschi poi sono dei teatranti amatoriali. Senza senso.

Grazie Josef per la tua disponibilità.

Grazie a voi.
Not only bad man rises.