I più acuti avranno notato come, ormai da decenni, concetti spirituali orientali vengano selettivamente adottati e reinterpretati
per servire logiche economiche dominanti.
Per esempio il concetto di impermanenza (anicca nel
buddhismo) o di flusso continuo (nel taoismo) non sono più inerenti alla
comprensione della natura transitoria dell'esistenza. Nella loro trasposizione
occidentale, attraverso la New Age, vengono ridotti a una giustificazione
dell'instabilità lavorativa: "abbraccia il cambiamento", "sii
flessibile", "reinventati continuamente". La distorsione è
evidente: mentre nelle tradizioni originali l'impermanenza porta alla
liberazione dall'attaccamento e alla compassione universale, nella versione
neoliberale diventa un imperativo di adattamento alle esigenze del mercato del
lavoro.
Oppure, l'enfasi sulla responsabilità individuale
("sei tu che crei la tua realtà") devia l'attenzione dalle strutture
sistemiche di potere. Se il lavoratore precario non riesce a
"manifestare" stabilità economica, il problema è solo la sua
"vibrazione" o la sua mentalità.
La meditazione? Viene proposta come soluzione allo
stress lavorativo invece che come strumento per questionare le condizioni che
generano quello stress.
Ovviamente coloro che promuovono questa filosofia
del "cambiamento continuo" per i lavoratori sono gli stessi che
costruiscono imperi dinastici, accumuli patrimoniali e reti di potere
estremamente stabili. La precarietà è per gli altri, la stabilità per sé. Le
grandi corporation tecnologiche, ad esempio, utilizzano retoriche buddhiste
negli ambienti lavorativi mentre implementano strategie di monopolizzazione che
contraddicono qualsiasi principio di non-attaccamento o equanimità. La
spiritualità autentica dovrebbe includere la critica sociale e la solidarietà
collettiva.
Le tradizioni orientali contenevano forti elementi
di giustizia sociale: il concetto di karma include la responsabilità verso la
comunità, il buddhismo primitivo era egualitario, il taoismo criticava
l'artificiosità delle gerarchie sociali. In conclusione la liberazione
individuale e quella collettiva sono interconnesse - proprio come insegnano le
filosofie orientali nella loro forma integrale, non in quella addomesticata
messa in circolo dai padroni.