2023, l'anno della caduta delle maschere

Vogliamo ricordare il 2023 come l'anno della caduta delle maschere.

La prima, la più clamorosa, è quella che si è staccata dal volto delle democrazie occidentali allorché hanno accordato pieno appoggio alla strage di civili palestinesi ad opera di Israele. Il cinismo di Israele è il cinismo dell'Occidente stesso, che per i propri scopi non arretra neppure di fronte al genocidio e alla pulizia etnica, dimostrando la malafede di chi per decenni si è riempito la bocca di condanne rivolte al male assoluto, salvo poi macchiarsi di crimini altrettanto raccapriccianti senza un attimo di indecisione. Come nel caso dell'Ucraina, l'Occidente si servirà del fanatismo nazionalista israeliano fintanto che questo sarà utile al suo progetto di riequilibrio degli assetti globali, salvo poi scaricare il partner senza troppi scrupoli quando questi avrà esaurito il proprio ruolo sulla scacchiera geopolitica, probabilmente dopo il disastro o il collasso.

È il caso dell'Ucraina, nazione che dopo essere stata sedotta dall'Occidente e inviata al massacro carica di armi e promesse, è ormai un rottame che manda al fronte bambini e disabili e che si sostiene esclusivamente grazie ad aiuti Occidentali, che oggi sono sempre più dubbi e discussi. Lo scopo primario della guerra in Ucraina, ossia il proposito di Stati Uniti di minare ogni presupposto di solidarietà tra Russia ed Europa, può essere considerato in gran parte raggiunto, con un processo di deindustrializzazione dell'area EU in costante crescita e un'economia sempre più precaria. Oggi che l'impossibilità di vincere la Russia viene dichiarata anche dagli organi di informazione generalisti, gli scopi e i frutti di questa guerra sono palesi a chiunque. Può dunque cadere anche quest'altra maschera: non tanto quella della sconfitta ucraina, che era palese a chiunque non fosse annebbiato dall'ideologia, ma quella della menzogna di chi ha promesso vittoria ad oltranza e ora si accontenta di ipotesi di negoziato e di contenimento dei danni.

Cade quindi la maschera dal volto della stampa, che oggi dubita delle certezze di ieri, e delle personalità in maglia verde che pochi mesi fa incensava e che oggi si scoprono non troppo limpide e non troppo democratiche. Cade pure la maschera dal volto del governo, sorpreso a dichiarare la propria stanchezza nei confronti di un conflitto che si sa di non poter vincere, ma da cui non ci si può sottrarre. A proposito, tra quanto cadrà pure la maschera dell'ostilità al MES, visto che il più sovranista dei governi italiani si è rivelato essere il più prono ai dettami europei e alle sue grottesche icone? Ricordiamo en passant la commedia della critica di Meloni a Draghi, e l'epilogo comico di chiarimenti e smentite.

Cade la maschera dal volto della Chiesa, che con l'ultima apertura alle benedizioni delle unioni omosessuali dichiara esplicitamente (e non più equivocamente) la propria vocazione antitradizionale, modernista e – in definitiva – anticattolica. Di fronte a questa presa di posizione appare esplicita la volontà non tanto di adeguarsi allo spirito dei tempi, ma di farsi promotrice dello spirito medesimo, di esserne un centro di propagazione. Ognuno, di fronte a questo punto di non ritorno, faccia le proprie valutazioni: quel che è certo che non se ne possono più ignorare la portata e le conseguenze. Del resto, che la furia del progressismo più virulento spiri da tutti i fronti, è apparso in maniera palese dalla vomitevole strumentalizzazione ideologica di recenti fatti di sangue di cui molto si è parlato. Su tali episodi sarebbe opportuno soprassedere se tuttavia non fossero un indicatore sociale particolarmente significativo in merito a come le masse siano facilmente suggestionabili e manipolabili a partire da particolari stati emotivi collettivi, che possono essere opportunamente indotti a partire da efficaci campagne di comunicazione pianificate e coordinate. In questo caso penoso, cade la maschera di dolore dal volto della collettività, per mostrare la nuova incarnazione dell'odio di classe, della discriminazione sociale, dell'interesse di chi vuole una società divisa e avversaria nella sua radice più intima ed essenziale: quella della famiglia, degli affetti, della relazione tra i sessi.

Cade infine la maschera dal volto deluso del fronte del dissenso. Il 2023 è stato un altro anno di faide, di conflitti, di defezioni, di calunnie, tutti interni all'ambiente di chi vorrebbe rappresentare verità e giustizia, e spesso non incarna altro che se stesso, il proprio interesse e la propria egocentricità. Inutile rilevare la lunga teoria di contraddizioni, miserie e assurdità che caratterizza questo ambiente e che non smetteremo di denunciare, proprio perché, essendone parte, fanno da specchio a ciò che non vogliamo essere e a ciò che consideriamo i più grandi pericoli per chi persegue un ideale di verità e giustizia.




L' accoglienza indifferente

Oltremodo paradossale, al giorno d'oggi, è il concetto di "accoglienza". Sciorinato sguaiatamente, senza soluzione di continuità, dai maggiori organi d'informazione nostrani e sventolato, come falso vessillo di solidarietà, da pseudo intellettuali da salotto, buonisti e sinistri vari, tale cortocircuito alberga indisturbato tra gli argomenti prediletti di quella branca di popolazione che si vuole sentire a tutti i costi dalla parte dei giusti, dei civili, degli equi, dei moderati. Paradigmatico, in tal senso, è il periodo natalizio. Mentre, infatti, i più si affannano alla ricerca del regalo ideale da mettere sotto l'albero ed organizzano cene e pranzi familiari, nell' indifferenza generale, soggetti sradicati e smarriti errano raminghi nei centri storici e nelle periferie delle grandi città, manifestando disagio, colonizzando abusivamente intere aree urbane, arrangiandosi alla meglio per sopravvivere, totalmente avulsi dal contesto circostante, con nessuna voglia di integrarsi con una cultura ed una società totalmente distante dal loro modo di vivere e pensare. È questa, forse, la tanto sbandierata accoglienza? Qui risiede la tanto decantata integrazione? Così, mentre chi ha spento da tempo il cervello si accontenta, da un lato, della melassa appiccicosa propinata dalla propaganda globalista e dall'altro di finte beghe e proclami sovranisti, la "disintegrazione" dei popoli va avanti indisturbata, sotto le mentite spoglie della "solidarietà" e dell’ "uguaglianza", senza che nessuno alzi realmente la voce, per paura d'esser appellato come fascista o tacciato di "razzismo".

" Ma noi siamo talmente toccati
Da chi sta soffrendo
Ci fa orrore la fame, la guerra
Le ingiustizie del mondo
Come è bello occuparsi dei dolori
Di tanta, tanta gente
Dal momento che in fondo
Non ce ne frega niente" ( G. Gaber)




Georg Trakl, tra tormenti e intuizioni

Georg Trakl è stato un Poeta austriaco che solo da pochi lustri ha avuto visibilità in Italia.

“Il singolo, nella società moderna si isola perché preferisce essere dissoluto anziché inautentico. Io anticipo le catastrofi mondiali, non prendo partito, non sono un rivoluzionario. Sono il partito della mia epoca e non ho altra scelta se non il dolore”.

Bastano queste poche frasi per presentare Georg Trakl, forse uno dei più grandi poeti di lingua tedesca del Novecento, autore apocalittico che visse durante l’angosciosa vigilia della Grande Guerra, apparentemente lontano dalla nostra epoca ma terribilmente attuale.

Agli occhi dei pochi che in Italia si sono accostati alle sue poesie, è parso di scorgere le stesse linee dei poeti maledetti francesi ma è l’epilogo della sua vita che ha fatto assumere alla sua poetica un contorno più tragico e più viscerale.

La sua fu un’esistenza tormentata e breve, consumata da una misantropia estrema, spesa nell’esaltazione di una natura misteriosa e sconosciuta.

Come un personaggio di Dostoevskij, Trakl si sentiva perseguitato da una colpa innominabile, sofferente in una società che reputava inadeguata, consumato dal bisogno di alcool e stupefacenti, ossessionato da visioni di decadenza e dall’ incapacità di vivere.

Trakl è difficilmente etichettabile, collocarlo in un movimento letterario sarebbe riduttivo, così come risulterebbe arduo il tentativo di dare alla poesia del poeta austriaco un’interpretazione esaustiva e definitiva.

L’opera di Trakl ha una dimensione esistenziale, le sue liriche erano una esemplare espressione della crisi epocale della cultura occidentale agli inizi del Novecento. Una crisi che in Trakl non trovava risposte ma solo domande. Domande che si esplicavano in un linguaggio inadeguato a tracciare i contorni dell’esistenza e del suo senso.

L’uomo che scaturisce dalle liriche di Trakl è un viandante, un essere che cerca di tendere al suo luogo originario. Ormai perduto e lontano, di lui resta solo un ricordo sbiadito. Uno straniero alla ricerca di un proprio centro interiore, smarrito da una modernità ormai incombente.

Lo straniero a volte assume anche le sembianze del folle, colui che è in grado di allontanarsi dalla realtà quotidiana e di compenetrare o cercare almeno di interpretare la verità tramite le manifestazioni della natura. In una continua oscillazione tra visioni di caduta e resurrezione e immagini di idilliaco accordo tra uomo e natura.

Per Trakl l’uomo contemporaneo, vista l’impossibilità di superare la crisi di significati e di valori, avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di percorrere l’avventura del nichilismo sino in fondo, pagandone anche le estreme conseguenze. Trakl difatti si suicidò nel novembre del 1914.

La sua poetica vive nella luce incerta del crepuscolo ma anche dell’aurora, sospesa tra fine ed inizio in un linguaggio visionario e lacerato.

Al centro troviamo l’uomo solo che si aggira in un mondo di brutture, di inganni e di disvalori, sempre alla ricerca di una luce negata.

In un mondo dove “Dio è morto” leggere Trakl significa chiedersi se il tramonto che investe la storia e di conseguenza l’esistenza individuale, significhi uno spegnersi definitivo o un buio che si deve attraversare per giungere ad una nuova alba.



                                                   OC

Apolidi della Verità - Weltanschauung Italia

E' disponibile il nostro nuovo libro “Apolidi della Verità”.

Apolide è colui che, per circostanza o per scelta, non possiede cittadinanza alcuna.

L'Apolide della Verità è colui che, nell'aspirazione all'autenticità, rinuncia alla propria patria ideologica e si mette in cammino. Senza una cittadinanza ideologica, per rinuncia o necessità, egli si incammina deciso in direzione del Sole, attraversando metropoli d'idee consunte e in rovina, tra cadaveri di finti maestri, presso vestigia di ciò che è stato ed è naturale non torni.

Poche cose reca con sé, solo l'essenziale. Egli, infatti, può essere definito anche come l'uomo residuale.

L'espressione indica colui che è portatore di ciò che rimane dell'essere umano in senso proprio, dopo che l'epoca dell'umano ha ceduto il passo a quella dell'inumano. Egli è il custode di ciò che nell'uomo non può essere ulteriormente ridotto, il non negoziabile, quanto non può essere oggetto di compromesso, pena la perdita dell'umanità.

Buona lettura a chi vorrà leggerci.

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Come nasce il senso religioso? - G. Rensi

Vuoi sapere quale e l'indizio che il senso veramente religioso abbia cominciato a prendere radice in te? Quando tutte le cose in cui, dacché hai aperto gli occhi, si svolse e fu intrecciata la tua vita, ad esempio le forme d'abitazione, case, stanze, appartamenti, natura e distribuzione dei mobili; i mezzi di locomozione, ferrovie, automobili, tram; la foggia dei vestiti e le particolarità dell'abbigliamento; le istituzioni politiche e i rapporti e le concessioni sociali di qualunque genere che constati esistenti sulla terra; la forma dei concetti nella mente umana, il modo con cui questa li concatena, cioè la natura del pensiero nostro, il sistema con cui sulla terra si pensa; la maniera di comunicazione degli uomini fra loro con la parola parlata o scritta; persino la costruzione, il funzionamento e i bisogni del tuo stesso corpo: persino il sorgere e il tramontare del sole – quando tutte queste cose familiari a te, tue proprie, connaturate con te e con la tua mentalità, cose che sono ovviamente cosi come sono, che è naturale siano cosi; quando, improvvisamente, tutte queste cose ti susciteranno un senso di stupita curiosità, come se fossero gli usi e i costumi d'un remoto villaggio dell'Estremo Oriente o dell'Africa centrale dove ora per la prima volta ti accade di passare; quando percependo quelle cose a te familiari sin dall'infanzia ti sentirai interiormente spuntare l'esclamazione:

ma che cose singolari! ma che stranezze! che curiose consuetudini dominano qui! in quali particolarissime abitudini e modi di vita e d'essere questa regione dell'universo si è intricata!; – quando, ancora, scuole, esami, concorsi, impieghi, professioni, carriere ti faranno pensare: 

ma in quali strani stampi viene racchiuso lo spirito qui!; – quando ti sentirai sorgere questi pensieri, avrai in ciò un indizio che il senso religioso comincia a vigoreggiarti dentro. Da questi pensieri ti scaturisce l'oscuro ed enigmatico sentore che ciò che in te fu per cinquanta o settant'anni spettatore di tutte quelle cose, a te sinora cosi familiari, cosi tue, non è di questo paese sublunare, paese che tu attraversi come un forestiero, come se attraversassi curiosamente un villaggio orientale o africano; ma e di un altro paese, d'un'altra patria. Quale? Questo ti è assolutamente oscuro, perchè, tanto è l'interesse che hai preso agli usi e costumi del paese sublunare in cui ti è avvenuto di passare e soggiornare per cinquanta o ottant'anni, tanto di quegli usi e costumi ti sei impregnato, che quale sia il tuo paese te lo sei dimenticato e non ti è restata che l'incerta e nubilosa impressione che esso non è questo.


Tratto da "Lettere spirituali" di G.Rensi



Il vecchio contadino

Il vecchio contadino, dalla collina, osservava malinconico il tramonto. Un tiepido sole, che pareva quasi esser ingoiato dalla città sottostante, risplendeva ancora sulle rughe del suo viso arrossato, rendendole così profonde da sembrare solchi scavati nella terra stessa, così marcate da esser manifesto pulsante di vita vera e vissuta. 

Era un uomo onesto e semplice, il vecchio contadino, ed era proprio per questo che non si trovava più a suo agio nel mondo. Non sopportava la viltà, la menzogna, i voltagabbana, l'ambiguità di un sistema "democraticamente" coercitivo, la distruzione sistematica d'ogni identità, l'omicidio premeditato della logica e del buonsenso, la sepoltura, nei meandri polverosi del nuovo mercato, delle arti, del folklore, dei mestieri. Non tollerava, sopra ogni cosa, l'uguaglianza funzionale all' annientamento, la mortificazione dei più giovani, la guerra travestita da pace, l'assenza di spirito critico. Era uno all'antica il vecchio contadino. Suo malgrado, infatti, credeva ancora nell'esistenza dell'uomo e della donna, nella sacralità della promessa fatta, nella forza e nella concretezza delle braccia, nella stretta di mano che vale come un contratto, nell'atto di volontà, nell'azione che, come un tumultuoso fiume in piena, sbaraglia i fragili argini delle parole vuote e degli inutili sproloqui da salotto. Osservava ancora il tramonto dalla collina, il vecchio contadino, abbozzando stavolta uno strano sorriso. Percepiva infatti, con estrema chiarezza, che lo spettacolo che si stagliava dinnanzi ai suoi occhi stanchi non era soltanto il volgere al termine della giornata, bensì il crepuscolo di un'intera civiltà. Promise a sé stesso, in quel preciso momento, stringendo con forza il bicchiere di vino che teneva saldo tra le sue dita consunte dal lavoro nei campi, che sarebbe sempre rimasto saldo, fedele ai suoi principi, sino alla fine dei suoi giorni, marciando in direzione ostinata e contraria. 




Sospensione della Verità

Quando il dissenso rispetto ad una narrazione mainstrem si limita a essere solo una contronarrazione meramente contro, senza una riflessione profonda e completa, entriamo in uno stato di "sospensione della verità", dove cosa accade veramente non interessa più a nessuno, interessa solo un NOI contro LORO. Ed è lo stato attuale in cui ci troviamo. Si possono fare degli esempi concreti. 

1. I malori improvvisi anche in giovane età sono un problema serio, da indagare. Abbiamo la narrazione ufficiale che li minimizza, dice che ci sono sempre stati o li attribuisce alle cause più fantasiose e abbiamo un certo dissenso che strombazza qualunque malore non per porre domande, ma per affermare con certezza che muoiono solo i vaccinati, come se i non vaccinati fossero diventati immortali. Dove sta la verità? Altrove. Sta in uno spazio in cui si dovrebbe poter studiare seriamente, qualunque medico che si occupa di danni da vaccino ti dice che con i normali controlli di routine non arrivi a nulla, occorre andare a cercare cose specifiche per capire cosa accade e dove. Porre domande sui malori significa anche ampliare l'orizzonte angusto della medicina scientista e dogmatica verso paradigmi assolutamente scientifici, ma negati. Eppure tanti cosiddetti dissenzienti hanno una reazione di panico anche solo a sentire le parole "medicina quantistica" e vorrebbero una risposta dentro lo stesso angusto paradigma scientista che ha causato il problema. 

2. Un tragico fatto di cronaca viene strumentalizzato per fare propaganda e criminalizzare il maschio in quanto tale. Abbiamo da un lato una folla inferocita che sbatte il mostro in prima pagina e pretende che ogni uomo innocente chieda scusa perchè un assassino avrebbe ucciso la ex fidanzata e abbiamo una folla altrettanto inferocita a caccia di particolari morbosi per screditare la famiglia della vittima con ricostruzioni da film horror, perchè bisogna smontare la propaganda: non dire la verità, conta solo smontare la propaganda degli altri, a qualunque prezzo. Se per ipotesi il reo confesso fosse davvero colpevole, per assurdo preferirebbero un criminale libero piuttosto che darla vinta ai progressisti. Ma qui non salta solo la verità sul fatto concreto in sè, non c'è alcun interesse reale ad un'analisi profonda che riguarda tutti sulla violenza nella nostra società, sull'individualismo, sulla competizione esasperata, sulla fragilità. I progressisti strillano al patriarcato violento di ogni maschio, i conservatori prendono la posa dei bei tempi che furono quando gli uomini difendevano le donne, come se fosse mai esistito un "eldorado". Nè interessa realmente una riflessione dolorosa sulla fragilità dei nostri ragazzi, fragilità che porta a non tollerare nessuna delusione, fragilità di cui noi adulti siamo responsabili, perchè stava a noi formare uomini e non bambini con fattezze di adulti. Non interessa perchè dovremmo riconoscere che anche violentare la natura e le aspirazioni dei nostri figli perchè si pretende da loro un adeguamento al mondo e ai suoi dettami, può generare disastri e fragilità immani. Perchè le famiglie dove si pretende che il figlio accantoni una sincera vocazione giudicata poco vincente e remunerativa per soluzioni che garantiscono posizione e potere sociale, possono essere proprio quelle famiglie anaffettive che tanto ci scandalizzano, ma solo quando sono sbattute in televisione, non quando le abbiamo accanto nella vita quotidiana. C'è solo un NOI buono e un LORO cattivo, dove ognuno si sente parte del NOI. La verità, quello che accade davvero nella realtà, la volontà di costruire non esistono più. Conta solo dimostrare che l'altro è nel torto.

La costruzione di un mondo migliore non è mai un mero reazionario ritorno al passato, ma un'evoluzione nel solco della Tradizione.