Chiudere le scuole - G.Papini



La scuola insegna moltissime cose inutili, che poi bisogna disimparare per impararne molte altre da sé.
Insegna moltissime cose false o discutibili e ci vuol poi una bella fatica a liberarsene - e non tutti ci arrivano. (...)
Non insegna quasi mai ciò che un uomo dovrà fare effettivamente nella vita, per la quale occorre poi un faticoso e lungo noviziato autodidattico.
Insegna (pretende d’insegnare) quel che nessuno potrà mai insegnare: la pittura nelle accademie; il gusto nelle scuole di lettere; il pensiero nelle facoltà di filosofia; la pedagogia nei corsi normali; la musica nei conservatori.
Insegna male perché insegna a tutti le stesse cose nello stesso modo e nella stessa quantità non tenendo conto delle infinite diversità d’ingegno, di razza, di provenienza sociale, di età, di bisogni ecc.
Non si può insegnare a più d’uno. Non s’impara qualcosa dagli altri che nelle conversazioni a due, dove colui che insegna si adatta alla natura dell’altro, rispiega, esemplifica, domanda, discute e non detta il suo verbo dall’alto.
Quasi tutti gli uomini che hanno fatto qualcosa di nuovo nel mondo o non sono mai andati a scuola o ne sono scappati presto o sono stati “cattivi” scolari. (I mediocri che arrivano nella vita a fare onorata e regolare carriera e magari a raggiungere una certa fama sono stati spesso i “primi” della classe).
La scuola non insegna precisamente quello di cui si ha più bisogno: appena passati gli esami e ottenuti i diplomi bisogna rivomitare tutto quel che s’è ingozzato in quei forzati banchetti e ricominciare da capo.

Se c’è ancora un po’ d’intelligenza nel mondo bisogna cercarla fra gli autodidatti o fra gli analfabeti.
Bisogna chiuder le scuole - tutte le scuole. Dalla prima all’ultima. Asili e giardini d’infanzia; collegi e convitti; scuole primarie e secondarie; ginnasi e licei; scuole tecniche e istituti tecnici; università e accademie; scuole di commercio; istituti superiori e scuole d’applicazione; politecnici e magisteri. (..).
Tutto s’accomoderà e si quieterà col tempo. Si troverà il modo di sapere (e di saper meglio e in meno tempo) senza bisogno di sacrificare i più begli anni della vita sulle panche delle semiprigioni governative.
Ci saranno più uomini intelligenti e più uomini geniali; la vita e la scienza andranno innanzi anche meglio; ognuno se la caverà da sé e la civiltà non rallenterà neppure un secondo. Ci sarà più libertà, più
salute e più gioia.
L’anima umana innanzitutto. È la cosa più preziosa che ognuno di noi possegga. La vogliamo salvare almeno quando sta mettendo le ali.

Tratto da: "Chiudiamo le scuole!", G.Papini (Luni editrice) 


Negare la ricerca storica per legge?

“L'idea di contrastare con la legge penale le opinioni - per quanto infondate e profondamente sbagliate - apre scenari pieni di pericoli. Legare l'interpretazione della Storia a una legge penale sarebbe come cristallizzare una conoscenza scientifica aperta al dibattito - ad esempio le scoperte di Newton- in una norma sigillata dal dogma dello Stato (e un domani di un governo o di un regime politico contingente). Una volta aperto un varco così grande a questo modo di procedere, potrebbero presentarsi abusi drammatici su ogni interpretazione controversa degli eventi storici: la Storia è sempre controversa.”
 
Si parla sempre più spesso dell'introduzione del reato di negazionismo.
Ma negazionismo, o più correttamente revisionismo storico, significa necessariamente riabilitazione di ideologie passate? 


Prendiamo come esempio la seconda guerra mondiale. 
Se da un lato è evidente che moltissime persone si sono appropriate di studi revisionisti per finalità ideologiche e propagandistiche, dall’altro lato ci sono però stati anche degli storici onesti e seri che si sono occupati seriamente di revisionare quanto avvenne in quegli anni senza essere assolutamente “di parte”, basti pensare al fatto che tra loro ci fossero comunisti, liberali, conservatori, così come ricercatori ebrei o americani.
  
Ciò che non si comprende è che queste tipologie di ricerche non vengono effettuate solo da pallottolieri esaltati in cerca di numeri di decessi, bensì anche da storici neutri interessati a capire quel che accadde durante la seconda guerra mondiale, dal momento che quest’ultima ha segnato la storia e ha cambiato gli scenari del mondo. Più ricerche e studi vengono affrontati e più è possibile diventare coscienti delle realtà di allora e di come queste si ripercuotono sulla geopolitica attuale.
Gli eventi storici sono sempre soggetti a correzioni, revisioni e studi, ed è giusto che sia così, non ci devono essere limiti se tutto viene svolto a fini di ricerca.
Se poi qualcuno tenta di utilizzare dati e affermazioni solo per portare acqua al suo mulino, ci si confronta, si dibatte su un piano scientifico e chi avrà mentito perderà la sua credibilità. Ad esempio è noto il caso di David Irving, andò in causa con la storica Lipstadt che lo accusò di falsificazioni di fonti storiche e perse la causa poiché vi furono delle effettive storture nelle ricerche. 

 
Diciamolo chiaramente: in una democrazia che vuole essere credibile, anche le opinioni che paiono più assurde al senso comune devono avere diritto di cittadinanza. E’ proprio questo l’elemento che la distingue da uno stato totalitario, e tale è il prezzo che la democrazia deve inevitabilmente pagare a se stessa. Reprimere non aiuta a far maturare una coscienza civile.

Vietare per legge la negazione di verità storiche è un metodo dittatoriale, un mezzo inaccettabile sul piano dei principi di libertà. Come si può vietare per legge un’opinione sulla storia, per quanto infondata e aberrante possa essere?
Se coloro che revisionano o negano mentono devono essere polverizzati in un istante con dati alla mano e non incarcerati. Non è forse questo il miglior modo per togliere dalla circolazione chi propina falsità o cerca subdolamente di incoraggiare l’odio tra i popoli?
E’ risaputo d’altronde che le verità assolute, che non possono essere revisionate, sono di conseguenza ontologicamente sospette e negano i principi fondamentali dell'epistemologia.
Si vuol combattere il cosiddetto negazionismo?
Benissimo, lo si faccia utilizzando anticorpi culturali e sociali, non attraverso la repressione giudiziaria, anche perché utilizzando la legge si produce l’effetto contrario, si alimenta il sospetto che ci possa essere qualcosa da nascondere. Non solo, si incrementano in questo modo anche la categoria dei martiri, dei paladini della libertà di espressione.
Perché dunque alimentare tutto questo? 

Ci piacerebbe che potesse esistere un sereno e civile dibattito, dove possano confrontarsi posizioni e punti di vista, tutti leciti e ammessi, con dati alla mano e testimonianze, un confronto che sia reale, una riunione scientifica con tesi e controtesi, a quel punto chi sbaglia dovrà essere il primo ad ammettere gli errori e farsi da parte. 

C'è da sottolineare che è in merito al dramma della Shoah che il dibattito è diventato scottante. Revisionare ciò che accadde in quegli anni tragici è considerato pericoloso, ma le leggi proibitive in atto sono un caso unico nella storia per una civiltà che si autoproclama democratica. 
Il buon senso ci dice che le tragedie storiche, non possono essere dei dogmi imposti alle genti del mondo, la ricerca storica ed il contraddittorio devono essere sempre e comunque liberi in base alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. 
Come può essere rinegoziabile un principio simile?
Parecchi storici di professione che insegnano nelle università si sono opposti a questa assurdità affermando giustamente che:  

“Sostituire a una necessaria battaglia culturale, a una pratica educativa, e alla tensione morale necessarie per fare diventare coscienza comune e consapevolezza etica introiettata la verità storica della Shoah, una soluzione basata sulla minaccia della legge, ci sembra particolarmente pericoloso per diversi ordini di motivi: 
  
1) si offre ai negazionisti, com'è già avvenuto, la possibilità di ergersi a difensori della libertà d'espressione, le cui posizioni ci si rifiuterebbe di contestare e smontare sanzionandole penalmente. 
 
2) si stabilisce una verità di Stato in fatto di passato storico, che rischia di delegittimare quella stessa verità storica, invece di ottenere il risultato opposto sperato. Ogni verità imposta dall'autorità statale (l'«antifascismo» nella DDR, il socialismo nei regimi comunisti, il negazionismo del genocidio armeno in Turchia, l'inesistenza di piazza Tiananmen in Cina) non può che minare la fiducia nel libero confronto di posizioni e nella libera ricerca storiografica e intellettuale. 
 
3) si accentua l'idea, assai discussa anche tra gli storici, della "unicità della Shoah", non in quanto evento singolare, ma in quanto incommensurabile e non confrontabile con ogni altri evento storico, ponendolo di fatto al di fuori della storia o al vertice di una presunta classifica dei mali assoluti del mondo contemporaneo.”
 
Non possiamo che essere d’accordo con quanto affermato.
 


La situazione della scienza moderna - R.Pannikar

Relativizzare la scienza

Che cosa dobbiamo fare della scienza? Prima di tutto, non adorarla come se fosse il nuovo vitello d'oro. Secondo, sfuggire al suo fascino; terzo, superare quello che la scienza ci ha voluto far credere, vale a dire che essa ci offra una spiegazione della realtà, cosa che i veri scienziati non hanno voluto mai fare. Siccome c'è un vuoto cosmologico nella civiltà dove la scienza è prosperata, si sono convertite le spiegazioni scientifiche in spiegazioni cosmologiche. Vista in una certa prospettiva, la teoria del big bang, ad esempio, è di un'ingenuità così straordinaria che, se non si pensasse che il mondo attuale ha quasi tre milioni di soldati e che esiste la follia degli armamenti, verrebbe da credere che questa cosa non sia possibile tra gli uomini sapienti; quarto, superare la giustificazione della figlia prediletta della scienza, la tecnologia, la quale ci fa credere, grazie alla propaganda, di essere indispensabile per la vita in modo tale che senza la medicina allotropica, senza gli antibiotici (che ironicamente significano anti-vita), senza tutto quello che ha introdotto la mentalità scientifica, l'uomo morirebbe di fame, di malattie. Questo è semplicemente falso. Quinto, e più importante perché è anche più pacifico, scoprire i limiti interni della scienza.

La scienza contemporanea quella per esempio di un Sheldrake, di un Capra, di Prigogine o di David Böhm, che io vorrei distinguere dalla scienza moderna, non è più significativamente la scienza della causalità, nemmeno la scienza che vuole spiegare tutto con paradigmi matematici, è tutta un'altra concezione, scaturita da una crisi interna della scienza, dove la probabilità stessa è messa in causa. La scienza forse, da questo punto di vista, sta arrivando essa stessa ai propri limiti e questo è un momento importantissimo. 

Non si può negare che negli ultimi trecento anni la parte più importante del globo sia vissuta con questa credenza e, se chiediamo rispetto per i pigmei, si può avere rispetto anche per i Paesi che si credono soprasviluppati perché hanno una mentalità scientifica, ma vanno trattati con gli stessi metodi, ossia vanno relativizzati.

La scienza stessa sta arrivando ad una scoperta dei propri limiti. La conseguenza più immediata sarebbe una completa revisione della forma di educazione della scuola primaria e secondaria in tutti quei paesi, come l'Italia, dove la scienza ha un primato che uccide veramente la creatività, la spontaneità. impedisce la gioia e la vera educazione dei giovani. Questo mi fa venire in mente l'affermazione di Gandhi, il quale sosteneva che l'unico modo per sviluppare l'intelligenza è l'esercizio dell'artigianato e il funzionamento delle proprie mani. Si potrebbe così superare quella specie di fatalismo occidentale che pensa che non possiamo fare a meno dell'impresa tecnico-scientifica. La conseguenza più a lungo termine è quella che io ho chiamato l'emancipazione dalla tecnologia.

Tecnica e tecnologia 

Io faccio la distinzione fra technè e tecnologia, tra la macchina di primo grado e la macchina di secondo grado. La technè, che possiamo tradurre con «tecnica», ma che si potrebbe tradurre con «arte», è patrimonio di tutte le culture. Tutte le culture hanno technè, cioè una certa manipolazione della materia o del mondo materiale, e del mondo anche non materiale, per il benessere umano; un certo fare arte, articolare le cose e servirsi di tutte le possibilità inerenti alla natura per il benessere degli uomini. Technè non è soltanto il martello o le vele o l'elettricità forse, tradotta in un certo qual modo, ma è tutto ciò che utilizza le forme primarie di energia. Con questa technè si fabbrica la macchina di primo grado, l'utensile. Questo utensile è buono o cattivo secondo l'uso che ne faccio; la penna o il martello sono buoni o cattivi secondo l'uso che se ne fa, dunque sono ambivalenti. Non avviene così con la macchina di secondo grado, con quella che chiamerei tecnologia. È solo l'inerzia della mente che ci impedisce di vedere con chiarezza questo fenomeno. E non è a caso che lo sviluppo si sia prodotto fondamentalmente all'interno della civiltà europea.

Dentro la civiltà cinese, ad esempio, c'è un momento, il 1300, di una forza straordinaria, nel quale ci si rende acutamente consapevoli della necessità d'una svolta, per non arrivare alla bomba atomica e quindi alla distruzione del mondo. In Occidente, invece, ci siamo arrivati senza soluzione di continuità, tanto che non abbiamo nemmeno una parola per spiegare quello che non è un universale culturale, che non è technè, che non è patrimonio di tutti i popoli, ma è tecnologia. La tecnologia porta, è la parola che a me piace di più, alla tecnocrazia: il kratòs, il potere, sta in questa forma di utilizzazione della macchina di secondo grado! La macchina di secondo grado che si realizza non in maniera naturale, ma utilizzando macchine di primo grado che permettono di trasformare le forme di energia e di realizzare l'accelerazione. Penso agli acceleratori atomici del Cern, ad esempio. La macchina di secondo grado non soltanto condiziona le nostre abitudini, ma addirittura ci obbliga, altrimenti facciamo bancarotta.

Cambia così lo stile di vita, cambiano le nostre vite, cambia il modo di pensare. Questa sarebbe una rapida analisi della macchina di primo grado e di questo utensile di secondo grado che hanno leggi differenti, che hanno accelerazioni diverse: non dimentichiamo quella legge, conosciuta da tutti ormai, che un cambiamento quantitativo genera anche un cambiamento qualitativo. Perciò io nego che la tecnologia moderna sia neutrale e universale. La technè è gestita dallo spirito, devi essere ispirato e allora trovi tutto, pure la gioia, e allora non hai nemmeno bisogno e desiderio che ti paghino, perché quello con cui ci si realizza non è monetizzabile.

Comincia così un processo di demonetizzazione della cultura che vorrei approfondire. Invece nella tecnologia è la ratio che ha sostituito la technè e allora ... Chateau Neuf du Pape! Ci sono 5 mila motivi per abbandonare la produzione artigianale del vino dei Castelli, del Frascati, lo sapete molto meglio di me. Ormai o ne produci 5 milioni di bottiglie oppure non è possibile, non è redditizio: ecco il cambiamento quantitativo a cui sei obbligato, altrimenti non puoi far niente. E tu cominci ad avere un'altra concezione della vita e, evidentemente, anche un altro vino.

Superare la conoscenza scientifica

Non ho l'intenzione di demonizzare la scienza e nemmeno la tecnologia. Ho chiarito abbastanza che cosa non dobbiamo fare con la scienza, forse non ho sufficientemente sviluppato che cosa ne possiamo fare. Ho parlato dell'emancipazione dalla tecnologia, di ridurre la scienza ai suoi limiti e in un terzo momento, che non ho elaborato a sufficienza, di superare la scienza moderna, portando l'esempio che nella scienza contemporanea ci sono spunti enormemente positivi per questo superamento.

Comunque e qui verte il mio dibattito per esempio con Prigogine, premio Nobel per la fisica col quale ho discusso parecchie volte — e dopodomani penso che questo dibattito continuerà — , non sono d'accordo con lui nel voler ridurre tutto a scienza, anche se egli apre enormemente i limiti, i confini e la concezione di questa scienza. La scienza moderna, finora anche quella contemporanea, è legata alla misura ed esclude gli eventi unici: un evento unico non è oggetto di scienza. E per me, e forse per la vita umana, gli eventi unici e irripetibili sono quelli più importanti e più decisivi, eppure non sono oggetto di scienza. La scienza consiste nel capire, nel conoscere.

Ho analizzato a lungo questo atteggiamento e mostrato che la parola capire o la parola conoscere può avere due sensi: il senso in cui la scienza moderna l'utilizza e il senso in cui altre tradizioni, inclusa l'occidentale, l'hanno utilizzato. Se «scienza» dopo Bacone (è lui ad affermare che conoscere è potere) vuol dire poter non soltanto controllare, ma conoscere i comportamenti, per me questo capire o conoscere non è ciò che la gran parte dell'umanità, Occidente incluso, ha inteso con queste parole. C'è una forma molto specializzata, molto ridotta, di «capire e conoscere» che è il calcolare, il prevedere, l'avere una certa conoscenza dei comportamenti di regolarità o anche di situazioni caotiche, del caos nel senso fisico della parola, che ci porta a una grande fiducia e a un gran risultato: la scienza del positivo.

Io ho passato 7 anni a fare niente altro che scienza. La scienza è un'attività umana affascinante, non soltanto per il rigore e il metodo che si richiedono nella ricerca scientifica, ma anche per tutto questo sforzo di trovare e di districare i comportamenti e i misteri della natura, sebbene facendole violenza. La scienza usa le cose più grandi che l'essere umano abbia fatto, sarebbe assolutamente contro il mio parere voler dire in questo senso qualcosa di negativo della scienza. Ma la scienza ha estrapolato in maniera non scientifica, volendo diventare cosmologia e volendo soppiantare tutte le altre forme di conoscenza. 

È proprio il desiderio di fare un discorso scientifico in quanto scientifico che mi porta a dire quello che sto cercando di dire. Ma assolutamente non vorrei dare l'impressione di demonizzare la scienza o di non riconoscere che la scienza non abbia fatto nulla di positivo. Mi vorrei ben guardare dalla volontà di ritornare indietro, all'età prescientifica e acritica, al romanticismo dei villaggi, della vita semplice; non solo perché non si può tornare indietro, che è già una tautologia, ma perché penso che il fenomeno scientifico, in questo senso, sia un contributo stavo per dire essenziale, direi esistenziale che non si può togliere nel fiorire della vita umana. Ma, come capita spesso nella vita spirituale delle persone, quello che è stato un grande mezzo per tante realizzazioni positive può diventare a un certo momento un ostacolo. Questa, a mio parere, è la situazione in cui si trova la scienza moderna oggi, senza parlare adesso della relazione della scienza con la tecnologia, che mi appare come un atteggiamento diverso, benché la tecnologia sia un ibrido e oggigiorno non si possa fare scienza moderna senza il profitto ecc., ma questo è tutto un altro discorso.



"Il Codice Da Vinci": ma la storia è un'altra cosa

1. L’anti-cattolicesimo come «ultimo pregiudizio accettabile»

Immaginiamo questo scenario. Esce un romanzo in cui si afferma che il Buddha, dopo l’illuminazione, non ha condotto la vita di castità che gli si attribuisce, ma ha avuto moglie e figli. Che la comunità buddhista dopo la sua morte ha violato i diritti della moglie, che avrebbe dovuto essere la sua erede. Che per nascondere questa verità i buddhisti nel corso della loro storia hanno assassinato migliaia, anzi milioni di persone. Che un santo buddhista scomparso da pochi anni – che so, un Daisetz Teitaro Suzuki (1870-1966) – era in realtà il capo di una banda di delinquenti. Che il Dalai Lama e altre autorità del buddhismo internazionale operano per mantenere le menzogne sul Buddha servendosi di qualunque mezzo, compreso l’omicidio. Pubblicato, il romanzo non passa inosservato. Autorità di tutte le religioni lo denunciano come un’odiosa mistificazione anti-buddhista e un incitamento allo scontro fra le religioni. In diversi paesi la sua pubblicazione è vietata, fra gli applausi della stampa. Le case cinematografiche, cui è proposta una versione per il grande schermo, cacciano a pedate l’autore e considerano l’intero progetto uno scherzo di cattivo gusto.
Lo scenario non è vero, ma ce n’è uno simile che è del tutto reale. Solo che non si parla di Buddha, ma di Gesù Cristo; non della comunità buddhista, ma della Chiesa cattolica; non di Suzuki e del suo ordine zen ma di san Josemaría Escrivá (1902-1975) e dell’Opus Dei da lui fondata; non del Dalai Lama ma di Papa Giovanni Paolo II. Il romanzo in questione ha venduto tre milioni e mezzo di copie negli Stati Uniti, è sbarcato anche in Italia e la Sony ne sta traendo un film, che sarà diretto da Ron Howard e per cui è già cominciata una propaganda internazionale. Come è stato correttamente osservato dallo storico e sociologo americano Philip Jenkins, il successo di questo prodotto è solo un’altra prova del fatto che l’anti-cattolicesimo è «l’ultimo pregiudizio accettabile».

2. «Il Codice da Vinci» e il Priorato di Sion

Il Codice Da Vinci mette in scena una caccia al Santo Graal. Quest’ultimo – secondo il romanzo – non è, come la tradizione ha sempre creduto, una coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo, ma una persona, Maria Maddalena, la vera «coppa» che ha tenuto in sé il sang réal – in francese antico il «sangue reale», da cui «Santo Graal» –, cioè i figli che Gesù Cristo le aveva dato. La tomba perduta della Maddalena è dunque il vero Santo Graal. Apprendiamo inoltre che Gesù Cristo aveva affidato una Chiesa che avrebbe dovuto proclamare la priorità del principio femminile non a san Pietro ma a sua moglie, Maria Maddalena, e che non aveva mai preteso di essere Dio. Sarebbe stato l’imperatore Costantino (280-337) a reinventare un nuovo cristianesimo sopprimendo l’elemento femminile, proclamando che Gesù Cristo era Dio, e facendo ratificare queste sue idee patriarcali, autoritarie e anti-femministe dal Concilio di Nicea (325). Il progetto presuppone che sia soppressa la verità su Gesù Cristo e sul suo matrimonio, e che la sua discendenza sia soppressa fisicamente. Il primo scopo è conseguito scegliendo quattro vangeli «innocui» fra le decine che esistevano, e proclamando «eretici» gli altri vangeli «gnostici», alcuni dei quali avrebbero messo sulle tracce del matrimonio fra Gesù e la Maddalena. Al secondo, per disgrazia di Costantino e della Chiesa cattolica, i discendenti fisici di Gesù si sottraggono e secoli dopo riescono perfino a impadronirsi del trono di Francia con il nome di merovingi. La Chiesa riesce a fare assassinare un buon numero di merovingi dai carolingi, che li sostituiscono, ma nasce un’organizzazione misteriosa, il Priorato di Sion, per proteggere la discendenza di Gesù e il suo segreto.
Al Priorato sono collegati i templari – per questo perseguitati – e più tardi anche la massoneria. Alcuni fra i maggiori letterati e artisti della storia sono stati Gran Maestri del Priorato di Sion, e alcuni – fra cui Leonardo da Vinci (1452-1519) – hanno lasciato indizi del segreto nelle loro opere. La Chiesa cattolica, nel frattempo, completa la liquidazione del primato del principio femminile con la lotta alle streghe, in cui periscono cinque milioni di donne. Ma tutto è vano: il Priorato di Sion sopravvive, così come i discendenti di Gesù in famiglie che portano i cognomi Plantard e Saint Clair.

 3. «Fiction» o storia?

Molti obiettano a qualunque critica del romanzo che si tratta, appunto, di fiction che in quanto tale non è tenuta a rispettare la verità storica. Questi critici hanno semplicemente dimenticato di leggere la pagina Informazioni storiche, dove Brown afferma che «tutte le descrizioni [...] di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo rispecchiano la realtà», e si fondano in particolare sul fatto che «nel 1975, presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, sono state scoperte alcune pergamene, note come Les Dossiers Secrets» con la storia del Priorato di Sion.
Forse in risposta alle molte controversie, a partire dalla sesta ristampa la pagina Informazioni storiche, pagina 9 dell'edizione italiana Mondadori, è sparita sostituita da una pagina 9 interamente bianca: ma naturalmente rimane nell'edizione inglese (e nelle prime stampe italiane, per chi ha acquistato il volume nelle prime settimane di diffusione).
La parte che anche l’autore presenta come immaginaria ipotizza che il Priorato oggi si appresti a rivelare il segreto al mondo tramite il suo ultimo Gran Maestro, un curatore del Museo del Louvre che si chiama Jacques Saunière. Per impedire che questo avvenga, Saunière e i suoi principali collaboratori sono assassinati. Uno studioso di simbologia americano, Robert Langdon, è sospettato dei crimini, ma una criptologa che lavora per la polizia di Parigi – Sophie Neveu, la nipote di Saunière – crede nella sua innocenza e lo aiuta a fuggire. Il lettore è indotto a credere che responsabile degli omicidi sia l’Opus Dei, ma le cose sono più complicate. Sul conto di questi istituto si ripetono le più crude «leggende nere», cento volte smentite, ma dure a morire, desunte dalla letteratura internazionale che lo critica, esplicitamente citata. Nel romanzo, un nuovo Papa progressista ha deciso di rescindere i legami fra la Chiesa e l’Opus Dei che risalgono a Papa Giovanni Paolo II, e il prelato dell’Opus Dei accetta la proposta che gli proviene da un misterioso «Maestro»: pagando a questo personaggio una somma immensa, potrà ricattare la Santa Sede impadronendosi delle prove del segreto del Priorato di Sion – cioè della «verità» su Gesù Cristo – e minacciando di rivelarle al mondo. Un ex-criminale, ora numerario dell’Opus Dei, è «prestato» al Maestro, e proprio quest’ultimo lo spinge a commettere una serie di crimini. In realtà, il «Maestro» lavora per sé stesso: è un ricchissimo studioso inglese, anti-cattolico, che vuole rivelare il segreto al mondo e accusa il Priorato di tacere per timore della Chiesa. Fra morti ammazzati, enigmi e inseguimenti Robert Langdon e Sophie – fra i quali nasce anche l’inevitabile storia d’amore – finiscono per scoprire la verità: la tomba della Maddalena è nascosta sotto la piramide del Louvre, voluta dall’esoterista e massone presidente francese François Mitterrand (1916-1996), ma il sang réal scorre nelle vene della stessa Sophie, che è dunque l’ultima discendente di Gesù Cristo.

4. Errori e mistificazioni

Solo la diffusa ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole. Ci sono testi del primo secolo cristiano dove Gesù Cristo è chiaramente riconosciuto come Dio. All’epoca del Canone Muratoriano – che risale circa al 190 d.C. – il riconoscimento dei quattro Vangeli come canonici e l’esclusione dei testi gnostici era un processo che si era sostanzialmente completato, novant’anni prima che Costantino nascesse. Quanto alla Maddalena, lo gnostico Vangelo di Tomaso, che piace tanto a Brown, ben lungi dall’essere un testo proto-femminista ne fonda la grandezza sul fatto che «[...] si fa maschio». A Simon Pietro che obietta «Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della Vita», Gesù risponde: «Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Perché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli». La cifra di cinque milioni di streghe bruciate dalla Chiesa cattolica è del tutto assurda, e Brown si dimentica del fatto che nei paesi protestanti la caccia alle streghe è stata più lunga e virulenta che in quelli cattolici.
L’idea stessa di un «codice Da Vinci» nascosto nelle opere dell’artista italiano è stata definita «assurda» dalla professoressa Judith Veronica Field, docente alla University of London e presidentessa della Leonardo Da Vinci Society. A fronte di questi svarioni, quello del traduttore italiano che chiama la torre dell’orologio del parlamento inglese «Big Bang» invece di Big Ben sembra quasi un peccato veniale, ed è stato corretto nelle ristampe più recenti. Inoltre, chi conosca un poco la storia delle mistificazioni sul Graal sa che nel Codice Da Vinci vi è ben poco di nuovo: tutto è già stato detto in centinaia di libri su Rennes-le-Château, e – benché il nome di questa località francese non sia mai menzionato nel romanzo di Brown – i cognomi Saunière e Plantard fanno chiaramente riferimento alle stesse vicende.

5. Il mito di Rennes-le-Château: una falsificazione già da tempo smascherata

Rennes-le-Château è un paesino francese del dipartimento dell’Aude, ai piedi dei Pirenei orientali, nella zona detta del Razès. La popolazione si è ridotta a una quarantina di abitanti, ma ogni anno i turisti sono decine di migliaia. Dal 1960 a oggi a Rennes-le-Château sono state dedicate oltre cinquecento opere in lingua francese, almeno un paio di best seller in inglese e un buon numero di titoli anche in italiano. Se ne parla anche in film e in fumetti di culto, come Preacher o The Magdalena. Il paesino si trova all’interno di quel «paese cataro», cioè della zona dove l’eresia dei catari ha dominato la regione ed è sopravvissuta fino al secolo XIII, che una sapiente promozione ha reso in anni recenti una delle più ambite mete turistiche francesi. Rennes-le-Château rimarrebbe però una nota a pie’ di pagina nel ricco turismo «cataro» contemporaneo se del paese non fosse diventato parroco, nel 1885, don Berenger Saunière (1852-1917). È a lui che fanno riferimento tutte le leggende su Rennes-le-Château.
Il parroco Saunière era soprattutto un personaggio bizzarro. Nel 1909 si rifiuta di trasferirsi in un’altra parrocchia e nel 1910, dopo aver perso un processo ecclesiastico, subisce una sospensione a divinisPure privato della parrocchia, rimane fino alla morte nel paese, che aveva arricchito con nuove costruzioni – fra cui una curiosa «torre di Magdala» – e scandalizzato con una serie di scavi nella cripta e nel cimitero, alla ricerca non si sa bene di che cosa. Diventato più ricco di quanto fosse consueto per un parroco di campagna, si favoleggia che abbia trovato un tesoro. Tutto poteva spiegarsi, peraltro – come sospettava il suo vescovo – con un meno romantico traffico di donazioni e di messe. In epoca recente si è sostenuto che Saunière avesse scoperto nella cripta importantissimi manoscritti antichi, ma quelli che sono emersi sono falsi evidenti del secolo XIX se non del XX. È possibile che, nel corso dei lavori per restaurare la chiesa parrocchiale – un’attività che va in ogni caso ascritta a merito dell’originale parroco – don Saunière avesse scoperto qualche reperto di epoca medioevale, ma in ogni caso non in quantità sufficiente da arricchirsi. Si continua a ripetere anche che Saunière sarebbe stato in rapporti con ambienti esoterici di Parigi, ma di questo non vi è nessuna prova. La figura di Saunière non è priva d’interesse, e le sue costruzioni mostrano che si trattava di un uomo singolarmente attento alle allegorie e ai simboli, sulla scia di una tradizione locale. Ma nulla di più ha mai potuto essere provato.
La leggenda di Saunière non sarebbe continuata nel tempo se la sua perpetua, Marie Denarnaud (1868-1953) – cui il sacerdote aveva intestato le proprietà e le costruzioni di Rennes-le-Château, per sottrarle al vescovo con cui era in conflitto – non avesse continuato per anni, anche per incoraggiare eventuali acquirenti, a favoleggiare di tesori nascosti. E se un altro personaggio, Noel Corbu (1912-1968), dopo avere acquistato dalla Denarnaud le proprietà dell’ex-parroco per trasformarle in ristorante, non avesse cominciato, a partire dal 1956, a pubblicare articoli sulla stampa locale dove – animato certo anche dal legittimo desiderio di attirare turisti in un borgo remoto – metteva i presunti «miliardi» di don Saunière in relazione con il tesoro dei catari.
Negli anni 1960 le leggende diffuse da Corbu su scala locale acquistano fama nazionale dopo aver attirato l’attenzione di esoteristi – fra cui Pierre Plantard (1920-2000), che aveva animato in precedenza il gruppo Alpha Galates ed era stato anche condannato per truffe a sfondo esoterico – e di giornalisti interessati ai misteri esoterici come Gérard de Sède, che pubblica nel 1967 L’or de Rennes. Tre autori inglesi di esoterismo popolare – Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln – s’incaricheranno di elaborare ulteriormente le sue idee, trasformandole in una vera industria editoriale – grazie anche alla BBC, che batte la grancassa – avviata con la pubblicazione, nel 1979, de Il Santo Graal. Secondo de Sède e i suoi continuatori inglesi, il parroco aveva scoperto il segreto di Rennes-le-Château, dove sarebbe depositato non solo un tesoro favoloso – variamente attribuito al tempio di Gerusalemme, ai visigoti, ai catari, ai templari, alla monarchia francese, e cui il sacerdote avrebbe attinto solo per una piccola parte –, ma anche – rivelato dalle presunte pergamene ritrovate da don Saunière, dalle iscrizioni del cimitero, dalle forme stesse degli edifici e di quanto si trova nella chiesa parrocchiale – un tesoro di tipo non materiale, la verità stessa sulla storia del mondo. Nel paesino pirenaico esisterebbero i documenti in grado di provare che Gesù Cristo – verità accuratamente nascosta dalla Chiesa cattolica – aveva avuto figli da Maria Maddalena, che questi figli portano in sé il sangue stesso di Dio e che pertanto hanno il diritto di regnare sulla Francia e sul mondo intero. Che il Santo Graal sarebbe, più propriamente, il sang réal, il «sangue reale» dei discendenti fisici di Gesù Cristo, è affermato da quando Plantard entra nella storia di Rennes-le-Château. Il Codice Da Vinci si limita a ripetere queste affermazioni. Per prudenza, afferma Plantard, la discendenza dei merovingi da Gesù Cristo sarebbe sempre stata mantenuta come un segreto noto a pochi. Ma i catari, i templari, i grandi iniziati – dallo stesso Saunière al pittore Nicolas Poussin (1594-1655), il quale ne avrebbe lasciato una traccia nel suo famoso quadro del Louvre I pastori di Arcadia, che raffigurerebbe precisamente il panorama di Rennes-le-Château – hanno custodito il segreto come cosa preziosissima, lasciando trapelare di tanto in tanto qualche indizio.
Oggi, naturalmente, un Priorato di Sion esiste. È fondato nel 1956 da Pierre Plantard – che si fa chiamare anche «Plantard de Saint Clair», inventandosi un titolo nobiliare di fantasia che è alle origini delle affermazioni de Il Codice Da Vinci secondo cui anche «Saint Clair» sarebbe un cognome merovingio –, con tanto di atto notarile e carte da bollo. Plantard ha lasciato intendere di essere egli stesso un discendente dei merovingi e il custode del Graal. La prova che il Priorato esiste da mille anni dovrebbe consistere nel nome di un piccolo ordine religioso medievale chiamato Priorato di Sion. Questo è effettivamente esistito – e finito –, ma non ha relazioni di sorta né con i merovingi né con presunti discendenti di Gesù Cristo. È difficile non concludere che il collegamento fra Rennes-le-Château, i merovingi e il Priorato di Sion è puramente leggendario, e che il Priorato è un’organizzazione esoterica le cui origini non vanno al di là dell’esperienza di Plantard e dei suoi collaboratori. Non è esistito nessun Priorato di Sion – nel senso in cui oggi se ne parla – prima dell’arrivo di Plantard a Rennes-le-Château. Ora, naturalmente esiste: ma solo dal 1956.
Nella pagina Informazioni storiche de Il Codice Da Vinci si afferma, come ho accennato, che tutta la storia è confermata da documenti inoppugnabili. Si tratta dei famosi documenti in parte «ritrovati» nel 1975 nella Biblioteca Nazionale di Parigi e in parte trasmessi in precedenza allo scrittore Gérard de Sède. I documenti, però, sono stati «ritrovati» dalle stesse persone che li avevano nascosti nella Biblioteca Nazionale di Parigi: Plantard e i suoi amici. Ed è certissimo che non si tratta di documenti antichi ma di falsi moderni. Il principale autore dei falsi, Philippe de Chérisey – morto nel 1985 –, ha confessato di aver partecipato alla loro falsificazione, lamentandosi perfino per la loro utilizzazione avvenuta senza versargli il dovuto compenso, argomento su cui esistono lettere dell’avvocato di Chérisey.

Quanto a Poussin, la «prova» del suo collegamento con Rennes-le-Château avrebbe dovuto essere la fotografia di una tomba presente nel territorio del paesino francese, oggi distrutta, ma cui Poussin si sarebbe ispirato per il suo quadro I pastori di Arcadia. Peccato però che della tomba siano stati ritrovati il permesso e i piani di costruzione, datati 1903, ancorché la tomba sia stata completata nel 1933: la tomba è dunque posteriore di quasi trecento anni al quadro di Poussin. Nessun «documento» e nessuna «prova», dunque. Solo fantasie, buone per vendere romanzi più o meno appassionanti, ma che dal punto di vista strettamente storico devono essere considerate autentica spazzatura.


Fonte: Articolo sostanzialmente anticipato, in una versione più breve, senza note e con il titolo Il Codice Da Vinci, in il Timone. Mensile di formazione e informazione apologetica, anno VI, n. 31, Fagnano Olona (Varese) marzo 2004, pp. 47-49.

1517: il dramma protestante

L’anno 1517 rappresenta il primo gradino della discesa.

E l’anno in cui Lutero, il monaco apostata, lancia la sua sfida a Roma e inizia quel movimento che fu chiamato impropriamente e continua ad essere chiamato "riforma", ma che in pratica deve essere chiamato "ribellione" e "apostasia".

Dopo il 1517 l’Europa, riunita religiosamente sotto un solo Capo, il papa, non sara più quella di prima. Sarà quella che oggi politici e sociologi vorrebbero con tanto sforzo e con dubbio successo far tornare: l’Europa unita.

Molte sono le cause che hanno portato al luteranesimo e molti sono gli aspetti che la nuova eresia presenta. Non è nostro compito analizzare queste cause e questi aspetti - e non sarebbe qui il posto adatto per farlo - quanto piuttosto vedere l’opera del maligno in questa immane tragedia che aveva colpito la Chiesa e l’umanità.
Con Lutero il teocentrismo diventa antropocentrismo, anzi soggettivismo. In luogo della visione obiettiva diretta all’edificazione del regno di Dio, sottentra la considerazione soggettiva delle cose. La forza universale, creatrice della socialità del Medioevo, cede sempre più il passo all’individualismo moderno distruttivo di ogni socialità.

Il soggettivismo individualista si costruisce una religione tutta a misura d’uomo, accettando e ritenendo quello che piace e rifiutando quello che non piace senza entrare nel piano generale concepito in precedenza. Una religione che conserva ancora il nome e la targhetta di "cristiana", ma che rigetta l’autorità del papa romano su cui è fondata la vera ed unica chiesa di Cristo, che riduce il numero dei sacramenti, abolisce il sacerdozio gerarchico, cancella dal canone dei libri sacri gli scritti che non collimano con le proprie vedute. La fede stessa, che è proclamata unica garanzia di salvezza, è presentata e definita arbitrariamente. L’uomo privato della sua libertà – non "libero arbitrio" diceva Lutero, ma "servo arbitrio" - diventa un automa irresponsabile, zimbello della passione e della tentazione senza possibilità di emanciparsi e di risorgere.
Il protestantesimo portò la rottura con la Chiesa di una gran parte dell’umanità cristiana, distrusse cosi la prima e più concreta unità religiosa dei popoli e ostacolò la chiesa nella sua opera di edificazione del regno di Dio.

Il distacco dell’umanità dalla Chiesa doveva necessariamente niente portare anche al distacco dell’umanità da Cristo, perché la Chiesa è per sua essenza e per sua missione la continuatrice della vita e dell’opera di Cristo sulla terra. E il distacco da Cristo doveva, a poco a poco, portare al distacco da Dio.

Dalla distruzione della fede in Dio doveva derivare il crollo della solidarietà umana, del sentimento di fratellanza fra gli uomini che trova la sua ragione d’essere e il suo fondamento solo nella fede in Dio.
 

La cosiddetta  "riforma" ha visto le esigenze del Corpo mistico di Cristo negate dalla maggior parte dell’Europa che a quel tempo era tutta cattolica. Questo significa rigettare l’ordine stabilito da nostro Signore Gesù Cristo pure sforzandosi di conservare la fede nella sua divinità. Per gli ebrei era questo un enorme passo avanti perché voleva dire l’abolizione della supremazia del Corpo mistico di Cristo sopra molti stati. Lo Stato prese il posto di Cristo in tutti quei Paesi che avevano abbracciato il protestantesimo. Così un’entità puramente naturale si arrogò da se stessa funzioni e autorità divine organizzando quella particolare forma di religione fatta di una mistura di elementi naturali e di elementi soprannaturali come fosse un ministero di stato.
 

Il protestantesimo ha rifiutato Roma, ha rifiutato la Chiesa e ha messo al suo posto il "libro", la Bibbia, con l’idea che lo Spirito Santo insegnasse ad ognuno, con l’aiuto della Bibbia, tutte le verità religiose. In pratica si è avuto tutto il contrario.

Senza un magistero autorevole che potesse definire i dubbi e mettere luce alle controversie, ne é derivata una pletora di sette, di movimenti e di gruppi fanatici, tutti riferentisi all’autorità della Bibbia, dove non é più possibile discernere la verità dall’errore. Per questo vediamo nascere nel protestantesimo la massoneria, l’illuminismo, il puritanesimo, il pietismo, i battisti e gli anabattisti e tutti quei movimenti talvolta in contrasto tra loro, ma sempre uniti e solidali quando si tratta di ostacolare e di combattere la vera Chiesa di Cristo, la Chiesa di Roma.

 

Fonte: da “La Civitas Satanae all’assalto della Civitas Dei” (P.Calliari)

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Lutero era un monaco agostiniano (entrato in monastero per sfuggire a una vendetta privata) che trasse pretesto da una pretesa "corruzione" della Chiesa per fondare una religione completamente nuova. Per questo è inesatto parlare di "Riforma".

Infatti se il problema fosse stato davvero costituito dalla vendita delle indulgenze, delle cariche ecclesiastiche e dalla non osservanza del celibato ecclesiastico, si sarebbe potuto benissimo ovviare a tali abusi semplicemente eliminandoli. Non era la prima volta che la Chiesa si autoriformava sotto l'impulso di Santi (pensiamo a san Francesco), e lo stesso Lutero venne invitato al Concilio di Trento per esporre le sue tesi. Ma non ci andò. Ormai si era spinto troppo in là ed aveva rivelato dove realmente voleva andare a parare.  Personalmente ossessionato dal sesso, dal demonio e dal peccato, proprio la notte di Ognissanti del 1517 (per coincidenza è la "notte delle streghe") affisse le sue famose "Tesi" sulla porta della chiesa di Wittemberg, la prima delle quali diceva che «tutta la vita del cristiano deve essere una penitenza». Questa allegra prospettiva fu puntellata con tutta una serie di rivendicazioni che, di fatto smantellavano completamente il Cattolicesimo: abolizione della gerarchia ecclesiastica perché ogni cristiano può interpretare da solo le Scritture, abolizione del culto dei Santi e della Madonna, sostituzione della Messa (in cui si ripete il sacrificio di Cristo) con una semplice commemorazione dell'Ultima Cena, abolizione degli ordini religiosi e della Confessione.

Naturalmente finì come doveva finire: se ogni cristiano è libero di interpretare le Scritture come vuole perché dovrebbe interpretarle come dice Lutero? Infatti già durante la sua vita le sètte protestanti si moltiplicarono. Ma lui instaurò un clima di terrore e ricorse ai prìncipi tedeschi per reprimere nel sangue ogni dissenso. Cominciarono le guerre di religione e la Cristianità si spaccò per sempre. L'Inghilterra di Enrico VIII, la Munster degli Anabattisti, la Ginevra di Calvino, la Scozia di Knox e la Francia degli Ugonotti divennero teatro di massacri senza fine, a cui si poté porre termine solo con il compromesso del "cuius regio eius religio". Adesso ogni suddito doveva obbligatoriamente professare la religione dello stato in cui viveva, cosa che portò all'instaurarsi di inquisizioni e alla repressione di ogni diversa religione all'interno di ogni stato. Le idee protestanti, in tutte le loro forme, veicolate attraverso la nuova invenzione della stampa, crearono dappertutto fermenti, rivolte e stragi.

Le novità introdotte dalla cosiddetta Riforma furono: la dottrina della predestinazione e l'impossibilità della Confessione liberatoria, che determinarono una psicologia pessimistica (da qui la plumbea "austerità" delle popolazioni nordiche). La sottoposizione della religione allo stato e la conseguente creazione di chiese nazionali abituò i protestanti all'obbedienza al governo, con la stessa intensità con cui prima si doveva obbedire a Dio stesso.  Le donne, private anche della possibilità della carriera ecclesiastica, finirono "angeli del focolare" e vennero relegate in ruoli esclusivamente casalinghi. La sessuofobia di Lutero venne portata ad esasperazione dai Puritani inglesi, i quali la trapiantarono in America. Non è un caso se è proprio in quella nazione che i presidenti sono costretti alle dimissioni se scoperti in flagranza di adulterio. Il bigottismo sessuale, poi, genera il suo contrario per reazione: infatti la rivoluzione sessuale rockettara e poi sessantottina è partita proprio dagli Usa. Ancora: Lutero vietò le immagini sacre, costringendo l'arte alla sola musica: per questo motivo le zone protestanti partorirono da allora in poi praticamente solo musicisti. Infine i "pastori", perché sposati, divennero facilmente ricattabili dal Potere (lo si è visto nei regimi comunisti e nazisti: solo i preti cattolici hanno potuto resistere).

La drastica diminuzione delle feste e della "gioia di vivere" (come si fa, infatti, a sapere se si è "predestinati" o meno?), ha prodotto quel concentrarsi nel lavoro, quel reinvestire continuo, quella attitudine all'irregimentazione, quello sfruttamento degli operai (i poveri, come nell'Antico Testamento, sono tali perché "peccatori", non predestinati), quella propensione all'alcool (non si può sempre fingere una virtù che non si ha: ogni tanto bisogna "rilassarsi") che è assente nei paesi latini, quel reprimere la manifestazione pubblica dei sentimenti che porta da un lato all'ipocrisia, dall'altro allo sbracamento (impeccabili di giorno e ubriachi fradici il week-end; il "minuto di silenzio", l'occultamento delle emozioni ai funerali e gli hooligans; e così via), ma ha determinato l'ineluttabile superiorità economica e militare dei paesi nordici.  Questo tipo di mentalità da "predestinati", incontrando il darwinismo, ha generato il razzismo biologico, prima totalmente sconosciuto. Si noti come il fenomeno dei serial killer sia partito dall'Inghilterra (il famoso Jack lo Squartatore) e dilagato negli Usa. Dagli Usa sta conquistando il mondo. In personalità fragili un peccato è irrimediabile (non c'è la Confessione); la mentalità e l'educazione puritane fanno il resto. Si noti come nei film anglosassoni non si mangi quasi mai: si beve. Nel West c'erano i saloon, dove si beveva ma non si mangiava. E da dove ogni tanto le benpensanti nerovestite della città facevano cacciare le "svergognate" ballerine.

Della grande tragedia che distrusse l'unità cristiana cosa è rimasto? Chi, oggi, pensa ancora che le buone opere non servano a niente? Chi crede in un Dio che ha predestinato al paradiso solo alcuni, mentre tutti gli altri sono dannati qualunque cosa facciano? Chi è spiacente che tutti i capolavori dell'arte sacra non siano stati distrutti? Chi vorrebbe al potere solo persone in "stato di grazia"? La storia e il buonsenso hanno dato ragione al Cattolicesimo "papista", piaccia o no. Certo oggi sono molti quelli che si rivolgono a nuovi culti o a vecchi culti riverniciati. Ma il mix di spiritismo, astrologia, reincarnazionismo chiamato New Age, ha davvero maggiore attendibilità scientifica di Babbo Natale? Il neo-buddismo è una religione? No, è una filosofia tutto sommato nichilista. Il suo fondamento (nelle sue infinite varianti) è questo: liberarsi dal desiderio per liberarsi dal dolore, evitare le cattive azioni per uscire dal ciclo delle reincarnazioni e raggiungere il Nirvana (cioè il Nulla, dove non c'è dolore, ma neanche gioia). Se uno soffre non ci si può far niente: è il suo karma; è stato cattivo in una vita precedente. In fondo queste "religioni" sono la proiezione mistica (insopprimibile nell'uomo) dell'edonismo imperante. Ognuno si crea una sua religione-fai-da-te, con un Dio che è a propria immagine e somiglianza. 

Anche il proliferare di stregoni, maghi e cartomanti ha lo stesso scopo: star bene ed avere fortuna. Molti cercano di ovviare al proprio disagio esistenziale tuffandosi in una qualsiasi delle offerte che l'attuale "supermarket delle religioni" mette a disposizione.

Ma la ricerca di Dio, cioè della Verità (che non può essere che una), può esigere il contrario. Il Cristianesimo, infatti, non ti propone benessere, ma la Croce. La Verità, ti dice, ha questo prezzo; i vantaggi li vedrai dopo. Insomma chi afferma di cercare la Verità, ma in realtà cerca solo se stesso, non trova affatto Dio. Lo trova solo chi cerca Lui, anche a costo di dover rinunciare a se stesso.

Fonte: "Fregati dalla scuola", R.Cammilleri (Ed. effedieffe)