Il progresso secondo E.Jünger

Che idea ha del progresso?

È per me un antropomorfismo con il quale l'uomo moderno ha tentato di leggere la storia. Un surrogato dell'idea di «spirito del mondo ». Bisogna prenderne le distanze e osservare piuttosto l'universo e la sua storia dal punto di vista del principio della conservazione dell'energia. La potenza del cosmo rimane sempre la stessa, non ci sono progresso o regresso né accelerazione o decelerazione che possano modificarla. Ciò che cambia sono solo le figure, le forme che la storia, anzi, la terra produce incessantemente dal suo profondo. Il problema che qui vedo sorgere è un altro: possiamo considerare l'uomo, questa apparizione sovrana nella storia dell'universo, responsabile della sua evoluzione?

Ritiene ancora possibile salvaguardare lo stile, questo gesto delicato e aristocratico, in un mondo che tende alla spersonalizzazione e alla manipolazione dell 'individuo?

Definirei la nostra una società di individui massificati che necessita per questo di élite molto ristrette, destinate a svolgere una funzione importantissima. Su questo punto mi attengo alla sentenza eraclitea che dice: "Uno solo, per me, è diecimila ». Questo numero andrebbe oggi elevato a potenza.

Nel senso che le élite andrebbero allargate o ristrette ulteriormente?

Nel senso che quanto più cresce la massificazione, tanto più grande è il valore e la forza spirituale di quei pochi capaci di sottrarvisi.

Siamo abituati a pensare alle élite in termini Più sociologici che spirituali. Lei che definizione ne darebbe?

La definizione sociologica di élite è già indice della corruzione del concetto. Un ammonimento, per me, a non avere più fiducia nemmeno nelle élite, ma ormai soltanto nei grandi Solitari.

In Italia si discute accanitamente di « destra» e « sinistra». Che cosa pensa di queste due categorie?

Sono ormai categorie organiche, come le parti del corpo. Pensate per esempio alle mani: sono entrambe indispensabili. E ovvio che Ciascuna esiste in funzione dell'altra. Da questo punto di vista, dunque, la «destra» e la «sinistra» sono ugualmente necessarie. Ciò che fin dalle convulsioni della Repubblica di Weimar mi apparve chiaro è che non tiene più la tradizionale raffigurazione spaziale del significato politico di queste due categorie, secondo l'immagine di un parlamento in cui la destra siede da un lato e la sinistra dall'altro. E questo vale ancor più oggi, nell'età della tecnica e delle comunicazioni di massa. Personalmente, comunque, mi ritengo al di là di questo schema, che ha riempito scaffali di ideologia.

Come immagina dunque il prossimo secolo?

Non ne ho una idea troppo felice e positiva. Per dirla con una immagine, vorrei citare Holderlin, il quale in Pane e vino ha scritto che verrà l'evo dei Titani. In questo evo venturo il poeta dovrà andare in letargo. Le azioni saranno più importanti della poesia che le canta e del pensiero che le riflette. Sarà un evo molto propizio per la tecnica ma sfavorevole allo spirito e alla cultura.

Fonte: tratto da "I prossimi Titani, Conversazioni con Ernst Jünger", Adelphi, Milano 1997



La causa universale - Dionigi Aeropagita

La causa per eccellenza di tutte le cose sensibili non è nessuna cosa sensibile.

Diciamo dunque che la causa universale, superiore a tutte le cose, non è priva di essenza, di vita, di ragione, d’intelligenza; non è neppure un corpo, e non possiede né una figura, né una forma, né una qualità, né una quantità, né un peso; non si trova in nessun luogo, non è visibile, né può essere toccata materialmente; non ha sensazioni, né è oggetto di sensazioni, né disturbata da passioni materiali, né fa albergare in sé il disordine e la confusione; non è neppure priva di forza, come se fosse soggetta alle vicissitudini del mondo sensibile, né ha bisogno della luce; non ammette in sé né il cambiamento, né la corruzione, né la divisione, né la privazione, né lo scorrimento, né alcun’altra cosa sensibile; e non è neppure qualcuna di queste cose.

La causa per eccellenza di tutte le realtà intellegibili non è nessuna realtà intellegibile.

Procedendo quindi nella nostra ascesa diciamo che la causa universale non è né anima, né intelligenza, e non possiede né immaginazione, né opinione, né parola, né pensiero; che essa stessa non è né parola, né pensiero; e che non è oggetto né di discorso, né di pen­siero. Non è né numero, né ordine, né grandezza, né piccolezza, né uguaglianza, né disuguaglianza, né somiglianza, né dissomiglianza; non sta ferma, né si muove, né rimane quieta, né possiede una forza, né è una forza; non è luce; non vive e non è vita; non è né essenza, né eternità, né tempo; non ammette neanche un contatto intellegibile; non è né scienza, né verità, né regno, né sapienza; non è né uno, né unità, né divinità, né bontà; non è neppure spirito, per quanto ne sappiamo; non è né figliolanza, né paternità, né qualcuna delle cose che possono essere conosciute da noi o da qualche altro essere; non è nessuno dei non-esseri e nessuno degli esseri, né gli esseri la conoscono in quanto esiste; e neppure essa conosce gli esseri in quanto esseri. A proposito di essa, non esistono né discorsi, né nomi, né conoscenza; non è né tenebra, né luce; né errore, né verità; non esistono affatto, a proposito di essa, né affermazioni, né negazioni: quando facciamo delle affermazioni o delle negazioni, a proposito delle realtà che vengono dopo di essa, noi non l’affermiamo, né la neghiamo. In effetti, la causa perfetta ed unitaria di tutte le cose è al di sopra di ogni affermazione; e l’eccellenza di colui che è assolutamente staccato da tutto e al disopra di tutto è superiore ad ogni negazione.

Tratto da “Teologia mistica” di Ps.Dionigi Aeropagita (ed.Città Nuova)



La predizione sugli psicopersuasori di V.Packard

La psichiatria freudiana, secondo la quale molti adulti ricercherebbero inconsciamente quelle piacevoli sensazioni orali provate durante il periodo dell’allattamento e nei primi anni dell’infanzia, dischiuse nuovi orizzonti ai maghi della pubblicità.

(..)

Alcuni aspetti del nostro comportamento di consumatori sono così tortuosi e irrazionali che i tecnici della vendita si trovano, talvolta, a roteare gli occhi esasperati e impotenti. Le nostre singolarità psicologiche sono soprattutto rivelate dal fatto che noi, senza esserne coscienti, vediamo e sentiamo, in uno slogan o in un bozzetto pubblicitario, cose che non avremmo dovuto né vedere né sentire. Tale è la sensibilità del nostro occhio interno e del nostro orecchio interno nel cogliere messaggi non intenzionali, che si stenta, talvolta, a reprimere un senso di pietà per i poveri tecnici del mercato. Questi, di fronte alle nostre capricciose, inspiegabili resistenze, si rivolsero ai tecnici della profondità per ottenere diagnosi e rimedi ai loro malanni.

(..)

Le inquietanti caratteristiche orwelliane del mondo verso il quale i persuasori sembrano volerci sospingere — sia pure involontariamente - appaiono in tutta la loro evidenza quando si considerano talune delle loro più audaci e ingegnose operazioni.


Ad esempio nel mercato dei beni di consumo, ci pare di poter considerare un segno premonitore di eccezionale gravità l’impiego delle tecniche del profondo per determinare il grado di vulnerabilità delle bambine ai messaggi pubblicitari. Nessuno, letteralmente, può sfuggire all’occhio onniveggente degli analisti motivazionali allorché si presenta la minima occasione di vendita.

(..)

A che genere di «domani» stiamo andando incontro nella vendita di prodotti si può vedere dall’uso della psicanalisi sulle ragazzine per scoprire quanto siano sensibili al messaggio pubblicitario. Nessuno, assolutamente nessuno, evidentemente, può essere risparmiato dall’occhio onniveggente del Grande Fratello, il ricercatore motivazionale, se pare che un’occasione di vendere si presenti

A lunga scadenza - diciamo nel 2000 - tutte queste manipolazioni a base psicologica sembreranno, forse, molto ingenue e un po’ ridicole. A quell’epoca i biofisici avranno probabilmente assunto il comando delle operazioni con il « biocontrollo », ossia la persuasione del profondo portata alle sue conseguenze estreme. Il biocontrollo è la nuova scienza che controlla i processi mentali, le reazioni emotive, e le percezioni mediante segnali bioelettrici. Al congresso nazionale di elettronica tenutosi a Chicago nel 1956, l’ingegnere Curtiss R. Schafer, della Norden Keaty Corporation, lesse una relazione sulle prodigiose possibilità offerte dal biocontrollo. Egli affermò che l’elettronica è in grado di provvedere al controllo di tutti gli individui in qualche modo «difficili», facendo risparmiare agli specialisti delle varie discipline sociali tempo e seccature. A suo dire, si tratterebbe di una operazione relativamente semplice.

Gli aeroplani, i missili, talune macchine, sono già guidate elettronicamente; lo stesso principio si può applicare al cervello umano, che ha in sostanza la struttura di una macchina calcolatrice. Attraverso il biocontrollo gli scienziati sono già riusciti ad alterare, in alcuni soggetti umani, il senso d’equilibrio. E hanno provocato artificialmente la sensazione della fame in animali sazi; in altri, hanno provocato il panico senza che nulla di visibile li minacciasse. La rivista «Time» riassumeva in questi termini il pensiero di Schafer: «Il limite ultimo del biocontrollo potrebbe essere il controllo dell’uomo stesso... Ai soggetti controllati non si permetterebbe mai di pensare individualmente. Pochi mesi dopo la nascita, un chirurgo sistemerebbe sotto la cute del bambino degli elettrodi collegati a determinate regioni del cervello... Le percezioni sensoriali e l’attività muscolare del bambino potrebbero essere modificate o completamente controllate da segnali bioelettrici irradiati da un trasmettitore azionato dalle autorità statali ».Per rassicurare i lettori, lo scienziato precisava che gli elettrodi «non provocano alcun disturbo».Non dubito che gli psicopersuasori dei nostri tempi rifiuterebbero con indignazione di commettere una simile sopraffazione a danno dell’uomo. In massima parte, si tratta di persone moralmente integre e bene intenzionate, che seguono l’onda inarrestabile del progresso moderno: vogliono, è vero, controllarci, ma solo per quel tanto che basta a venderci prodotti che potrebbero esserci utili o a diffondere tra di noi idee e opinioni che sono spesso degnissime.Ma quando il processo di manipolazione è cominciato, dove deve arrestarsi? Chi stabilisce il limite oltre il quale esso diventa socialmente pericoloso?


Fonte: tratto da “I persuasori occulti” di V.Packard (ed.Einaudi), 1957






Il disgregamento dell'anima nella civiltà occidentale - C.Dawson

Il mondo che i Cristiani debbono oggi affrontare assomiglia più a quello descritto nell'Apocalisse che a quello di Sant'Agostino. Il mondo è forte, dominato da padroni malvagi; ma questi padroni non sono Nerone o Domiziano, autocrati rotti al vizio; sono gli ingegneri costruttori della macchina d'una potenza mondiale, ben più formidabile e tremenda di quanto abbia mai conosciuto il mondo antico, perché essa non si limita, come i dispotismi del passato, ad usare mezzi esterni, ma si vale di tutte le risorse della psicologia moderna per fare dell'anima umana la forza motrice del suo arbitrio dinamico.

Così i principii fondamentali agostiniani dei Due Amori e delle Due Città, ancor validi, assumono oggi una forma nuova, ignota alla Chiesa del passato. Perché oggi assistiamo ad un meditato tentativo di unificazione e di potenziamento della società umana, fin dalle più profonde radici ; si tenta di portare la Gerusalemme, che è lo spirito dell’Uomo quale ricettacolo dello Spirito di Dio, alla schiavitù di Babilonia, che è lo spirito dell'uomo degradato a cieco strumento d'una diabolica volontà di potenza. Non abbiamo qui spazio per discutere le origini e lo sviluppo di questo male, ma basti dire che le tendenze rivoluzionarie del mondo moderno, ispirate in principio ad un ottimismo umanitario positivo, sono degenerate in una "Rivoluzione distruggitrice". E, come ha osservato Nietzsche, la causa principale di ciò va cercata nella perdita dei valori morali cristiani, che "trattenevano l'uomo dal disprezzo di se stesso, da una ribellione contro la vita, e dalla disperazione, figlia della conoscenza".

Perché una morale, privata delle basi religiose e metafisiche non può che subordinarsi a fini più bassi; e quando questi fini sono negativi, come nella guerra e nella rivoluzione, tutta la scala dei valori morali ne rimane invertita. È comprensibile che un simile nichilismo morale s'accompagni ad un idealismo fanatico in un movimento rivoluzionario clandestino, ma diventa un male molto più grave quando un governo ne faccia il suo credo, quando la forza che domina lo stato se ne serva per difendere la violenza e l'ingiustizia, quando il terrorismo rivoluzionario della società segreta si fonda col terrorismo repressivo della polizia segreta, per produrre una nuova tecnica totalitaria di governo di forza e di terrore che mina le basi psicologiche della libertà morale.

Alla luce del Cristianesimo, l'aspetto più grave di questa situazione è che il male si è per così dire spersonalizzato, svuotandosi di passioni e d'appetiti individuali ed innalzandosi di là dall'umanità, in una sfera dove si confondono e si trasfigurano tutti i valori morali. I grandi terroristi da Robespierre e St. Just a Dzerscinski non erano uomini immorali, ma rigidi puritani che facevano il male freddamente, per principio, disinteressatamente; mentre i dittatori moderni assommano in sé le qualità più alte e più basse della natura umana, - dedizione e devozione illimitata, ed un altrettanto illimitato spirito di vendetta e di violenza - per affermare la loro volontà di potenza.

(..)

La subordinazione della morale alla politica, il regno del terrore, la tecnica della propaganda e dell'aggressione psicologica, possono diventare gli strumenti d'un qualsiasi potere o partito che abbia l'audacia di rinunciare agli scrupoli morali e di precipitarsi nell'abisso.

Questa è per noi la difficoltà più grave, perché questo male prospera e trionfa nella guerra, e la necessità di combattere lo spirito dell'aggressione sfrenata colla forza delle armi crea un'atmosfera particolarmente favorevole al suo sviluppo. Per conseguenza abbiamo l'arduo compito di condurre una guerra su due fronti.

(..)

Il disgregamento della civiltà occidentale, dovuto alla pressione economica e morale della guerra, costituisce un pericolo serio da non scartarsi alla leggera. Né i Cristiani possono affrontarlo collo stesso animo con cui affrontavano la caduta dell'Impero Romano. Quello era un disastro esterno che lasciava intatte le sorgenti della vita spirituale, mentre quella odierna è una catastrofe spirituale che colpisce le basi morali della nostra società, e distrugge non la forma esterna della civiltà, ma l'anima dell'uomo, principio e fine d'ogni cultura umana.

Fonte: tratto da “il giudizio delle nazioni” di C.Dawson (ed.Bompiani)