Sophia Perennis di Frithjof Schuon

L’opera di Schuon è molto ampia, in Italia le Edizioni Mediterranee hanno fatto un ottimo lavoro su questo studioso.

Il testo che andiamo a consigliare qui non è dei suoi più importanti, trattasi di una raccolta di aforismi estratti dalla sua opera, in gran parte inediti nel nostro Paese, che trattano del Principio Divino e della sua Manifestazione universale, dell’ Anima, del microcosmo, del macrocosmo e genericamente della vita spirituale dell’essere umano.

È un libro che non ha nulla di organico, ma crediamo che, specialmente di questi tempi, possa essere d’ aiuto approcciarsi al pensiero di grandi autori attraverso testi con tale struttura.

D’altronde come ci ricorda l’autore dell’introduzione: “La forma di questa raccolta corrisponde a una maniera assai particolare di presentazione dottrinale, dunque anche a un bisogno particolare d’assimilazione spirituale. In alcuni momenti ci si può sentire chiamati a penetrare il pensiero di un autore esaminando coscienziosamente un suo libro; in altri, o in circostanze diverse, si può preferire un approfondimento meno laborioso e quasi spensierato, paragonabile a una passeggiata meditativa in un giardino. Ciò può accadere quando si sceglie una lettura da viaggio che, senza essere troppo impegnativa, almeno non ci fa perdere tempo; una lettura magari non facile per i suoi soggetti però facilitata da una presentazione che spazia su vari argomenti.”

Chi non conosce Schuon può partire da questi delicati aforismi e lasciarsi cullare dalla profondità d’animo del filosofo svizzero per poi approdare con la giusta predisposizione alla sua opera.

 




Begotten: un viaggio sensoriale nero

 “Language bearers, photographers, diary makers, you with your memory are dead, frozen, lost in a present that never stops passing; here lives the incantation of matter: a language forever. Like a flame burning away the darkness, life is flesh on bone convulsing above the ground".

The Begotten, il malsano esordio del regista americano Elias Merighe, è una delle più alte espressioni del cinema Weird.

Trattasi di un dissestato e furente delirio misantropico, girato in 16mm su un negativo volutamente graffiato, utilizzando filtri di densità. La sua estetica espressionista si lega sin dai primi istanti con l'atmosfera funerea e decadente del film, che parte di getto senza presentarci i protagonisti. E così veniamo scaraventati immediatamente in un universo sporco e scolorito, i cui unici suoni sono raggelanti loops ambientali. Tutto appare immediatamente come un brutto sogno e lo sgranamento esasperato del bianco e nero dilata le immagini, che sfumano e si disperdono lasciando intravedere la reale consistenza delle sostanze presenti nell'ambiente circostante. Tutti i movimenti che osserviamo sullo schermo danno l'impressione d'essere il sunto della metamorfosi della composizione della materia, e ci sembra di assistere quasi alla sua continua fermentazione all'interno di una dimensione indefinita.

Un deciso movimento di macchina penetra in una baita isolata di campagna ove si trova un personaggio ambiguo, su una sedia, in procinto di suicidarsi, e nell'osservarlo si ha stranamente la netta impressione che il tempo desista. Le sue gesta paiono dissolversi spasmodicamente, quasi a livellarsi e divenire un tutt'uno con l'istantaneità. Costui, dopo essersi dato la morte, giace inevitabilmente esanime nella stanza ed a seguire si accodano altre immagini caotiche e convulse in cui accade un po' di tutto: giunge nella stanza una donna che partorisce un essere epilettico, assieme escono dalla baita e con l'essere rantolante tenuto a guinzaglio, si imbattono in uomini incappucciati che decapitano la donna sotterrandone i resti.

Dopo la morte, l'uomo si ritrova così solo a strisciare su una grande spiaggia deserta, ma prontamente gli incappucciati sopraggiungono per demolire anche lui. I resti dei due vengono seppelliti nello stesso punto, cosicché si fondono nuovamente, rigenerandosi sotto forma di piante e fiori.

Il film con il suo linguaggio onirico e allusivo, indecifrabile e bislacco, si pone al pubblico come fosse un quadro commemorativo i cui contenuti defluiscono direttamente dai sensi dello spettatore ai suoi istinti inconsci.

E' bene sottolineare che dai titoli di coda emergono le identità delle figure, dunque inevitabilmente sorge anche una chiave di lettura. Si svela che il personaggio che si suicida all'inizio è Dio, la donna è Madre Natura, il nascituro generato è il Figlio della terra, e gli uomini violenti rappresenterebbero semplicemente l’umanità. A fronte di ciò, chiaramente è possibile scovare simbologie e significati. La tematica centrale potrebbe esser collegata all'ermetismo, al rapporto tra l'uomo e Dio che sfugge all'intelletto umano. Difatti gli inconsueti simbolismi sembrano indicarci delle essenze sconosciute nell’essere umano capaci di penetrare in tutte le cose, in ogni corpo, dilatandosi all’infinito e contraendosi sino a livelli microscopici. Altre ipotesi potrebbero interessare l'alchimia, oppure semplicemente riferirsi ad una banale allegoria delle deturpazioni continue che da sempre l'uomo infligge alla natura.

Ma aldilà di tutte le possibili interpretazioni, si può affermare che nel complesso sono l'atmosfera ed i sensi dello spettatore i padroni assoluti della proiezione. Ed è solamente così che va goduto, impulsivamente, senza affaticarsi a trovarne una spiegazione o interpretazione coerente.  D'altronde sarebbe improduttivo cercare di tradurre razionalmente tutte le suggestioni visive che si susseguono sullo schermo. Trattasi di assidue situazioni incorporee, irreali , con atmosfere che inducono al turbamento.

Begotten, svincolandosi dal logico, gratifica lo spettatore con un ruolo meno modesto e passivo di quello concesso solitamente dal cinema, la cui priorità è fondamentalmente quella di raccontare storie, senza concedere autonomia all'immagine, qui invece vista come vettore intuitivo tendente all'incongruo.

Ogni situazione del film mira simbolicamente al mito della creazione, alla generazione di nuove forme di vita e ciò che viene rappresentato è buio e decomposto, colmo di un'estetica cimiteriale, maleodorante e deformata, da osservare quasi in uno stato di trance.

Una delle esperienze visive più atipiche ed ombrose che si possano intraprendere, un film assolutamente fuori da qualsiasi concezione e logica spazio-temporale. Alla fine della visione non rimane altro che aria stantia e deterioramento.

Un viaggio davvero inesplicabile.


Frammenti di "Propaganda" - E.L.Bernays

La manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese.

Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare. Questa è la logica conseguenza di come è organizzata la nostra società democratica basata sulla cooperazione del maggior numero di persone, necessaria affinché possiamo convivere in un mondo il cui funzionamento è ben oliato.

Molto spesso i nostri capi invisibili non conoscono l’identità degli altri membri di quell’esecutivo ristretto di cui fanno parte. Ci governano in virtù della loro autorità naturale, della loro capacità di formulare le idee che ci servono e della posizione che occupano nella struttura sociale. Poco importa come reagiamo individualmente a questa situazione, poiché in tutti gli aspetti della vita quotidiana, dalla politica agli affari, dal nostro comportamento sociale o ai nostri valori morali, di fatto siamo dominati da un piccolo numero di persone capaci di comprendere i processi mentali e i modelli sociali delle masse.

Sono loro che tirano le fila, controllano l’opinione pubblica, sfruttano le vecchie forze sociali esistenti, inventano altri modi per organizzare il mondo e guidarlo.

In genere non comprendiamo fino a che punto questi capi invisibili siano indispensabili per il buon funzionamento della vita collettiva.

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In teoria ciascuno ha le sue idee per quanto concerne la vita pubblica e quella privata, in pratica se tutti i cittadini dovesse- ro studiare per proprio conto tutto ciò che riguarda le informazioni astratte di ordine economico, politico e morale che entrano in gioco quando si affronta anche il minimo argomento, si renderebbero ben presto conto di non poter giungere a nessuna conclusione. Perciò abbiamo lasciato, volontariamente, a un governo invisibile il compito di passare al vaglio le informazioni per individuare il problema principale, e ricondurre la scelta a proporzioni realistiche. Accettiamo che i nostri dirigenti e gli organi di stampa da loro utilizzati, ci indichino le questioni considerate di interesse generale. Accettiamo che una guida morale, un pastore, uno studioso, o semplicemente un’opinione diffusa ci prescrivano un codice di comportamento sociale standardizzato al quale ci conformiamo per la maggior parte del tempo.

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Le tecniche usate per inquadrare l’opinione pubblica sono state inventate e poi sviluppate via, via che la società diventava più complessa e l’esigenza di un governo invisibile si rivelava sempre più necessaria.

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Oggi si profila una reazione, la minoranza ha scoperto di poter influenzare la maggioranza in funzione dei suoi interessi, ormai è possibile plasmare l’opinione delle masse per convincerle a orientare nella direzione voluta la forza che hanno da poco acquisito. Un processo inevitabile, data la struttura attuale della società.

La propaganda interviene necessariamente in tutti i suoi aspetti rilevanti, che si tratti di politica, di finanza, di industria o agricoltura, delle attività assistenziali o dell’educazione.

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La propaganda è l’organo esecutivo del governo invisibile. L’istruzione generalizzata doveva permettere alla persona comune di padroneggiare l’ambiente in cui viveva. Se dobbiamo credere all’ideologia democratica, dopo aver imparato a leggere e scrivere, essa avrebbe avuto le capacità per governare, l’alfabetizzazione di massa invece le ha consegnato una serie di idee stereotipate, sorta di stampini con slogan pubblicitari, editoriali, informazioni più o meno scientifiche, futilità della stampa scandalistica e luoghi comuni attinti dalla storia.

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Presente dovunque la propaganda modifica le nostre immagini mentali del mondo, anche se l’osservazione sembra troppo pessimista il che peraltro è da dimostrare le tendenze che l’opinione pubblica riflette sono indubbiamente vere. Sempre di più la propaganda viene utilizzata perché è stata riconosciuta la sua efficacia nell’ottenere l’adesione delle masse. Perciò quando qualcuno non importa chi ha una sufficiente influenza, può trascinare con sé una parte della popolazione, almeno per un certo tempo e verso un obiettivo preciso. Una volta coloro che governavano erano delle guide, dei capi, orientavano il corso della storia facendo ciò avevano progettato. Gli attuali successori di quei personaggi e che esercitano il potere in virtù della loro posizione e delle loro attitudini, non possono più fare ciò che vogliono senza il consenso delle masse e per ottenerlo hanno trovato uno strumento sempre più affidabile nella propaganda, che ha quindi un radioso futuro davanti a sé.

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Lo studio sistematico della psicologia delle folle ha rivelato il potenziale che rappresenta per il governo invisibile della società la manipolazione delle motivazioni che guidano l’azione di un gruppo. Trotter e Le Bon inizialmente hanno affrontato l’argomento da un punto di vista scientifico, Graham Wallas, Walter Lippmann e altri che hanno proseguito le ricerche sulla mentalità collettiva, sono riusciti a dimostrare che il gruppo non aveva le stesse caratteristiche psichiche dell’individuo ed era motivato da impulsi ed emozioni che le conoscenze sulla psicologia individuale non riuscivano a spiegare.

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Da ciò l’interrogativo: se si riesce a identificare i meccanismi e le molle della mentalità collettiva, non si potrebbero controllare le masse e mobilitarle a piacere senza che se ne rendano conto?

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Le recenti azioni di propaganda hanno dimostrato che ciò era possibile, sia pure fino a un certo punto ed entro determinati limiti. La psicologia collettiva è ancora lungi dall’essere una scienza esatta e i misteri delle motivazioni umane sono ancora in parte sconosciuti.

In questo quadro l’alleanza tra teoria e pratica si rivela fruttuosa e consente di affermare che, in alcuni casi, l’attivazione di un certo meccanismo provoca effettivamente un mutamento dell’opinione pubblica molto vicino a quello previsto.

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Benché la propaganda non sia una scienza sperimentale, essa tuttavia ha superato quella dimensione empirica che la caratterizzava prima degli studi sulla psicologia delle folle. È scientifica nel senso che cerca di basare le sue operazioni su conoscenze precise, tratte dall’osservazione diretta della mentalità collettiva e nel contempo su principi la cui coerenza e sufficiente regolarità sono state dimostrate. Così come fa lo scienziato nel suo laboratorio, anche il propagandista moderno studia sistematicamente il materiale su cui lavora.

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Per quanto limitato possa essere il settore della psicologia collettiva su cui lavora, il propagandista deve sempre mettere nel conto un significativo margine d’errore. La propaganda non è una scienza esatta, così come non lo sono l’economia e la sociologia, perché tutte e tre hanno come oggetto di studio l’essere umano.

Quando si riesce a influenzare un leader, che ne sia consapevole o no, che accetti o no di cooperare, automaticamente si influenza anche il gruppo cui fa riferimento.

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Una volta il propagandista lavorava in funzione della risposta psicologica “meccanica” allora in voga nelle nostre università che assimilava lo spirito umano a una macchina, un sistema di nervi e centri nervosi che reagiscono agli stimoli con una regolarità prevedibile, come un automa senza difesa, privo di volontà. Lo specialista si limitava a creare lo stimolo che avrebbe scatenato l’attesa risposta dell’acquirente individuale. Secondo una dottrina di questa scuola psicologica, uno stimolo ripetuto spesso finisce con l’indurre un’abitudine e un’idea ribadita con insistenza si traduce in una convinzione. Immaginiamo allora che il responsabile delle vendite di un grossista di carni sia stato incaricato di promuovere la vendita di bacon. Secondo la vecchia strategia avrebbe tambureggiato queste esortazioni con una pubblicità a tutta pagina: “Mangiate del bacon, mangiate del bacon: costa poco, fa bene alla salute, il bacon vi darà delle riserve di energia.” Oggi invece il responsabile delle vendite che ha capito la struttura della società e i principi della psicologia collettiva, si chiederà prima di tutto: “chi sono coloro che per la loro posizione influenzano le nostre abitudini alimentari?” La risposta è ovvia: “i medici”. Questa nuova figura di venditore suggerirà al corpo medico di pronunciarsi pubblicamente sugli effetti salutari prodotti dal consumo di bacon e sa, con certezza matematica, conoscendo la dipendenza psicologica dei pazienti nei confronti del loro medico, che la maggior parte delle persone ne seguirà il consiglio.

(…)

Il propagandista della vecchia scuola si serviva quasi esclusivamente del richiamo esercitato dal messaggio a stampa per cercare di convincere il lettore individuale ad acquistare subito un certo prodotto. Uno dei degli esempi più celebri, per molto tempo considerato come il tipo di messaggio ideale per la sua semplicità ed efficacia, recitava: “COMPRATE (con eventualmente l’indice puntato contro il lettore) i tacchi di caucciù O’Leary. SUBITO/”

Attraverso la ripetizione e l’appello individuale il pubblicitario cercava di vincere o piegare le resistenze dei compratori, l’appello lanciato a cinquanta milioni di persone mirava a ciascuna di loro in particolare.

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I nuovi responsabili commerciali sanno che è possibile, rivolgendosi agli uomini che compongono le masse attraverso le loro formazioni collettive, suscitare correnti emotive e psicologiche che lavoreranno per loro. Invece di attaccare frontalmente le resistenze dei compratori, cercano di eliminarle e a tale scopo creano delle situazioni che, canalizzando le correnti emotive, produrranno la domanda.

Fonte: tratto da "Propaganda" di E. Bernays (Lupetti edizioni)