"Lo Squalo" di Spielberg e la noia

Ieri sera al cinema proiettavano la versione restaurata de "Lo Squalo" di Spielberg.

Scena a cui abbiamo assistito: un gruppo di adolescenti entra in sala pensando di vedere un film nuovo, dopo neppure metà film, realizzato che si trattava di un film del 1975, si sono alzati e se ne sono andati tra improperi. Il motivo? Il film era "troppo lento". Questi ragazzi, cresciuti nell'era degli squali volanti e degli effetti speciali ipercinetici, non riuscivano a reggere i ritmi di un capolavoro con i suoi dialoghi densi, la tensione costruita gradualmente, l'uso magistrale del non-detto e del non-mostrato, appariva loro noioso, privo di quella stimolazione continua a cui sono abituati.

Questo episodio è l'ennesima conferma di come le nuove generazioni abbiano sviluppato una soglia di attenzione sempre più bassa per tutto ciò che richiede riflessione, pausa, contemplazione. Tutto deve essere veloce, spettacolare, adrenalinico con effetti speciali continui, esplosioni visive, azione costante e zero tempi morti. Deve essere istantaneo con gratificazione immediata e nessuna attesa, stile TikTok. D'altronde sono anche molti genitori ad alimentare questa cultura dell'istantaneo. Invece di educare i figli alla pazienza e alla contemplazione, scelgono la strada più semplice: tablet per calmarli, contenuti veloci per intrattenerli, gratificazioni immediate per evitare capricci. Quanti genitori si siedono con i figli a guardare un film "lento" spiegando loro il valore della costruzione narrativa invece di cambiare canale al primo segno di noia del bambino?

La società va veloce e spinge in questa direzione tiktokiana ma se già tra le mura domestiche si cresce in tal maniera…

Tutto inizia in casa, con scelte quotidiane apparentemente piccole ma dal grande impatto. Un genitore che non ha mai educato il figlio ad aspettare, ad annoiarsi, difficilmente crescerà un ragazzo capace di apprezzare la complessità artistica.