C'è chi cerca compagnia per condividere la propria
interiorità e chi invece la cerca per colmare un vuoto. Chi, negli anni, non ha
coltivato dentro di sé riflessioni, interessi genuini, creatività e
contemplazione, si trova in una condizione di dipendenza emotiva dagli altri.
Egli ha fame costante di presenza altrui, non cerca una sana socialità, ha solo
paura del silenzio. Perché quando si rimane soli con se stessi o si scopre di
essere compagnia interessante per se stessi, oppure ci si accorge di essere
estranei alla propria stessa esistenza. Il punto è che chi non sa stare solo
non sa nemmeno stare con gli altri. Porta nelle relazioni non un contributo, ma
un bisogno, la necessità che l'altro riempia il tempo, distragga dai pensieri,
fornisca identità e significato. Questo tipo di compagnia è parassitaria, si
nutre dell'energia altrui senza restituire nulla di sostanziale. Al contrario,
chi ha imparato a trovare ricchezza nella solitudine porta nelle relazioni
valore aggiunto. Sa ascoltare perché sa anche ascoltarsi, sa dare perché ha
qualcosa da dare, sa apprezzare l'altro perché non ne ha bisogno. La compagnia
degli altri deve essere una scelta, non una necessità, un piacere e non una
fuga. Solo se non si ha paura di rimanere soli si può davvero incontrare gli
altri, altrimenti è mero parassitaggio, come la gran parte delle relazioni.