L'Esorcista di W.Friedkin, 52 anni dopo

Il 26 dicembre del 1973 usciva nelle sale "L'esorcista" di William Friedkin, parliamo di ben 52 anni fa.

Da allora sono stati girati tantissimi film sull'argomento, con mezzi tecnologici più moderni che han superato di mille volte quelli utilizzati dal film di Friedkin. Quel che rende questo film insuperabile non è infatti legato agli effetti, è qualcos'altro, qualcosa di più insidioso che si annida nella struttura stessa del film.

Friedkin capì che il vero orrore non abita nello spettacolo del male, ma nel suo ingresso silenzioso nella normalità. 

La casa dei MacNeil è luminosa, borghese, razionale, ordinaria. Il demone non irrompe, si infiltra, gradualmente, attraverso rumori nel solaio, piccole stranezze, crepe impercettibili nella quotidianità. Quando finalmente si manifesta, è già troppo tardi.

È anche una metafora del male, inteso in senso ampio, di come si infiltra nella vita reale. Non con esplosioni o segni evidenti, ma attraverso piccole compromissioni, silenzi, crepe. Potrebbe essere una dipendenza che inizia con un bicchiere in più, una piccola bugia che corrode l'animo, dei dettagli trascurati. Quando poi il male si manifesta in modo incontrovertibile, le radici sono già profonde.

I film successivi hanno quasi sempre invertito la formula mostrando il male, spiegandolo, rendendolo spettacolare. Uno spettacolo che poi in fin dei conti è quasi rassicurante perché lo si può guardare da lontano. L'Esorcista invece toglie ogni distanza di sicurezza. Il suo ritmo lento, la sua apparente tranquillità iniziale, quella Georgetown autunnale così familiare...

52 anni dopo, nessun budget può comprare quelle atmosfere, quel disagio di confine tra scienza e fede.

Nessuna tecnologia può replicare il vuoto di quelle zone d'ombra dove le certezze crollano.