La proprietà privata non è solo un concetto
economico. È l'ultimo rifugio della libertà individuale in un'era di controllo
pervasivo. Assistiamo a un fenomeno paradossale: i sistemi che storicamente
hanno difeso la proprietà privata ora la stanno sistematicamente smantellando.
Non per ideali di uguaglianza, ma per consolidare un controllo sempre più
capillare. La proprietà privata rappresentava originariamente un'area di
autonomia: una casa dove custodire memorie familiari, risparmi che garantiscono
progettualità futura, un mezzo di movimento e scelta individuale, uno spazio
mentale di pensiero indipendente Oggi questa autonomia viene progressivamente
erosa. Il potere contemporaneo opera attraverso meccanismi sofisticati:
moltiplicazione dei punti di osservazione, costruzione di diaframmi
tecnologici, suggestione di interpretazioni predefinite della realtà,
disincentivazione di prospettive alternative L'obiettivo non è distribuire
ricchezza, ma gestire la dipendenza. Quando la ricchezza si concentra in pochissime
mani, la proprietà privata diventa un privilegio invece di un diritto. Lo stato
trasforma sé stesso da garante a gestore esclusivo delle risorse. Il risultato?
Una società di individui sempre più interconnessi ma isolati, controllati attraverso
dispositivi tecnologici che promettono libertà ma implementano sorveglianza.
Difendere la proprietà privata oggi vuol dire
preservare spazi di autonomia, resistere alla logica della precarizzazione,
mantenere la capacità di pensiero critico, custodire memoria e progettualità
individuale Non è più solo una questione economica, ma un atto politico di
resistenza culturale. La vera posta in gioco non è la proprietà materiale, ma
lo spazio mentale e relazionale che essa rappresenta. Un ultimo bastione contro
il controllo totale.
