L'antica funzione dello Spirito - A.Artaud

Vi fu un tempo in cui l’artista era un saggio, ossia un uomo colto che si doppiava in un taumaturgo, in un mago, in un terapeuta, e anche in un gimnasiarca; è tutto quel che si definisce nella lingua dei circhi, l’«uomo orchestra» o l’«uomo Proteo». L’artista riuniva in sé tutte le facoltà e tutte le scienze. Poi venne l’epoca della specializzazione, quella anche della decadenza. Non si può negarlo. Una società che fa della scienza una polvere di scienze è una società che degenera. Se si vuole ben accettare l’idea che l’Uomo è il catalizzatore dell’Universo, bisogna dedurne che le forze morali dell’Uomo vibrano all’unisono con le forze dell’Universo, queste forze che, secondo gli insegnamenti dell’alta filosofia monista, non sono né fisiche né morali, ma rivestono un aspetto o morale o fisico secondo il senso in cui si desidera utilizzarle. E allo stesso modo in cui vi è nel mondo attuale una formidabile incomprensione tra le facoltà opposte dello spirito e della materia, allo stesso modo vi è emulazione, o piuttosto rivalità tra il lavoro delle mani e quello della testa. Le élite, non lo si può negare, non godono d’alcun credito nella società d’oggi. La grande massa umana non si interessa ai lavori dello spirito e non sarebbe esagerato affermare che ci si appresta a ridurre alla fame coloro che, con un disinteresse che fu in altri tempi maggiormente riconosciuto, fanno professione di dedicarsi al puro lavoro del pensiero. Coloro che lavorano con le loro mani hanno dimenticato d’avere una testa, e coloro che lavorano con la testa si attristano generalmente, credendosi sminuiti, quando gli tocca lavorare con le proprie mani. Ci si spiega in queste condizioni, il disprezzo che sentono le masse comuniste per le attività gratuite dello spirito. È perché disprezza i lavori dello spirito che il mondo moderno è in pieno sfacelo; si può anche affermare che ha perso il proprio spirito; e lo spirito, per il fatto d’essere in rottura con la vita, è a sua volta diventato inutile. Che le élite cessino di credere alla loro superiorità, che acquisiscano un’ umiltà salutare, ch’esse rendano allo spirito la sua antica funzione d’organo, che mostrino i lavori dell’intelligenza sotto un aspetto vantaggiosamente materiale, e come per incanto cesserà ogni guerra imbecille tra i raffinamenti sontuosi dello spirito e il lavoro delle mani che è senza valore se non è retto dalla logica della testa. Gli intellettuali occuperanno nella società il posto che gli spetta quando questa società avrà abbastanza discernimento per comprendere che vi è un’identità assoluta tra le forze del corpo e quelle dell’intelligenza, e che lo spirito è il setaccio della vita.


Fonte: "Al paese dei Tarahumara", di A.Artaud (ed.Adelphi)