Nuova rivoluzione industriale

Nel mutamento impetuoso dei paradigmi economici caratterizzanti questi ultimi decenni, accelerato a dismisura da una “pandemia” eretta a causa scatenante d’ogni sconvolgimento, in realtà, ex ante concordato, risiede non soltanto la volontà di rimodellare il mercato del lavoro e ridistribuire spietatamente il flusso della ricchezza, evitandone il frazionamento, ma di riplasmare l’uomo, di creare un vero e proprio archetipo d’individuo funzionale a nuove dinamiche e scopi. Già, perché se si parla oggi apertamente e con insistenza di “nuova rivoluzione industriale”, bisogna comprendere quanto essa sia in primis una rivoluzione antropologica, un riassetto comportamentale e mentale strettamente correlato a quello professionale, che ingloba in tutto e per tutto l’aspetto lavorativo. 

In quest’ottica, appare chiaro come la mortificazione della piccola e media impresa, vessata da un regime fiscale opprimente, da chiusure e restrizioni prima e da rincari energetici e delle materie prime poi, il progressivo scomparire dentro la nube tossica d’un falso progresso di arti, mestieri e tradizioni, le università trasformate sovente in maxi “parcheggi” dove trovano terreno fertile conformismo ed ogni sorta di bestialità governativa, siano il segnale lampante ed inequivocabile del violento processo in atto, di una precisa e chiara volontà di decostruzione e ricostruzione, del ferreo intento d’indirizzare scelte professionali, di saturare interi settori per peggiorarne le condizioni contrattuali, di distruggerne altri mediante politiche volutamente scellerate, contrarie al loro sviluppo ed espansione, di ridisegnare modi di pensare e d’agire. 

Il risultato, cercato e voluto, è quello di creare una generazione molle, disossata, incapace di essere artefice del proprio destino, spaventata, prona, pronta alla supina accettazione d’ogni diktat, priva di spirito critico, quasi inadatta all’esistenza reale, che non sa ergere un muro, coltivare la terra o fare il pane, ma è inchiodata ad un metaverso alienante che fagocita e mescola lavoro e vita privata, impedendo così la visione completa dei fatti e filtrando la realtà tanto da fonderla con l’artifizio. Pensare che tutto ciò sia solo frutto di eventi catastrofici ed imprevedibili, di crisi o dell’oscillare incontrollato di un mercato impazzito e governato da leggi quasi metafisiche, sfuggenti perciò al dominio umano, è da ingenui. Ogni tassello, oggi, trova de facto il suo posto, incastonato in un pantagruelico mosaico raffigurante il declino travestito da evoluzione dei nostri tempi.