Un sottile filo rosso

E' giusto che una teoria scientifica decida della vita delle persone?

Nessuno ha un riscontro empirico, esistenziale, che un non vaccinato produca danni alle altre persone. Questa credenza, di fatto, la genera il green pass. Esso non ci dice soltanto che si può morire di cov19, ma che tutti col nostro respirare (ovvero, vivere), ne siamo responsabili, perché gli trasmettiamo la morte. Quindi, il green pass è uno sviluppo logico del lockdown, nella sua fase post-vaccinale. 
   
C'è un filo rosso in tutti gli avvenimenti, fin dall'inizio, ed è la contagiosità dei sani (altrimenti detti, 'asintomatici'). Non vi stanno certo proibendo di lavorare o entrare in una biblioteca perché avete la febbre o fate fatica a respirare, ma semplicemente perché siete voi, senza vaccino. Quindi un pericolo per gli altri. Questo è il cuore della teoria 'malattia cov19', perché senza tale punto, nessun provvedimento politico avrebbe avuto senso. Fin dal lockdown. Questa guerra contro i sani - contro la totalità della popolazione umana, ovvero contro il loro stesso vivere -, è stata fatta in nome di una teoria scientifica. Nessuno può negarlo. Anzi, viene detto costantemente, a provarne la sua bontà. Ma nessuno può anche negare che di questa teoria scientifica, nessuno possa averne concretamente riscontro. Addirittura, a rigore, potrebbe averne solo smentita. Di qui tutti i provvedimenti finora emanati: a negare la possibilità della falsificabilità della teoria scientifica. Ovvero, a 'realizzarne' la verità, nella vita delle persone, al modo di incastonarsi come struttura dell'immaginario. Imponendo infatti mascherine e gel, dando l'illusione - immaginaria - del distanziamento (che nessuno può e riesce a rispettare), le persone vivono 'come se' il loro relazionarsi fosse pericoloso. Senza poter avere percezione diretta, del 'poter essere altrimenti'. Qualcuno se n'è accorto. Chi prima, chi dopo. Che non accade nulla. Ma - lo sappiamo - la scienza ci dice, che tu non puoi sapere. Che il tuo droplet, da Milano, magari è viaggiato fino a Sondrio, e ha ucciso quell'anziano nella casa di riposo, che si è infettato della variante che tu hai trasmesso al conducente dell'autobus che il giorno dopo è andato a Sondrio a trovare un parente. Dobbiamo crederci. Ce lo dice la scienza. Se, solo due anni fa, avessero chiesto agli intellettuali, se questo sarebbe stato possibile - decidere dei diritti fondamentali della persona, sulla base di una 'teoria' -, la stragrande maggioranza, avrebbe risposto: no. Anzi, avrebbero subito ricordato, che questo, era accaduto, un secolo fa. E che non sarebbe mai più dovuto riaccadere. Da due anni, qualcosa è successo. Gli intellettuali si sono trasformati. Le persone si sono trasformate. Qualcosa, di molto forte, ha indotto a questa trasformazione. Nel modo di pensare, di ragionare, di sentire, di vivere le relazioni umane. Si potrebbe dire: è stato il c19. La pandemia ci ha regalato una nuova sensibilità. Ci ha cambiato in meglio. Abbiamo capito l'importanza della scienza. Per le nostre vite. Anzi, per la vita di tutti. Non facciamo una guerra alle persone: è il virus che circola. E la scienza è più forte del virus. Non ce l'abbiamo su con il ragazzo a cui proibiamo l'accesso in piscina: il nemico è il virus. Epperò, a stare fuori dalla piscina, non è il virus, ma il ragazzo. Quindi, questa trasformazione, è fatta di convinzioni e idee mentali. Frutto di una verità scientifica. 
Quindi, è inevitabile tornare alla domanda iniziale: è giusto che una teoria, solo perché 'scientifica' - il che vuol dire poco, perché di teorie la scienza ne ha cambiate parecchie nel tempo, e ha fatto anche morti e compiuti errori -, debba decidere della vita delle persone, fino ad usare la polizia per poter imporre la propria costruzione teorica (fatta di asintomatici contagiosi)? È giusto manganellare, chi non crede a quella teoria? Cos' avrebbero detto gli intellettuali, solo due anni fa?