Sanità pubblica? E che cos'è? Parliamoci chiaro,
oggi trattasi di un sistema pubblico sulla carta ma privato nei fatti. Non è
forse così? Continuiamo a finanziare con le nostre tasse un sistema che non
risponde ai bisogni di salute della popolazione. Le liste d'attesa interminabili
per visite specialistiche sono diventate la norma. Chi può permetterselo,
ovviamente sceglie la via privata, pagando due volte: una volta con le tasse e
una seconda volta di tasca propria. Chi non può, rinuncia alle cure o le
rimanda fino all'aggravarsi delle sue condizioni. La promessa di un'assistenza
universale, gratuita e di qualità è lontanissima dalla realtà. Quello che
doveva essere un diritto garantito a tutti si è trasformato in un servizio
frammentato, difficilmente accessibile e che spinge sempre più persone verso
soluzioni private. Dati recenti parlano di oltre 4 milioni di italiani che
rinunciano alle cure per motivi economici, di liste d'attesa per alcune
prestazioni specialistiche che superano i 12-18 mesi e di una spesa sanitaria
privata ha superato i 40 miliardi di euro annui. In alcune regioni, le visite
private superano ormai quelle erogate dal servizio pubblico. Non si tratta solo
di carenza di risorse finanziarie. È una scelta voluta, nel sistema attuale la
salute pubblica é solo una voce di spesa da tagliare. Per chi non può
permettersi di essere seguito privatamente vi è poi una ulteriore
frammentazione delle cure. La visione olistica della persona già è rara nella
medicina moderna, ma nel pubblico proprio non esiste, vi è un approccio disordinato,
a compartimenti stagni, che tratta organi e sintomi ma perde di vista
l'integrità della persona. Un paziente si trova a navigare in un labirinto di
specialisti che raramente comunicano tra loro, con approcci terapeutici
contraddittori, duplicazioni di esami, prescrizioni incompatibili. La sanità
pubblica oggi è una catena di montaggio ed il paziente è un prodotto da
processare con tempistiche che sono un terno al lotto. Sballottolato a destra e
sinistra, egli non è più una persona, con la sua storia, la sua singolarità. Se
vuole sperare di essere seguito degnamente deve pagare, soldi, tanti soldi,
oltre a quelli delle tasse ovviamente. Questa è la realtà. Ricostruire un
sistema sanitario degno di questo nome richiederebbe visione politica chiara e
la capacità di superare interessi corporativi ma non ci sembra che si stia
andando in questa direzione.
Sanità pubblica
"Inglesizzazione"
L'invasione linguistica che sta soffocando la nostra
lingua è, anno dopo anno, sempre più fuori controllo. Il fenomeno è
particolarmente evidente nel mondo del lavoro, dove sembra impossibile
sostenere una conversazione senza ricorrere a un gergo ibrido. Perché dobbiamo
"schedulare un meeting" quando possiamo semplicemente
"programmare una riunione"? Perché il "team leader" non può
essere un "caposquadra" e il "project manager" un
"responsabile di progetto"? Si usano termini per apparire più
"business oriented" (orientati al business? Concentrati sugli
affari?). La lingua italiana è capace di esprimere concetti complessi con
precisione e bellezza. Sacrificarla sull'altare di un'internazionalizzazione
superficiale è una resa culturale. Bisogna difendere la chiarezza della
comunicazione e rispettare la dignità di una lingua che ha dato al mondo
capolavori letterari e scientifici. Quando sentiamo qualcuno parlare di
"deadline" invece che di "scadenza", di "conference
call" invece che di "teleconferenza", ricordiamogli che
l'italiano non è una lingua di serie B. E che, anche nel lavoro, la competenza
professionale si dimostra con la precisione delle idee, non con l'ostentazione
di un "inglesizzazione" verbale modaiola.