L'invasione linguistica che sta soffocando la nostra
lingua è, anno dopo anno, sempre più fuori controllo. Il fenomeno è
particolarmente evidente nel mondo del lavoro, dove sembra impossibile
sostenere una conversazione senza ricorrere a un gergo ibrido. Perché dobbiamo
"schedulare un meeting" quando possiamo semplicemente
"programmare una riunione"? Perché il "team leader" non può
essere un "caposquadra" e il "project manager" un
"responsabile di progetto"? Si usano termini per apparire più
"business oriented" (orientati al business? Concentrati sugli
affari?). La lingua italiana è capace di esprimere concetti complessi con
precisione e bellezza. Sacrificarla sull'altare di un'internazionalizzazione
superficiale è una resa culturale. Bisogna difendere la chiarezza della
comunicazione e rispettare la dignità di una lingua che ha dato al mondo
capolavori letterari e scientifici. Quando sentiamo qualcuno parlare di
"deadline" invece che di "scadenza", di "conference
call" invece che di "teleconferenza", ricordiamogli che
l'italiano non è una lingua di serie B. E che, anche nel lavoro, la competenza
professionale si dimostra con la precisione delle idee, non con l'ostentazione
di un "inglesizzazione" verbale modaiola.