Mutare la prospettiva

Abbiamo l'impressione che diverse persone che si sono avvicinate a questo canale negli ultimi due anni principalmente per la questione pandemica, non abbiano chiari gli orientamenti essenziali e la visione d'insieme che esprimiamo da ben prima della società profilattica del lasciapassare verde.

Molti hanno recuperato tale visione d'insieme grazie al testo che abbiamo pubblicato per il decennale. Ad altri la prospettiva che suggeriamo non è mai sfuggita, essendo lettori di vecchia data.

Oggi ci rivolgiamo agli amici che si sono uniti a noi negli ultimi due anni, e che spesso vivono una certa dissonanza cognitiva a fronte delle nostre prese di posizione, spesso critiche nei confronti della cosiddetta controinformazione, e spesso tacciate di disfattismo o pessimismo.

Veniamo associati sovente alle correnti ultra-libertarie, ultra-democratiche e filo-costituzionali, nonché a una certa sinistra post '68, spesso dalle tinte new-age e neospiritualiste, che animano in modo maggioritario l'attuale movimento del dissenso. Non abbiamo nulla contro chi vede il mondo con occhi diversi dai nostri, soprattutto oggi che è necessaria una convergenza di tutti i fronti dissidenti in nome di rivendicazioni essenziali che riguardano l'umano prima che il singolo uomo, per cui insistiamo sulla necessità di un dialogo trasversale fecondo e costruttivo, ma è importante tenere salde identità e differenze di vedute, perché queste sono il reale sale del dialogo e della dialettica politica, mentre non lo sono di certo l'omologazione e l'appiattimento acritico.

Vogliamo pertanto precisare alcuni punti essenziali.

1.  Noi non sosteniamo affatto che la Costituzione italiana sia la fonte assoluta e irrevocabile del diritto, nè che sia sacra e inviolabile. Non assecondiamo nessun culto della Costituzione, e non incoraggiamo a farne un feticcio. La riteniamo opera d'uomini e frutto contingente del processo storico, e come tale la consideriamo perlomeno fallibile, perfezionabile e discutibile. Ogni volta che segnaliamo discrepanze tra la Costituzione e le politiche governative lo facciamo per evidenziare malafede e contradditorietà dell'azione di governo. Riteniamo che essa fondi il patto sociale che regge formalmente la società in cui viviamo, e come tale pensiamo che la sua violazione comporti il venire meno di tale patto, ma questo non significa farne un testo sacro che legittima idealmente ogni dogma giuridico o istituzionale che si pretende scaturisca da essa.

2.  La democrazia parlamentare e rappresentativa non è affatto il migliore degli ordinamenti possibili. È soltanto quello che, quando viene realizzato in modo più o meno prossimo al suo ideale, dovrebbe garantire rispetto e tutela delle minoranze. In questo suo aspetto è ovviamente gradito alle minoranze ideologiche o politiche, e in questo senso ne prendiamo le difese. Siamo tuttavia convinti che l'attuale situazione sia non un pervertimento della democrazia parlamentare, ma un esito inevitabile a partire da alcuni presupposti che assume. In altre parole, "quello che viene" è peggio di "quello che c'era", ma "quello che c'era" ne è la condizione.

3.     Essere critici nei confronti della democrazia rappresentativa non significa contrapporvi forme autoritarie o totalitarie. Significa, ad esempio, cercare di pensare alternative al presente che si basino su nuove sintesi o su nuove prospettive sul passato; interrogarsi sulla nostra tradizione politica occidentale e sul problema di unità e discontinuità delle forme che ha assunto nel tempo; interrogarsi ex novo sui principi etici che dovrebbero informare il vivere associato, stabilendo una tavola e una gerarchia di valori condivisi, nonché il perimetro inviolabile di quanto si deve considerare non negoziabile.

Tutto questo per rispondere a coloro che cercano di trovare il nostro appoggio in iniziative che sono ideologicamente conservatrici, mentre la nostra posizione è rivoluzionaria, nel senso proprio del termine, ossia non di preservazione del passato prossimo contro i suoi sinistri esiti odierni, ma di ritorno alle radici e ai fondamenti della cultura occidentale, intesa come visione del mondo totalizzante. Non c'è cambiamento reale e duraturo senza mutare la prospettiva che ci ha condotti al presente. Ogni forma di pensiero realmente audace e radicale è infatti autenticamente rivoluzionario.