Covid 19 e postmodernismo

Ai fini del nostro discorso, che la narrazione condivisa sul covid 19 sia attendibile o meno ha poca importanza.

Quella che si vorrebbe suggerire è una possibile interpretazione dei processi in corso, o meglio, un loro sguardo prospettico. Ci si chiede: è possibile che ciò a cui stiamo assistendo non sia altro che la realizzazione delle possibilità più proprie della nostra epoca? In altre parole, è l'essenza intima del post-moderno quella che si sta esprimendo? In tal caso, l' "evento" altro non sarebbe che il catalizzatore di una reazione latente che la nostra epoca reca in seno da sempre. Del resto, una società che ha come unica cultura condivisa la scienza, e come unico orizzonte la tecnica, non può che risolversi in un totalitarismo tecnocratico. Da questo punto di vista, il sacrificio dell'economia globale sarebbe un costo sostenibile, se servisse ad affermare qualcosa di primario come la risoluzione della sfera politica nella tecnica. Una società interamente controllabile, pianificabile, programmabile sarebbe infine omogenea a un sapere che in laboratorio produce il fenomeno, e una volta prodotto ne ingegnerizza l'applicazione.

Il post-moderno ha in sé la cultura e i mezzi tecnici per realizzare la sua vocazione totalitaria; ha inoltre disponibili ampie masse spaesate e diseredate da organizzare, disporre e a cui dare una forma. Infine, il processo avrebbe così bisogno solo di un pretesto, e ironia della sorte, la catastrofe dell'Occidente potrebbe divenire la sua corona.