La condanna dell’usura secondo la dottrina cristiana tradizionale

La dottrina cristiana tradizionale si è espressa in maniera chiara e netta sull’uso del denaro ed in particolare sul divieto del prestito ad interesse, cioè dell’usura che ai giorni nostri è praticamente il faro che illumina la corrotta società occidentale.

Lo studioso di religioni comparate Dag Tessore ha portato in risalto diversi passi che vanno in tale direzione, li segnaliamo:

1) E’ vietato prestare denaro esigendo interessi (usura). Quindi sono proibite, ad esempio, tutte le banche che prestano denaro ad interesse, o che danno mutui, o qualunque altro genere di transazione finanziaria in cui vengano richiesti o pagati interessi.

Sacra Scrittura.

Deuteronomio 23,20: “Non farai al tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro, né di viveri, né di qualunque cosa che si presta ad interesse”(cfr anche Es 22,24; Lv 25,35-37).

Ezechiele 18,8: “Non presta a usura e non esige interessi”.

Siracide 8,12: “Se dai in prestito, sii in perdita”(cioè non guadagnarci)

Luca 6,34-35: “Se prestate a coloro da cui sperate di ricevere qualcosa, che merito ne avrete?...prestate invece senza attendervi nulla in cambio”.

Padri della Chiesa

Canones Hippolyti, 71,15: chi non si astiene dal prestito ad interesse non può accedere al battesimo, cioè non può diventare cristiano.

Sant’Agostino, Enarrationes in psalmos, 36, Serm.3,6: “Se ti aspetti di riavere più di quello che hai prestato, sei un usuraio e sei da condannare”

Clemente Alessandrino, Stromati, II, 18 (PG 8,1016): “La Legge di Dio…non permette che si ricevano interessi sul denaro”.

Fozio il Grande, Syntagma kanonon, IX, 27: “La proibizione di ricevere interessi mi pare che riguardi tutti i casi di prestiti e di contratti”.

Interi libri dei Padri della Chiesa sono dedicati alla condanna del prestito ad interesse, ad esempio:

San Gregorio di Nissa, Contro gli usurai (PG 46,433);

San Giovanni Crisostomo, Contro gli usurai (PG 61,121.367);

San Giovanni Damasceno, Sul prestito ad interesse (PG 95, 1364);

Nicola Cabasila, Discorso contro gli usurai (PG 150, 728);

Altri brani patristici in cui è condannata severamente la pratica del prestito ad interesse: San Cipriano, De lapsis, VI; Tertulliano, Adversus Marcionem, IV, 17; Constitutiones Apostolorum, II, 6; San Basilio, Epistole, 188; Commodiano, Instructiones, LXV (II, 20); Lattanzio, Divinae institutiones, VI, 18; San Leone Magno, Sermones, XVII.

Concili.

Concilio di Ippona, can. 22: “Nessuno riceva più di quanto ha prestato, che si tratti di denaro o di qualunque altro bene”.

Concilio di Cartagine, can. 5: “Sia vietato a tutti i chierici di prendere interessi da qualsiasi bene”, “cosa biasimevole anche per i laici”.

Altri canoni dei Concili che condannano il prestito ad interesse: Concilio del Trullo, can. 10; Concilio di Laodicea, can. 4; Concilio di Elvira, can.20 (scomunica ai laici che prestano ad interesse); il Concilio di Arles, can. 22 (scomunica ai chierici che prestano ad interesse); Concilio di Orléans III, can.30 ; Concilio di Cartagine, can. 20. E ancora: Canoni Apostolici, can. 44; San Gregorio di Neocesarea, can. 2; San Gregorio di Nissa, can. 6.

Leggi Imperiali.

Anche la legislazione di ispirazione cristiana ha condannato l’usura in ogni sua forma: Imperatore Basilio il Macedone (IX sec.).

2) “I Padri condannavano l’assunzione di interessi in assoluto, non solo di interessi esagerati, ma anche di interessi moderati”.

3) Il divieto del prestito ad interesse “riguarda non solo i prestiti in denaro ma anche i prestiti di qualunque altro bene”.

4) Essendo severamente vietato il prestito ad interesse, è vietato collaborare e avere a che fare con le banche e gli altri enti che operano con usura. Cfr. ad esempio San Niceforo il Confessore, can.31: “ Il sacerdote non dia la comunione a coloro che prendono interessi, e non sieda a tavola a mangiare con essi”.

5) Chi deposita denaro in banca, aprendo un conto bancario, è come se prestasse del denaro alla banca, la quale sfrutta e investe tale denaro per farlo crescere e in conseguenza di ciò paga al cliente gli interessi. Perciò chi deposita soldi in banca non fa altro che dare (alla banca) un prestito ad interesse, e ciò è vietato.

6) Chi, avendo un conto in banca, riceve dalla banca degli interessi, deve considerare tali interessi un guadagno illecito e proibito e quindi deve subito restituirli alla banca stessa oppure elargirli ai poveri.

San Basilio, can. 14: “Chi riceve interessi, distribuisca ai poveri l’iniquo guadagno”

Salmi, 14,5: l’uomo timorato di Dio “non presta il suo denaro ad interesse e non accetta guadagni a sfavore degli innocenti”.

7) Qualunque investimento di denaro che implichi scommessa a rischio, speculazione e azzardo (per es. investimenti in borsa e simili) è vietato, e i guadagni che ne derivano sono vietati.

Sant’Ambrogio, De Tobia, XIV: “Tutto ciò che si basa su speculazione e azzardo è una forma di usura”.

8) E’ lecito investire soldi prestandoli ad un ente commerciale o finanziario come quota azionaria: se poi l’ente, attraverso le proprie attività commerciali, riporterò guadagni, colui che ha investito riceverà una quota proporzionata dei guadagni; se invece l’ente subirà delle perdite, colui che ha investito subirà anch’egli, sulla sua quota, una perdita proporzionata. Se invece il cliente riceve in ogni caso solo guadagni , allora si tratta in realtà di una forma mascherata di usura. >>

Inutile sottolineare  come oggi ci ritroviamo esattamente nella situazione opposta. L’usura, le banche private, il sistema a debito e la mentalità distorta di economisti e finanzieri sono un evidente segno dei tempi.

Oggi le parole dei Padri della Chiesa appaiono come un lontano ricordo.



L'isteria di Zulawski

"Oscenità", "Demenza" e “Follia" sono ingredienti che, se piazzati come si deve nel cinema, non possono che portare questa pseudo arte a raggiungere certe vette proprie delle vere arti (pittura, scultura, musica ecc).

Nessuno ha mai raggiunto l'isteria di Zulawski; nessuno ha mai pensato di eguagliarne o imitarne l'epilessia e l'irresponsabilità sconnessa. In questo senso Zulawski, con questa sua isteria introiettata nel corpo dei suoi attori, supera la rappresentazione, sabotandone così violentemente l'immagine data e la sua possibilità di ricezione. Ecco perché è stato uno degli unici ad andare oltre il cinema, come pochi hanno voluto fare, pensiamo a gente come Bene, Jancs, Tarr o Welles.

Prendiamo come esempio Diabel (Diavolo), il suo secondo lungometraggio, che è già un capolavoro. Un film che fu ultra censurato in patria con il regista  costretto all'esilio dalla sua Polonia dopo l'uscita del film. 

Una pellicola assolutamente isterica, ma non perché si urli in continuazione o perché gli interpreti si sbraccino, si dimenino costantemente e la mdp corra senza fermarsi un solo momento. No, l'isteria di Zulawski è una pratica di disubbidienza ontologica, segno di vita in un mare di morte, si tratta di un'isteria lucidissima e non paradossale: Zulawski guarda e sente con attenzione ferina, e dis-mette in scena con una capacità sensoriale inusitata, adoperando i movimenti epilettici e le urla dei suoi attori come un cannone, senza mirino, senza piani d'attacco mirato. Trattasi di un'opera "spiritata", posseduta, terroristica, voluttuosa, instancabile, fuori regola e fuori sincrono.

Il tema è quello di una Polonia (terra di origine del regista) che in tutta la sua storia è sempre stata soggiogata, irrisa e malmenata dallo straniero, una terra dove il caos ha regnato sovrano.
Il contesto storico è la Polonia invasa dall'esercito prussiano poi sottoposta alla spartizione (i territori finiranno nelle mani di Austria, Russia e Prussia).
Il protagonista Jakub è un contestatore sovversivo che si oppone alla monarchia polacca prima dell’invasione da parte dei prussiani( allora si chiamava confederazione polacco-lituana).
Jakub essendo un sovversivo, finisce in galera ma appena la monarchia crolla sotto i colpi dell’invasione dei prussiani ecco che un misterioso personaggio dostojevskiano, una palese allegoria del “diavolo”, nelle sequenze iniziali lo libera. Questo oscuro soggetto non è altro che una spia del nuovo governo che sta insediandosi nel territorio conquistato, un agente segreto che libera il giovane dissidente, nel tentativo di corromperlo viste le sue idee progressiste in nome del regime ex novo. La spia lo condurrà per tutto il film, come Virgilio guidava Dante attraverso i gironi bestiali dell’inferno, in un mondo in cui ormai non esistono più nè morali nè etica, dove la madre di Jakub è diventata una meretrice e la sorella fedifraga, il Diavolo dopo aver mostrato a Jakub lo stato di corruzione morale in cui versa ormai il suo paese, e soprattutto il suo mondo affettivo, gli intima di vendicarsi da sè e fare un po’ di pulizia uccidendo chiunque gli capiti a tiro. Jakub, giovane progressista pieno di speranza nel cambiamento, impazzirà nel constatare che il problema non era il pregresso regime, ma che il problema è il potere in assoluto, sia esso progressista o dittatoriale.
Ed è qui che troviamo la metafora storica tra il periodo analizzato nel film e quello a cui intendeva riferirsi presumibilmente Zulawski, cioè il periodo dei regimi del novecento, fino alla dittatura monetaria che persiste oggi. Quando la spia-diavolo si trasforma in lupo, egli non è altro che l'essenza malefica che lascia il corpo di Jakub a missione compiuta.

Al pubblico Zulawski non piace, deve non piacere perché i suoi film non possono piacere; un cinema respingente, che fa la bava, come appunto un epilettico.