L'intelligenza umana è replicabile?

Si discute molto se l'intelligenza umana sia replicabile artificialmente o meno. La risposta è vincolata all'idea di intelligenza che si condivide. A partire dall'epoca moderna l'intelligenza è stata identificata essenzialmente nella razionalità, ossia nella capacità di calcolo ed elaborazione complessa di linguaggi simbolici. Fino alle soglie della modernità sopravvive, invece, anche una visione antica che riconosce all'uomo una facoltà di intelligenza sovraindividuale superiore a quella razionale, l'intelletto, la quale si basa sulla diretta appercezione dei principi metafisici mediante un atto accostabile analogicamente a quello sensibile (visione e gusto in primis). Cosa intendiamo dunque propriamente per intelligenza umana? La facoltà razionale o quella intellettuale? Mentre la facoltà razionale è replicabile mediante algoritmi, quella intellettuale è invece totalmente incompatibile con il modello computazionale. È a partire dalla riduzione moderna dell'uomo ad essere razionale privo della facoltà intellettuale che si è aperta la possibilità di concepire la replicazione sintetica dell'intelligenza, allo stesso modo che l'aver assimilato, sempre nella modernità, il corpo a una macchina in una visione essenzialmente materialistica e meccanicistica della natura, ha reso possibile l'idea dell'automa o dell'ibridazione uomo-macchina. Il transumanesimo si può combattere solo culturalmente, mediante il recupero di una visione integrale e tradizionale dell'essere umano che ne rivendichi le peculiarità e l'inassimilabilità a qualsiasi forma di riduzionismo moderno. La via politica, in assenza di una antropologia solida e tradizionale che la sostenga, è destinata a fallire: le lusinghe luciferine e prometeiche del sintetico e dell'inorganico, all'interno dell'orizzonte culturale che le ha espresse, sono irresistibili e potenzialmente invincibili.




La retorica della pace

 

1. La retorica della pace è stucchevole quanto quella della guerra. Si può avere pace solo dopo che si è avuta giustizia, altrimenti chiedere pace senza esigere giustizia è come voltarsi dall'altra parte di fronte a un crimine perché si preferisce non vederlo o far finta che non esista.

2. La guerra è un evento tragico ma, in un mondo pieno di ingiustizie, è inevitabile. Quando si combatte per riparare un torto, un crimine o un sopruso, non bisogna vergognarsene ma esserne fieri. Chi si vergogna di combattere è perchè è dalla parte sbagliata e lo sa.

3. Le grandi nazioni moderne non combattono per ideali, ma per i propri interessi. Ad esempio, combattere per la sicurezza nazionale è il legittimo interesse di una nazione, mentre combattere per la libertà, la democrazia o i diritti di un altro paese è una favola. In altre parole in questo contesto non esistono ideali, ma eventualmente interessi inconfessabili.

4. La guerra comporta delle responsabilità. Per prima è che si assumano i rischi delle proprie scelte combattendo in prima persona. La seconda è che se ne paghino le conseguenze in caso di sconfitta. La terza è che si abbia rispetto del proprio nemico, combattendo in modo leale e riconoscendogli comunque dignità e diritto.

5. Dal momento che oggi si combatte per lo più per motivi che si ha vergogna di dichiarare, e lo si fa in modo sleale e irresponsabile, senza onore e senza rispetto non solo del nemico, ma spesso neppure degli alleati, la guerra è diventata una cosa sporca e odiosa, forse addirittura peggiore di tutti i torti che si vorrebbero raddrizzare.