Il Logos e le scienze moderne - S.H.Nasr

Non si deve mai dimenticare che per l’uomo non in linea con la modernità, sia esso antico o contemporaneo, la sostanza stessa dell’universo è sacra. Il cosmo parla all’uomo e tutti i suoi fenomeni hanno un significato. Sono i simboli di una realtà superiore che la sfera cosmica nasconde e rivela al tempo stesso. Proprio la struttura del cosmo serba all’uomo un messaggio spirituale; una rivelazione che viene quindi dalla stessa fonte della religione. Entrambe sono manifestazioni dell’Intelletto Universale, il Logos, e il cosmo stesso è parte integrante di quell’unico disegno universale in cui l’uomo vive e muore.
Per consentire alle scienze moderne della natura di costituirsi, la sostanza del cosmo dovette anzitutto essere svuotata del suo crisma sacro e diventare profana. La visione dell’universo della scienza moderna, specie attraverso il filtro della sua divulgazione, contribuì anch’essa alla secolarizzazione della natura e delle sostanze naturali. I simboli offerti dalla natura divennero fatti, entità in se stesse, completamente staccate dagli altri ordini della realtà. Il cosmo, un tempo trasparente, diventò così opaco e senza significato spirituale, per coloro almeno che non avevano altro in mente che l’immagine scientifica della natura, sebbene studiosi isolati la pensassero diversamente. Le scienze tradizionali come l’alchimia, paragonabile alla celebrazione di un rito cosmico, vennero ridotte ad una chimica in cui le sostanze hanno perduto tutto il loro carattere sacro. Nel processo, le scienze della natura vennero private della loro intelligibilità simbolica, un fatto che per buona parte è il diretto responsabile della crisi  che la moderna visione scientifica del mondo e le sue applicazioni hanno provocato.
In particolare rilievo va posta la concezione quantitativa della scienza moderna, perché la tendenza generale è quella di perseguire come optimum la riduzione della qualità nella quantità, e di tutto ciò che è  essenziale in senso metafisico, in materiale e tangibile. Il soffocante ambiente della materia creato dall’industrializzazione e dalla meccanizzazione, come sanno tutti coloro che vivono oggigiorno nei grandi centri urbani, è una conseguenza dell’indirizzo meramente materiale e quantitativo delle scienze le cui applicazioni hanno reso possibile l’industrialismo. Inoltre, mancando una visione globale e metafisica del mondo, nella quale le scienze moderne potrebbero essere integrate, si è perso di vista l’aspetto simbolico del numero e della quantità. La teoria numerica pitagorico-platonica, al pari di molte altre discipline tradizionali, è stata fatta apparire come una storia da vecchie comari.
La scienze quantitative, peraltro accettabili e legittime nelle opportune circostanze, sono diventate le uniche scienze valide e approvate della natura. Ogni altra conoscenza degli ordini naturali e cosmici è destituita di fondamento scientifico e declassata al rango di sentimentalismo o superstizione. Sembra quasi che la scienza moderna abbia posto come condizione della sua accettazione il ripudio di ogni cultura che risale alle fonti dell’esistenza, anche se molti scienziati personalmente non condividono questo punto di vista. L’urto massiccio che la scienza moderna ha esercitato sulla mentalità degli uomini è stato quello di far loro conoscere gli aspetti accidentali delle cose al patto della rinuncia a discernere l’essenza profonda di tutte le cose. Ed è questa limitazione che fa incombere le più terribili conseguenze sull’uomo come essere integrale.
La ristrettezza di vedute che caratterizza la scienza moderna non consente ci sia posto per una vera cultura cosmologica nel quadro della moderna concezione scientifica del mondo. La cosmologia è una scienza che indaga tutti gli ordini della realtà formale, dei quali quello materiale non è che un aspetto. È una scienza sacra, destinata a unirsi alla rivelazione e alla dottrina metafisica nel cui seno soltanto acquista significato ed efficacia. Una cosmologia moderna oggi non esiste; anzi, l’uso del vocabolo è l’indebita appropriazione di un termine di cui si è perso il significato originale. Una cosmologia fondata esclusivamente sull’elemento materiale e corporeo dell’esistenza, per quanto possa estendersi lontano nelle galassie, nonché sulle mutevoli congetture individuali, non è una vera cosmologia. È una panoramica generalizzata sulla fisica e sulla chimica terrestri e, come alcuni teologi e filosofi cristiani hanno fatto rilevare, manca completamente di una chiara connotazione teologica, salvo che in qualche caso fortuito. In più, essa si fonda su una fisica materiale che tende ad esasperare il processo di analisi e di divisione della materia al fine di raggiungere la materia “ultima” che sta alla base del mondo; un ideale, comunque, che non può mai essere raggiunto a causa dell’ambiguità e dell’inintelligibilità con naturali alla materia e che caratterizzano i confini del caos che separa la materia formale dalla “materia pura”, chiamata materia prima dai filosofi medioevali.
La scomparsa di una vera cosmologia in Occidente è dovuta, in generale, al fatto che la metafisica è stata trascurata e, più precisamente, che si è mancato di trarre dall’oblio le gerarchie dell’essere e della conoscenza. I vari livelli della realtà sono stati ridotti a un unico ambito psicofisico, come l’immagine di un panorama privata all’improvviso della terza dimensione. Ne consegue che, non solo la cosmologia è stata relegata tra le scienze specifiche delle sostanze materiali, ma in un senso più lato, la tendenza a ridurre il più alto al più basso e, viceversa, a far sorgere il più grande dal più piccolo, è andata vieppiù prevalendo. Con la scomparsa di ogni criterio gerarchico nella realtà, si sono anche dissolti i rapporti fra i vari gradi della conoscenza e fra i vari livelli della realtà su cui le scienze antiche e medioevali erano basate, facendole apparire come “superstizione” (nel senso etimologico di questa parola) e come un qualcosa il cui principio è stato distrutto o dimenticato.
Parimenti, la metafisica si è ridotta a filosofia razionale e questa, a sua volta, ha finito col diventare l’ancella delle scienze naturali e matematiche, com’è nei voti di alcune scuole moderne secondo cui compito esclusivo della filosofia è quello di illustrare i metodi e i contenuti logici delle scienze. Venuta meno la funzione critica che la ragione, in modo autonomo, dovrebbe esercitare nei confronti della scienza, che è una sua creatura, questa figlia della mente umana si è eretta a giudice dei valori umani e principio di verità. Nel corso di questo processo di declassamento, in cui il ruolo critico indipendente della filosofia si è arreso agli editti della scienza moderna, si è spesso dimenticato che la stessa rivoluzione scientifica del secolo XVII prese le mosse da una particolare posizione filosofica. Non la scienza della natura ma una scienza avanzò certe ipotesi sulla natura della realtà, del tempo, dello spazio, della materia, eccetera. Ma queste stesse ipotesi, dopo essere state avanzate e prese come base di una scienza, sono state poi tranquillamente dimenticate, mentre i risultati di questa stessa scienza sono diventati fattori determinanti per spiegare la natura della realtà. È dunque necessario rifarsi, sia pur in breve, al modo in cui i moderni scienziati e filosofi della scienza concepiscono la scienza moderna, specie quella fisica, per definire il significato della natura delle cose in assoluto. Ci piaccia o no, sono proprio le loro vedute a determinare in gran parte la concezione moderna della natura, così come viene accettata dal grande pubblico, e sono esse perciò elementi importanti nel problema generale del confronto uomo-natura.

Fonte: "La crisi spirituale dell'uomo moderno", H.Nasr (Ed.Medusa)