Italia 2055: un racconto

Italia, 2055. Un timido sole fa capolino tra le nubi sparse di una mattina d'inverno, penetrando debolmente tra le tende e le tapparelle semichiuse delle finestre, illuminando a malapena il freddo monolocale statale che ti è stato assegnato. Sono le 7. Il calore delle coperte, il silenzio, la città ancora in dormiveglia, consentono alle tue membra stanche di riposare ancora un po'. Apri a malapena gli occhi, ancora intorpiditi dal sonno. Sembri uscito da un lungo letargo, eppure sono passate appena sei ore da quando ti sei coricato. Di solito non sogni, eppure stavolta è accaduto. Ricordi ogni dettaglio: la spiaggia sulla quale correvi a piedi nudi, una ragazza che ti invitava ad andare con lei, verso il mare, l'acqua cristallina, il cielo terso, la brezza che sfiorava il tuo viso, finalmente libero di respirare aria pura e rigenerante, scevro da ogni mascherina. Ti scuoti. Il suono della sveglia frantuma l'idillio. Il contatto dei tuoi piedi col pavimento gelato ti riconnette alla realtà. Ti lavi. L'acqua è ancora fredda, per quella calda dovrai aspettare il turno serale. Ti vesti velocemente, anche se oggi non devi lavorare. Dovrai sostenere il colloquio per riacquisire il credito necessario per varcare i confini regionali. Non vedi tua madre da un mese. Non puoi fallire, ti manca terribilmente. La leggerezza del monopattino ti è costata cara. Decidi di prendere la metro. La fila di individui col volto coperto è interminabile. I controllori scansionano tutti i chip sottocutanei dei passeggeri. Per salire a bordo devi aver completato il ciclo di vaccinazioni imposto dal ministero della salute. È il tuo turno. Il tizio si avvicina e ti scansiona. È tutto ok, l'abbonamento è stato riconosciuto, sei in regola. La tua temperatura corporea è di 36.8, poco al di sotto la soglia consentita per viaggiare. Tiri un sospiro di sollievo. Puoi salire. La marea mascherata è ammassata. Sguardi bassi, occhi puntati sullo smartphone. Lo spazio vitale è limitatissimo. Ti manca il respiro, vorresti urlare. Fortunatamente, manca poco alla tua fermata. Scendi di fretta senza fiato, sgomitando tra la folla. Sali col cuore in gola le scale che conducono verso l'uscita. L'ufficio per la "riabilitazione sociale e recupero crediti pass" è situato la terzo piano di un mega edificio di periferia, proprio accanto alla struttura adibita alla vaccinazione semestrale di massa. Dai un'occhiata veloce alla coda per l'iniezione. Il rumore meccanico del braccio robotico adibito all'inoculazione ancora sibila, dall'ultima volta, nelle tue orecchie. Dopo i controlli, entri in una piccola stanza adibita all'esame. Attendi il tuo turno, siete in tre. Tu, fortunatamente, sei il primo. L'esaminatore è un uomo di mezza età, dagli occhi piccoli, minuto, vestito di nero, dallo sguardo tagliente ed il naso aquilino mal celato dalla mascherina. Avvicini il polso allo scanner. La tua situazione completa, finanziaria, giudiziaria, lavorativa appare sullo schermo del burocrate. Ti sembra quasi di scorgere numeri e codici riflessi tra le sue pupille, che si muovono veloci e scattose, illuminate dalla luce squarciante del terminale. " Tasse: ok. Nessuna contravvenzione. Nessun ritardo nei pagamenti. Affitto: ok. Ciclo vaccinale: completo. Nessuna denuncia per opinioni avverse al governo. Fedina penale pulita. Nessuna multa nell'ultimo mese. Nessun ritardo al lavoro. Lei è riabilitato, può essere riammesso in società. Il suo lasciapassare è di nuovo funzionante al 100%. Può andare." Sei sollevato, non vedi l'ora di avvisare tua madre. Dopo un mese, anche se con le limitazioni imposte dalle ferree norme anticontagio, potrai rivederla. Le vostre mani si stamperanno sul vetro divisorio, le vostre anime si toccheranno, anche se i vostri corpi non si sfioreranno. Esci ansioso dall'edificio, estraendo con gioia il tuo dispositivo telefonico dalla tasca della giacca. La chiami.

" Mamma, domenica potrò venire a trovarti finalmente! Sono riabilitato, è tutto risolto" Una lacrima le scende sul volto, incanalandosi veloce tra le rughe delle guance segnate dall'età e dal tempo. Le riaffiorano i ricordi di gioventù....l'ultimo Natale libero, il maledetto virus, suo padre che si opponeva, manifestando con vigore, al regime del terrore che si stava instaurando. Pensa a te, che hai conosciuto solo questo sistema, questo mondo, questa vita. Al fatto che la situazione attuale è solo il frutto della miopia e dell'inerzia del passato. A quest'universo di paura e distanze che la circonda. " Mamma ci sei?" " Si ci sono". La sua voce è rotta dal pianto, che a stento riesce a trattenere. Le sue mani, tremanti, a malapena riescono a tenere lo smartphone che quasi oscilla tra le sue dita magre. " Non vedo l'ora di rivederti amore mio...domenica sarà una splendida giornata."