"Tutto è possibile se ci credi davvero".
Questa affermazione, apparentemente liberatoria, nasconde in realtà una
trappola culturale di proporzioni enormi.
"Trasformati, dedicati completamente e
conquista i tuoi obiettivi": è un imperativo che riecheggia ossessivamente sui
canali digitali.
Dietro la facciata di competenza autorevole di un
consulente, la mitologia della realizzazione si manifesta frequentemente come
un'accettazione acritica dell'architettura sociale in cui siamo immersi,
portata ai suoi estremi più radicali. L'adorazione per il paradigma liberista
si trasforma in un'estetica esistenziale, cessando di essere un semplice
orientamento politico per diventare un modo di essere nel mondo: l'individualista
perpetuamente motivato.
Brillante, determinato e pervaso da un ottimismo
incrollabile: questo è il prototipo umano che viene promosso come via verso la
realizzazione. Il guru si presenta come colui che, avendo raggiunto il
successo, possiede le chiavi per svelare agli altri come capitalizzare le
illimitate possibilità che il mondo offre, apparentemente nascoste dietro veli
di inerzia e mancanza di determinazione.
Il segreto della realizzazione, tanto nella sfera
professionale quanto in quella privata, viene ridotto a una ipotetica metamorfosi
dell'individuo che esclude completamente qualsiasi possibilità di
trasformazione del contesto sociale.
La progressione professionale, concepita come una
competizione isolata che sacrifica ogni altro aspetto dell'esistenza, diventa
l'unico teatro in cui dimostrare il proprio valore umano.
La visione del mondo promossa dai guru digitali non
è altro che un sostegno ideologico del modello socioeconomico in cui siamo
inseriti. L'estetica del trionfo non si configura come una filosofia di vita
personale, ma piuttosto come un rinforzo politico di un sistema che opprime
sistematicamente i cosiddetti "falliti" della società.
Chi fallisce di fronte a tale “ideologia del
successo” sviluppa stati d'animo come l’ansia, il narcisismo patologico e la
depressione, fallimenti personali di cui provare vergogna.
Questa narrazione tossica del successo a ogni costo
non rappresenta una liberazione individuale, ma una forma sofisticata di
controllo sociale. Dietro la retorica motivazionale si nasconde un meccanismo
che trasforma le disuguaglianze strutturali in fallimenti personali, scaricando
sull'individuo la responsabilità di problemi sistemici.