La medicalizzazione degli studenti

Da qualche anno nelle scuole sono stati attivati sportelli di supporto psicologico. Si tratta di un ulteriore passo verso l’istituzione di un sistema di controllo sociale totale che si insinua nelle menti, effettua diagnosi cliniche ed applica etichette che definiscono l’individuo. Agli studenti è consentito assentarsi durante le lezioni mattutine per recarsi allo sportello di ascolto, dove uno psicologo avrà il compito di fare anche da ‘’mentoring per l’orientamento’’, progetto finanziato dal Pnrr per ‘’sostenere gli studenti nel loro percorso di crescita’’. Gli alunni, oltre ad essere accolti, orientati, sostenuti e ascoltati, ora vanno anche diagnosticati, etichettati, medicalizzati. In alcune scuole spetta addirittura al consiglio di classe indicare gli studenti a ‘rischio dispersione’ a cui servirebbe un salto dallo psicologo. Un tempo erano poche le persone che si rivolgevano allo psicologo, si diffidava di questa figura importata dagli Stati Uniti. Poi le serie tv e la diffusione delle facoltà di Psicologia, hanno indotto un nuovo bisogno. Il sistema capitalistico si regge sulla creazione di falsi bisogni e conseguentemente offre soluzioni a pagamento. La scuola, che non è sfuggita a questo modello economico, ormai rispecchia un’organizzazione aziendale, dove gli studenti sono utenti e perciò bisogna provvedere a soddisfarli, offrendo loro servizi. Si ottengono così due obiettivi: la normalizzazione della figura dello psicologo che, rispetto ad un tempo, non è più lo strizzacervelli che cura i matti; ed il modellamento degli studenti secondo gli standard stabiliti dal sistema. Non vai bene di matematica? Vai dallo psicologo, sicuramente sarai discalculico. Non vai bene di inglese? Sicuramente sarai dislessico. Sei irrequieto e disinteressato? Vedrai, accerteranno un disturbo dell’attenzione. Ti senti giù? Non sai a quale facoltà universitaria iscriverti? Stai collezionando insufficienze? Vai allo sportello psicologico!!! Giovani trasformati in pazienti imbranati ed incapaci di provvedere a se stessi, acconsentono inconsapevolmente a cedere parte della propria autonomia. Illich la chiamava ‘espropriazione della salute’, la gestione professionale e metodica dell’individuo sano che viene trattato da malato. Per gli studenti di oggi, quando saranno adulti, apparirà normale andare dallo psicologo e portarci i propri figli, a maggior ragione se non saranno mai stati in grado di educarli. Nell’era del capitalismo anche la salute è diventata una merce.


                                                      AM


Antropologia capovolta

Secondo Feuerbach Dio è una mera proiezione che l’essere umano ha compiuto di se stesso: gli attributi umani, banali e finiti, attraverso un processo di alienazione, sono stati infinitizzati. Ciò che è qualitativamente limitato e pertanto destinato ad esaurirsi, tenta invano di ricercare l’infinito nel finito, proiettando fuori da sé ciò di cui è sprovvisto.
Eppure Dio è morto. È stato sostituito dalla tecnica, un iperoggetto, direbbe Timothy Morton, viscoso e insidioso, che dà l’illusione di amplificare se stessi. Non possiamo liberarcene e più tentiamo di sconfiggerla, più rimaniamo invischiati.
Internet, il cellulare, l’IA, sono tutti sistemi simbolici nei quali siamo immersi e di cui non comprendiamo appieno il funzionamento; sono proiezioni di qualità umane dilatate collocate su un piano ontologico alieno che tuttavia siamo convinti di padroneggiare solo perché hanno sembianze antropomorfe. La tecnica dà vita ad un ambiente in cui si annullano i principi della logica aristotelica: niente più A=A, A non è non-A , A o è B o è non-B.  La verità è che non esiste più alcuna verità, tutto è possibile ed impossibile allo stesso tempo, né si può risalire alle cause di un fenomeno e capirne i molteplici effetti. Tutto sembra collegato, ma potrebbe anche trattarsi della tendenza tipicamente umana a cercare schemi che in realtà non esistono. La tecnica è l’espressione di quella esasperante razionalizzazione che secondo Weber ha investito l’Occidente, si è radicata grazie al capitalismo, e ci ha rinchiusi in una gabbia di acciaio. La crescente razionalizzazione è una forma di antropologia capovolta, è il nuovo Dio della nostra epoca: promette conforto, salvezza e speranza che dimorano in un deserto di valori. Convince di essere onnipotenti e onniscienti, quando in realtà è lei a possederci e conoscerci tutti.
Secondo Timothy Morton gli iperoggetti “ci mettono al cospetto di una finitudine molto grande”. La voragine della nostra finitudine, che ci dà la nausea, un tempo trovava sollievo in Dio, benché bisognasse rivolgersi ad un piano metafisico; oggi quel senso di finitudine viene colmato dalla tecnica che scava ancor più a fondo quella voragine, producendo un ribaltamento dell’essere umano e dei suoi valori, asservendolo e svuotandolo della sua essenza.

“Solamente un Dio ci può salvare” aveva detto Heidegger durante un’intervista per Der Spiegel nel 1966. Oggi, a quasi 60 anni di distanza, dobbiamo chiederci chi sia veramente questo nuovo Dio.  


                                                   AM