Le previsioni di Ray Kurzweil, fantascienza?

Di recente stiamo leggendo un testo dell'inventore americano Ray Kurzweil, un personaggio spesso preso poco sul serio per le sue utopie sull'intelligenza artificiale. Eppure sembra proprio che costui, negli anni, abbia saputo leggere traiettorie tecnologiche con una precisione profetica. Partendo dalle previsioni degli anni '90 sulla diffusione di Internet, alla nascita dei social media, sino alle ultime sull'AI. A suo dire siamo vicinissimi alla fusione definitiva tra mente umana e artificiale.

Per Kurzweil non si tratterà solo di una crescita tecnologica ma di un vero e proprio salto evolutivo, è convinto che entro il 2045 aumenteremo le nostre capacità cognitive attraverso degli impianti neurali, fondendoci letteralmente con le macchine.

Può far sorridere detta così ma le previsioni di Kurzweil non sono affatto così fantascientifiche.

Kurzweil vede in questo scenario solo trionfi e conquiste, dipinge un futuro radioso di immortalità digitale e capacità cognitive illimitate.

Lasciamo stare per un attimo i giudizi su quanto appena descritto, la domanda è: "chi" dovrebbe controllare poi questo processo?

Ed è proprio qui che l'ottimismo di Kurzweil si scontra con una realtà molto più inquietante. Se le sue previsioni dovessero avverarsi, ci troveremo di fronte ad una concentrazione senza precedenti del potere nelle mani di pochissimi attori privati.

Già oggi assistiamo a come le grandi corporation tecnologiche - Google, Meta, Apple, Microsoft - controllino aspetti fondamentali della nostra esistenza digitale. Detengono i nostri dati, modellano le nostre interazioni sociali, influenzano le nostre decisioni di acquisto e persino le nostre opinioni politiche. Ma quello che Kurzweil prospetta è qualcosa di molto più radicale: il controllo diretto della nostra mente.

Chi possiederà le tecnologie di potenziamento cognitivo? Chi stabilirà a chi concedere l'accesso agli impianti neurali? Chi definirà i parametri di funzionamento di queste interfacce cervello-computer? La risposta è semplice e terrificante: le stesse multinazionali che oggi monopolizzano il settore tecnologico.

Immaginiamo un mondo dove l'intelligenza potenziata diventa la norma per accedere ai migliori lavori, alle migliori opportunità educative, persino alle relazioni sociali più significative. Chi non potrà permettersi questi "upgrade" neurali - e parliamo di tecnologie che inizialmente costeranno fortune - si troverà relegato in una sottoclasse cognitiva, escluso dai circuiti che contano.

Ma il problema va oltre la mera stratificazione sociale. Stiamo parlando di aziende private che avranno accesso diretto ai nostri pensieri, ai nostri ricordi, ai nostri processi decisionali più intimi. Quello che oggi raccolgono attraverso i nostri click e le nostre ricerche, domani potrebbero estrarlo direttamente dalle nostre sinapsi.

Le masse, quelle che Kurzweil vede beneficiarie di questo progresso, rischiano invece di trovarsi in una condizione di dipendenza totale da questi intermediari tecnologici. Non più semplici consumatori di servizi digitali, ma letteralmente cyborg la cui componente artificiale sarà proprietà di qualcun altro.

La vera domanda non è se le previsioni di Kurzweil si avvereranno, ma se saremo in grado di evitare che questa evoluzione tecnologica si trasformi nella più sofisticata forma di controllo sociale mai concepita. Perché quando il confine tra mente umana e artificiale si dissolverà, chi controllerà l'artificiale controllerà l'umano.