Nel penultimo testo “Fragmenta” avevamo parlato del
fenomeno del “ghosting”, ovvero quella tendenza delle nuove generazioni a
sparire improvvisamente senza dare spiegazioni.
In realtà, anche se non in modo così plateale,
facendolo diventare persino una moda di cui vantarsi, lo “sparire” è un atto
molto comune anche nel mondo di gente “matura”.
Sempre più “amicizie” svaniscono nel silenzio. Relazioni
fragili, costruite giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, crollano
all'improvviso, senza preavviso, lasciando solo macerie. È un fenomeno sempre
più frequente nella nostra società: amicizie "profonde" che si dissolvono come
nebbia al sole, senza una parola, senza un confronto. Una forma di
"ghosting" appunto, applicato alle amicizie. Una persona si sente
ferita o incompresa e, invece di affrontare il problema, sceglie la via apparentemente
più semplice: sparire. Interrompe ogni comunicazione, cancellando anni di
condivisione come se nulla fosse mai esistito.
Questa incapacità di comunicare è sintomatica di un’epoca
in cui si è costantemente connessi eppure profondamente disconnessi. I
messaggi istantanei hanno sostituito le conversazioni faccia a faccia, rendendo
più facile nascondersi dietro uno schermo o, peggio ancora, dietro il silenzio.
Il confronto richiede coraggio. Significa esporsi, mostrare la propria vulnerabilità,
rischiare di non essere capiti. È più semplice tagliare i ponti, convincersi
che l'altro "non vale lo sforzo" o che "tanto non
capirebbe". Ma questa è una forma di immaturità emotiva che sta diventando
una vera e propria epidemia sociale. Quando qualcuno sparisce senza
spiegazioni, non fa solo male all'altro, ma nega a entrambi la possibilità di
crescita che ogni conflitto porta con sé. Le incomprensioni, se affrontate con
onestà, possono rafforzare un legame invece di spezzarlo.
Rarissimo è diventato il confronto autentico, il
dialogo scomodo ma necessario. Il dire "mi hai ferito" invece di
scomparire. Di chiedere "cosa è successo tra noi?" invece di fingere
che l'altro non sia mai esistito. Le relazioni significative meritano questo
sforzo. Meritano parole, anche difficili, anche dolorose, ma sempre preferibili
al vuoto assordante del silenzio che porta con sé solamente scorie.