“La malvagità del bene” di Flavio Ferraro

La malvagità del bene. Il progressismo e la parodia della tradizione (Irfan Edizioni - 2019) 

L'autore, programmaticamente, dichiara essere il proprio punto di vista “rigorosamente metafisico” e, affrontando la questione dell'ideologia progressista, di inquadrare il problema in una prospettiva “verticale”, interpretando fenomeni e contingenze storiche come “segni dei tempi”. A partire da questa premessa, l'opera si articola in una serie di analisi che hanno per obbiettivo l'illustrare come il progressismo sia parodia e inversione di alcuni aspetti centrali del mondo della tradizione.

Il testo porta l'attenzione su fenomeni come la globalizzazione, il mondialismo, l'immigrazione di massa, l'ideologia gender e il transumanesimo, il tutto interpretato in un quadro unitario che ha per asse l'idea del consumarsi, nel nostro tempo, delle fasi terminali del presente ciclo, come preconizzato dal modello quaternario tradizionale. Vediamone brevemente i punti salienti.

Il liberalismo di mercato, dilatatosi a liberalismo dei costumi e divenuto ideologia unica, pervasiva e totalizzante, necessita come proprio supporto di un uomo nuovo, privo di identità e radici, perfettamente spostabile e impiegabile secondo le esigenze del mercato globale. Questo disegno perseguito dalle élite finanziarie trans-nazionali, il cui braccio politico sono le sinistre progressiste, e quello culturale/propagandistico gli esponenti del pensiero unico e i media mainstream, punta appunto alla creazione di un nuovo modello antropologico, che per molti aspetti scimmiescamente mima e inverte la forma realizzata dell'uomo della tradizione. L'androgino primordiale, nella perfezione della sua unità indifferenziata, è così parodiato dal soggetto liquido dell'ideologia gender; il senza-casta dell'età dell'oro è sostituito dal suddito meticcio dell'ideologia immigrazionista; l'immortalità del realizzato è surrogata dalla sinistra pseudo-esistenza dell'ibrido uomo-macchina dell'incubo transumanista. Sul piano politico, l'idea dell'Impero, ordinato a principi trascendenti e unificante all'insegna dello spirito la molteplicità differenziata e organica dei regni sovrani, è invertita nel modello profano dell'unione economica di stati ridotti a sudditi del capitale, la quale è tappa intermedia verso il governo globale, in cui ogni differenza e margine di autonomia delle singole entità sovrane è definitivamente consumato. Il principio di alterità, la cui l'espressione somma è il sacro, è costantemente minato nella ricerca esasperata dell'annichilimento della differenza, del confine e del limite in ogni ambito della realtà e dell'esperienza, verso quel caos informe e insignificante che Guénon definì il “Regno della Quantità”. La dimensione fisica in cui risiediamo, dunque, dopo essere stata solidificata dall'ideologia materialista, tende ora a smaterializzarsi in una serie di rapporti e spazi puramente virtuali, di cui la tendenza alla digitalizzazione in tutti i piani dell'esistenza è il sintomo più inquietante. Essa rappresenta il capovolgimento simbolico della contrazione del tempo e dello spazio che avverrà nel riassorbimento finale della manifestazione, che non sarà durata indefinita di attimi insignificanti replicati e distribuiti per essere disponibili allo sfruttamento e al consumo, così come avviene nell'epoca digitale, ma superamento del tempo e dello spazio nell'attimo eterno.

Il pregio del testo è quello di offrire una buona sintesi dell'ampio lavoro di elaborazione dei processi storici in corso effettuata negli ultimi anni dalla cultura tradizionalista, la quale traendo linfa dagli autori classici della corrente, si è sforzata di leggere il presente alla luce delle categorie intellettuali ed ermeneutiche da essi fornite. Allo stesso tempo, però, vorremmo osservare che il presente, opportunamente interrogato, potrebbe offrire ulteriori e sfidanti possibilità di meditazione, non in conflitto con la prospettiva tradizionalista, bensì capaci di integrarsi a questa e completarla, se non dal lato dei principi, in merito a cui essa è insuperabile, quantomeno da quello dell'analisi dei fatti e dei processi, che rischiano in qualche modo di sfocare di fronte all'ampiezza di orizzonti propria della visione metafisica. Siamo certi che l'intenzione dell'autore sia stata appunto di fornire un viatico in vista di un approfondimento che altri, e in primis il lettore, dovrà svolgere successivamente. Auspichiamo che il futuro possa vedere accolto il suggerimento e, grazie alla direzione indicata da testi come questo, l'analisi del presente possa incamminarsi verso ulteriori e doverosi percorsi di chiarificazione e approfondimento.