“Un, due, tre, stella!”, la schiena alle élite

Ripercorrendo gli ultimi 70 anni di storia dell’Occidente, possiamo osservare come la sua popolazione si sia trovata, per la prima volta e per ragioni troppo complesse da affrontare ora, con diritti, tutele, libertà e un tenore medio di vita prima appannaggio solo delle classi superiori. 

Nella contemporanea società signorile di massa anche i ceti subalterni poterono sperimentare un inedito senso di sicurezza e di benessere per loro prima impensabile.
La pressione diretta delle classi dominanti sembrò infatti essersi allentata e i metodi di controllo, da apertamente violenti e coercitivi, si trasformarono astutamente in condizionamento collettivo attraverso varie strategie, tra le quali spiccano la scolarizzazione di massa, i mezzi di comunicazione e quelli di intrattenimento. 

Questo processo ridusse i popoli al rango generico di gente, senza più radici e tradizioni unificanti, senza valori condivisi quando non addirittura senza valori affatto, una massa resa disarticolata, anonima e disarmata, sia fisicamente che spiritualmente, da decenni di propaganda pacifista occorsa anche a suon di canzonette e slogan, e mantenuta in una giovanilistica adultescenza perenne, regno del gioco, dell’infotainment e del consumismo edonistico illimitato. 

Una giustapposizione di persone omologate in tal senso non poteva che scambiare, ingenuamente, il momentaneo ritirarsi della marea con una condizione permanente e definitiva. 

I diritti sociali e la libertà, ritenuti conquiste ottenute attraverso marce e manifestazioni più assimilabili al teatro di strada che a veri moti rivoluzionari, in realtà non furono che concessioni momentanee delle élite dominanti e prestiti da riscuotere alla scadenza.

Come nel gioco per bambini chiamato “Un, due, tre, stella!”, i cittadini hanno dato la schiena alle élite, fidandosi ad occhi chiusi mentre contavano ad alta voce. 

D’altronde le lobby tecnoindustriali, i potentati sovranazionali e gli agglomerati finanziari del capitale globalista sembravano davvero lontani e innocui e i pochi che parlavano dei pericoli a venire, vennero presi puntualmente per pazzi e paranoici.
Le rare volte che le masse si voltavano, sempre più stanche e lente, non avevano comunque più la sensibilità adeguata per cogliere come le classi dominanti si fossero nel frattempo avvicinate. Esse si muovevano lentamente, impercettibilmente ma, al tempo stesso, inesorabilmente, riguadagnando lo spazio di vantaggio lasciato sul terreno attraverso micromovimenti e aggiustamenti costanti, riprendendosi indietro un diritto alla volta e una libertà alla volta.

E ora che il potere è tornato ad ansimare sui nostri colli come non faceva da molti decenni, i più continuano tuttavia a dargli le spalle e a contare cocciutamente a occhi chiusi, inconsapevoli della deriva autoritaria incontro alla quale andremo se non si smetterà di giocare secondo regole che, a conti fatti, valgono solo per i subordinati.