L'involuzione della "sinistra"

Marxismo e comunismo dell'epoca classica erano dottrine coerenti con i propri presupposti. Nutrite di antropologia giudaica, avevano introiettato l'idea dell'uomo colpevole e deietto, e la traducevano nei termini di alienazione e lotta di classe, in una visione escatologica profana in cui la società sarebbe stata infine redenta e salvata dalla propria miseria.

Non guardavano all'ignoranza e alla mediocrità del popolo con disprezzo: esso era semmai da educare e salvare, non certo da schernire o maledire. Erano consapevoli che il popolo era materia su cui esercitare un'opera formatrice, in assenza della quale esso rimaneva amorfo, anodino e selvaggio. Erano consapevoli anche che poteva divenire malvagio, se lasciato a se stesso. Del resto, il popolo non poteva essere istruito perché la "cultura" era prerogativa borghese: il comunismo, poi, quella cultura da salotto tipica della borghesia la aborriva, e desiderava sostituirla con un sapere concreto ed efficace, privo di vezzi e compiacimento.

Questa sinistra che vorrebbe togliere il sacrosanto diritto al popolo di non essere null'altro che popolo, che lo umilia quando non si esprime con un linguaggio adeguato, quando non è educato o sufficientemente scolarizzato, quando ragiona con il sangue, il ventre o le parti basse; questa sinistra che non vuole redimere o salvare, che condanna, epura, censura e minaccia... questa sinistra altro non è che la borghesia che prova vergogna di sé, la voce di una cattiva coscienza viziata che vorrebbe mostrarsi virtuosa, e che si tradisce costantemente nel suo disprezzo per chi è realmente debole, indifeso e manipolato nella società: il popolo stesso.

Quando la politica era ancora espressione di un confronto, una dialettica e, perché no, di uno scontro tra visioni del mondo, che si fosse di destra o di sinistra, la borghesia è sempre stata il nemico.



La fatidica domanda: "Ma tu sei virologo?"

Quante volte, specialmente negli ultimi tempi, nel momento in cui si esprimevano punti di vista, ci si è trovati di fronte alla fatidica domanda: “ma perché tu sei virologo?”.

Solitamente tale atteggiamento borioso deriva da personaggi convinti che la specializzazione in uno specifico campo sia estendibile in qualsiasi ambito. Costoro sono certi che, su questioni che riguardano la collettività, solo gli “esperti” di un limitato settore possano pronunciarsi. Nulla di più errato.

Noi consigliamo a tali soggetti, per cominciare, un ripassino di storia. Dopodiché ricordiamo loro che evidentemente ignorano o si sono persi gli ultimi duecento anni di dibattito etico, morale e giuridico sui fondamenti dello stato di diritto, sui principi della democrazia rappresentativa e sui rapporti tra scienza e potere politico. In particolare, si sono persi la stagione della cultura della crisi, in cui le derive tecnocratiche odierne sono state ampiamente anticipate e studiate; lo strutturalismo francese, con le sue minuziose analisi sulla microfisica del potere (in particolare medico e psichiatrico); le grandi sintesi sulla tecnica di Heidegger e Gadamer, a monito del declino moderno dell'umanismo a favore di forme di scientismo autoritario. Giusto per citare qualche luogo classico, ma la materia è talmente ampia e complessa da non poter davvero essere alla portata di tutti. Eppure paradossalmente chi nulla sa di quanto elencato è il primo a chiedere agli altri competenze e titoli.

La domanda che gli aedi di questa weltanschauung scientista e disanimata dovrebbero porsi è la seguente: le mie conoscenze mi permettono di avere una visione sufficientemente ampia e articolata da potermi pronunciare con tanta saccenza sui processi storici in corso? Basterebbe rispondersi con umiltà per fare immediatamente un passo indietro.

Quello che non si capisce è che la comprensione a trecentosessanta gradi delle dinamiche storiche ed umane non sono materia di virologi o veterinari, ma di politologi, sociologi, giuristi, epistemologi e filosofi. Sì, anche di filosofi, quella parola che fa inorridire gli scientisti con la coda di paglia, ma è proprio così: stiamo parlando di materia per gente che pensa.

Se i signori che sbraitano “non sei virologo!” si prendessero la briga di studiare anche solo parzialmente quanto esposto sopra, potrebbero forse scoprire come la loro visione sia estremamente miope e limitata.

Inoltre, aggiungiamo che i reali pericoli a cui le loro forme mentis espongono la collettività, sono estremamente superiori a quelli portati da chi mantiene invece prudenza e diffidenza verso i cambiamenti in corso.