La cultura come antidoto all'era dell'informazione

Malgrado alcuni storici e sociologi dissentano, siamo fermamente convinti che l'era dell'informazione non sia affatto finita, ma che anzi proprio nel presente stia palesando la propria essenza nel modo più limpido. Tale epoca è caratterizzata dal fatto che il trasporto e la distribuzione di dati, resi possibili dal progresso tecnologico in misura incomparabilmente superiore rispetto ai periodi precedenti, garantiscono vantaggio e competitività a chi ne detiene il controllo, alla stessa maniera in cui nell'epoca industriale tale vantaggio era stabilito dal possedere il capitale e i mezzi di produzione. L'era dell'informazione, pertanto, può essere definita come il periodo storico in cui potere e potenza non sono determinati in maniera prioritaria da fattori materiali; chi detiene il potere di informazione, allo stato attuale, ha la possibilità di accaparrarsi quello materiale, mentre il potere materiale privo di capacità informatica è oggi facilmente neutralizzabile o depredabile.

Tale contesto rende intellegibili alcuni processi in atto. Innanzitutto la lotta per il potere è una lotta per il possesso dei mezzi di informazione e per il contenuto che tali mezzi veicolano. Inoltre, ai fini della conservazione del potere è necessario che l'informazione sia sostanzialmente univoca, e che essa raggiunga il più ampio numero di destinatari affichè essi si allineino e concordino con la vulgata distribuita. E' indispensabile poi che il soggetto su cui si esercita il potere sia il più informato possibile, ed è pertanto fondamentale che l'informazione non sia facoltativa, e che quando non sia assimilata spontaneamente venga forzata o imposta.

Mentre nell'epoca del potere materiale l'educazione e l'istruzione erano fattori di emancipazione, nell'epoca dell'informazione possono essere invece – e in genere sono – lo strumento di un pesante indottrinamento ideologico. Gli istituti preposti all'educazione e all'istruzione sono oggi tra i principali centri di diffusione del pensiero unico, e da questo punto di vista un titolo di studi superiore non garantisce affatto capacità critica e autonomia intellettuale. Ricordiamo come sia costume odierno etichettare tout court l'avversario politico come ignorante, che in genere significa null'altro che non conforme all'ideologia che si sostiene. Da questo punto di vista una persona meno istruita può tranquillamente essere portatrice di una capacità di valutazione e di un naturale buon senso totalmente estirpati in chi ha frequentato a lungo gli ambienti della cultura ufficiale.

Contro la potenza dell'informazione c'è solo un antidoto. L'informazione di cui si serve il potere è un'entità instabile, in quanto deve adattarsi alle esigenze di quest'ultimo che per sua natura è transuente. Quando l'informazione si organizza in un sapere, esso è sempre provvisorio e frammentario, un edificio privo di fondamenta e malsicuro. L'informazione è infatti movimento: quando la si afferra e la si trattiene, essa si rivela inconsistente e si dissolve. Ad essa va contrapposta la stabilità della cultura, concepita come un sapere solido, germogliato nel grembo di un popolo e fiorito sotto il sole della tradizione. La cultura, intesa nel suo significato autentico, è da sempre la fortezza spirituale su cui il vento della propaganda e dell'ideologia si infrangono. Luogo di identità e di memoria, permane oltre le mode e l'avvicendarsi dei potenti. Mai come oggi vi è urgenza di abbandonare l'informazione e tornare a vivere la cultura.