Intervista Deleyaman


I Deleyaman sono una band nata in Armenia per mano del polistrumentista Aret Madilian.
Formati nel 2000, hanno pubblicato ad oggi 5 dischi.
Trattasi di un progetto suggestivo ed elegante.
Ascoltare i Deleyaman è come entrare in un limbo di suoni introspettivi dal sapore trascendentale, la loro è una proposta evocativa, che è stata in grado di andare oltre i soliti tentativi di imitazione dei grandissimi Dead Can Dance.
Benvenuto Aret.
Innanzitutto complimenti. Riteniamo i Deleyaman tra le formazioni attualmente più emozionanti sulla scena,
Per cominciare, ci racconti la genesi di Deleyaman?

I Deleyaman nascono il giorno in cui mi trasferì da Los Angeles in un piccolo villaggio nella campagna della Normandia.
Avevo vissuto a Parigi qualche anno prima, ma poi preferì  la campagna alla città.
Gli affitti lì sono a buon mercato rispetto alla città, così fui in grado di affittare una casa grande abbastanza per mettere insieme un home studio ed iniziare a lavorare su alcune nuove idee musicali che avevo e che volli sperimentare.

Incontrai Gerard, che suona il duduk, nel 1997 per puro caso. In pratica mi trovò nella rubrica telefonica e mi chiese se avevamo qualche rapporto dal momento che condividevamo lo stesso raro cognome.
Parlando, si rese conto che non solo avevamo in condivisione lo stesso cognome, ma anche che eravamo entrambi interessati alla musica in modo particolarmente “strano”.

Mi piacque subito il suo duduk e il modo unico che aveva Gerard nel suonarlo. E 'uno dei  suonatori di duduk migliori al mondo, è in grado realmente di sentirsi a proprio agio suonandolo sia tradizionalmente che in contesti sperimentali.
Credetemi è difficile trovare  qualcuno che sia in grado di fare ciò con il Duduk nel panorama musicale attuale.
Così, quando sono venuto in Normandia da Los Angeles, lo chiamai e gli chiesi se fosse interessato ad unirsi alla band che si stava formando.

Poi avvenne l’altro mio incontro casuale, quello con Beatrice e la sua voce. Lei faceva parte di un gruppo di amici che allora veniva a farmi visita di tanto in tanto in Normandia. In una di queste visite, cominciò a cantare delle composizioni che noi tutti ascoltammo per un pomeriggio intero. Rimasi molto colpito dal suo tono vocale molto particolare e malinconico. Sentii qualcosa di molto straziante e caldo nella sua voce. Così feci a lei la stessa domanda che avevo fatto a Gerard in precedenza.

Allora avevo già scritto la maggior parte delle canzoni per il nostro primo album in modo che Gerard e Beatrice potessero poi aggiungerci il duduk e le parti vocali.
Fortunatamente trovammo in breve tempo una piccola etichetta indipendente a Parigi disposta a rilasciare il nostro primo album nel 2001. Una volta che l'album uscì, decidemmo di fare alcuni concerti dal vivo per provare la nostra musica fuori da un contesto di studio,  suonando dal vivo.

Fino ad allora avevo fatto tutto il percussivo e la programmazione della batteria artificialmente, ma poi decisi di trovare un batterista. Anche in questo caso, il destino ebbe una soluzione per noi. Avevo sentito parlare di un batterista svedese che viveva nel mio villaggio, eravamo gli unici due stranieri. Mi misi a cercare la fattoria dove aveva vissuto e bussai alla sua porta una mattina con il nostro primo CD in mano per chiedergli di partecipare al progetto Deleyaman. Accettò il giorno dopo e tutt’ora abbiamo ancora la stessa line-up.

Quindi sin dal primo disco siete stati quattro componenti, giusto?

Eravamo in tre solo per il nostro primo album “00/1”. Siamo stati quattro dal secondo.
Per il primo album, è stato fondamentale l’utilizzo di una workstation Korg per comporre tutti i brani. In un certo senso, quello è l’album più elettro-synth della nostra discografia. Gli unici elementi organici di quell'album furono il duduk e le nostre voci.
Con il secondo album cominciai anche ad aggiungere paesaggi sonori di chitarra sparse.
Iniziai inoltre a sperimentare di più con strumenti acustici come il sax, nonché utilizzando il def per le percussioni.

Gli album più recenti sono poi sicuramente più equilibrati tra l'organico e il sintetico. Io sono tornato a uno dei miei primi amori: il basso.

A proposito del duduk. Credo sia uno degli elementi che più contraddistingue i Deleyaman sia proprio il suo utilizzo. Da dove nasce il tuo amore per questo straordinario tradizionale strumento a fiato e perché sei così legato ad esso nelle vostre composizioni?

Si tratta di uno strumento straordinario sotto tutti i punti di vista.
Prima di tutto è uno strumento a fiato antichissimo, l’antenato dell'oboe. E 'uno strumento tipicamente armeno, ma lo si può trovare anche in molte altre regioni dall'altopiano anatolico nel Caucaso in Azerbaigian, Georgia e Turchia. Risale a più o meno 3000 anni fa e probabilmente ha il suono più intrigante ed emozionante che abbia mai sentito uscire da uno strumento costruito da un essere umano.
Il canto o il piangere delle balene è probabilmente l'altro suono che mi commuove allo stesso modo.
E 'anche uno degli strumenti più arcaici di ricerca che si possa immaginare. Solo un pezzo di legno cilindrico con 7 fori sulla parte anteriore e 1 o 2 sul retro. E 'fatto di un albero di albicocche e ogni duduk ha una gamma molto limitata.

Trattasi appunto di uno strumento tradizionale , ma quello che mi interessava di più era il modo in cui potessimo renderlo contemporaneo includendolo nella musica non tradizionale.
Io volevo avere il duduk non come semplice strumento ospite, bensì con un ruolo esattamente paritario rispetto ad una chitarra o ad un basso. Pertanto Gerard è un vero membro del gruppo, non solo un musicista ospite. Comporre solo alcune canzoni  per il duduk per far sentire quanto è bello il suo suono non era certo nei miei intenti, bensì l’obiettivo è sempre stato quello di trovargli un posto di pari dignità rispetto qualsiasi altro strumento o alla voce nelle composizioni.

A tratti ricordate i Dead Can Dance, ma nel complesso la vostra proposta è molto originale. Quali sono i vostri principali riferimenti artistici?

Siamo spesso in disaccordo, quando veniamo paragonati ai Dead Can Dance. La cosa divertente è che nessuno nella band aveva ascoltato i Dead Can Dance prima di formare Deleyaman. Detto questo, capisco le ragioni per cui così tante persone ci trovano simili. Tendo a pensare che i motivi principali siano che entrambe le band hanno un cantante maschio e femmina che condividono le funzioni vocali, entrambi i gruppi sono influenzati sia dall’ occidentale che dalla musica orientale, entrambi i gruppi hanno utilizzato strumenti tradizionali in un contesto musicale contemporaneo, entrambe le band tendono a favorire suggestivi paesaggi musicali. Ma anche se molti hanno paragonato la mia voce a quella di Brendan Perry, io non vedo come la voce di Beatrice possa essere paragonata a quella di Lisa Gerrard.
Personalmente ritengo che una band come Rajna sia musicalmente più vicina ai Dead Can Dance rispetto a quanto lo siamo noi.

Quando ero molto giovane a Los Angeles ascoltavo The Doors, Fleetwood Mac, Styx, Supertramp ecc, e  devo anche ammettere che quando ero un ragazzino, con gioia mi piaceva ascoltare gli ABBA e i  Demmiss Roussos.

Il mio primo amore di suggestivi paesaggi musicali fu probabilmente il risultato di una musica di Ennio Morricone utilizzata per i western di Sergio Leone.
Mi ricordo che guardavo tutti i film di Leone gratuitamente dal balcone di mia nonna che si affacciava su un cinema all’ aperto a Istanbul. Momenti meravigliosi incisi nel mio cuore. Lì c’era il mondo orientale armeno, turco e greco che ho sempre sentito dentro di me da immigrato a Los Angeles. La mia nonna paterna era greca e mio nonno armeno. Entrambi originariamente dalle rive del Mar Nero, si trasferirono a vivere a Istanbul dove io nacqui.

Per quanto riguarda i miei riferimenti reali o influenze della musica occidentale, sono cresciuto ascoltando The Stranglers, Joy Division, Wire, Magazine, Kraftwerk, OMD, Ultravox, The Chameleons, Simple Minds e simili, soprattutto le band  post-punk dell'epoca. Poi però scoprii gente come  Can e Neu! e feci un sacco di ricerche sulla musica sperimentale nella biblioteca pubblica.
La musica di Erik Satie fu certamente una rivelazione forte. In quel periodo, scoprii anche alcuni compositori ancora poco noti al grande pubblico principale. Il compositore irlandese John Field che precedette Frederic Chopin e i suoi Notturni, il francese Charles Valantin Alkan, ecc.

Le vostre sonorità sono molto orientaleggianti, tu sei di origini armene appunto. Quanto c’è dell’Armenia nella musica di Deleyaman?

Credo che la parte armena della nostra musica sia portata alla luce più che altro da Gerard e dal suo duduk.
Lui ha viaggiato molte volte in terra armena e ha speso un sacco di tempo con i maestri del duduk che vivono nei villaggi rurali per apprendere e acquisire la conoscenza del passato musicale, filosofico e spirituale dello strumento.
Penso che le mie origini armene siano invece più sottilmente rappresentate in Deleyaman.

Forse più in forma del mio fraseggio vocale o nelle strutture melodiche. La nostra musica è una miscela di tutte le nostre esperienze, amori, ispirazioni e i nostri sé più profondi che è difficile per me separare e distinguere l'est dall'ovest, se sai cosa voglio dire. Tranne ovviamente il duduk che ha un suono riconoscibile e ultraterreno.
Sempre rimanendo al forte impatto spirituale della vostra musica, in “fourth part one” son presenti parole di Khalil Gibran. Khalil Gibran era di religione cristiano-maronita, quale ruolo ha la religione nella tua vita?

Questa è una domanda interessante. La religione non gioca un ruolo consapevole nella nostra musica.
Quello che voglio dire è che non facciamo musica per qualche essere superiore, né io personalmente mi sento guidato da una missione sacra. È molto più semplice. Siamo una band molto istintiva, facciamo musica con le nostre viscere e i nostri sentimenti, molto meno con le nostre menti. Penso che la mente o le considerazioni mentali siano utili più che altro durante le fasi di disposizione o di raggruppamento dell'album. Abbiamo un rapporto più esistenziale e diretto rispetto ad un religioso, non abbiamo bisogno di un interprete tra noi e il mistero cosmico. Anche se capisco le esigenze mistiche e le sensazioni di alcuni esseri umani, molto luminosi, come Gibran, Gandhi o di Edgar A. Poe. Tutti questi uomini ci hanno lasciato con grandi doni.

Nei vostri dischi c’è l’utilizzo di poesie di grandi del passato. In particolare ci ha colpito in “Fourth, part two” la citazione di Ralph Waldo Emerson. Come mai la scelta di questo sottovalutato saggista?

Ho scelto Emerson perché per me lui faceva parte di quella parte di poeti in cerca del trascendente e del desiderio di qualcosa di più di ciò che il mondo occidentale ha da offrire in termini di cibo spirituale. Egli era molto interessato alle filosofie religiose dell’ est.

Un brano straordinario dell’ultimo cd è “Brahma”. Come è nato?

Guarda, ho un libro molto speciale che comprai anni fa per 0,50 centesimi in una libreria di Los Angeles. Si trattava di un libro di poesie di poeti poco noti americani.
Un giorno, nel nostro studio, stavo provando quella che divenne poi la linea di basso di apertura di Brahma, ricercavo qualcosa ma non sapevo cosa.
Mentre suonavo le due semplici note introduttive della canzone, trovai quel libro accanto a me, trovai la poesia Brahma di Emerson. Cominciai così a cantare il testo intero della poesia senza cambiare una parola né un battito del ritmo.
Si adattavano perfettamente. E 'piuttosto raro quando le cose vanno in una misura così perfetta senza alcuno sforzo

Sapevo che sarebbe stato un nuovo brano ma avevo bisogno degli altri per implementarlo. Considerando il contenuto della poesia, la canzone fu implementata con il solito duduk di Gerard. Lui essendo una persona molto incline alla spiritualità, fece la sua parte nel modo più naturale possibile. Quindi decidemmo di aggiungere le chitarre nello sfondo per dare una sensazione di grinta unita alle parti vocali di Beatrice.


Attualmente vivi in Francia? Com’è il clima culturale in terra transalpina? Sei soddisfatto?

No, non sono affatto soddisfatto.
A mio parere, la Francia è diventata vittima del suo stesso successo passato.
Sembra che il paese si stia cullando su una gloria passata invece di interessarsi a offrire qualcosa di nuovo al mondo come fece un secolo fa.
Non vi è alcuna attenzione per una contro-cultura.

Si dà spazio sempre e solo ai grandi nomi tradizionali popolari sicuri di portare pubblico e denaro.
Non si prendono i rischi necessari per lanciare nuovi artisti o movimenti nuovi. Il paradosso è che il governo francese spende un sacco di soldi per sovvenzionare la cultura. A loro piace mettersi in gioco e contribuire a spingere la cultura, ma credo che sia proprio questo il problema. Non c'è abbastanza libertà amministrativa, né spazio per gli individui a prendere iniziative personali. Tutte le iniziative personali sono soggette alle stesse norme pesanti amministrative.
Per la contro-cultura a fiorire, sarebbe necessario liberare gli artisti e la cultura da parte dello Stato e dei governi per poter  favorire le iniziative personali, le arti sovversive e gli investimenti dei cittadini.
Penso che l'arte e la cultura dovrebbero essere separate dal governo. Il governo francese ha recuperato la cultura popolare e la ha istituzionalizzata.
Non so come sia in Italia, ma tutto questo può benissimo essere la parte meno interessante della medaglia socialista.


State lavorando per una nuovo disco? Se sì, puoi anticiparci qualcosa?

Sì, siamo nel bel mezzo del nuovo album. Mi piacerebbe dirvi di più su di esso, ma onestamente non so dove ci porterà. Vi posso dire che è molto diverso da tutto ciò che abbiamo fatto prima, ma ancora riconoscibile nello stile tipico di Deleyaman.
Non siamo imprigionati nella nostra idea di noi stessi e vogliamo continuare ad esplorare, come abbiamo sempre fatto. Stiamo crescendo e invecchiando ogni giorno, come ogni altra cosa nella vita. Questo in effetti cambia noi, il nostro mondo interiore. Questi cambiamenti ci offrono nuove direzioni e ci indicano ciò che avevamo lasciato inesplorato.
Siamo tutti viaggiatori che passano attraverso questa cosa chiamata vita. Nel mio caso, mentre sono in viaggio, mi piace interpretare quello che provo attraverso la musica.
Inoltre sto già scrivendo tutti i testi del prossimo album, che sarà il primo disco di canzoni, esclusivamente con mie parole e pensieri. Come lei ha ricordato, abbiamo fatto spesso in prestito testi di poeti del passato nei nostri album precedenti, stavolta non sarà così.

Progetti futuri per la creatura Deleyaman? Vi farebbe piacere suonare dal vivo in Italia?

Faremo circa 15 spettacoli a Los Angeles e altre città negli Stati Uniti la prossima primavera. Mi piacerebbe venire a suonare in Italia, ma al momento non siamo mai stati invitati da alcun organizzatore delle vostre parti. Certo, se ci fosse la possibilità, accetteremmo sicuramente.

Grazie Aret, buona fortuna per il futuro.

Grazie a voi per le domande e il vostro interesse per la nostra musica!