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Lo sguardo domestico

Osservare con sguardo "domestico" il proprio marito, la propria moglie, il proprio fratello, la propria sorella, i propri figli, crea alienazione. 

La famiglia, quando non è sana, diventa una prigione di etichette cristallizzate. Una volta assegnato un ruolo - il figlio "irresponsabile", la figlia "brava", il fratello "problematico" - diventa quasi impossibile liberarsene. I familiari diventano guardiani inconsapevoli di questa prigione identitaria, perpetuando dinamiche che negano la crescita, l'evoluzione e la trasformazione della persona. Perpetuare la quotidianità in questi contesti, magari per impedimenti economici o sociali, significa sentirsi negati nella propria essenza, ridotti a una caricatura di se stessi. Mentre fuori dal contesto familiare le persone chiedono loro consigli, li rispettano, riconoscono il loro valore, a casa vengono sistematicamente sottovalutati. Essere una persona stimata all'esterno e un fantasma nella propria casa è un fenomeno diffusissimo, che tocca trasversalmente ogni classe sociale e culturale. 

La vicinanza genetica e la condivisione prolungata di spazi e tempi creano una presunzione di conoscenza che blocca la vera comprensione. Alcuni familiari rimangono intrappolati nelle lenti del passato e non riescono a vedere oltre, cristallizzando l'immagine dell'altro in una versione anacronistica e limitante. Questo meccanismo si autoalimenta: più una persona cerca di dimostrare il proprio cambiamento all'interno della famiglia, più viene ricondotta ai vecchi schemi interpretativi. È come se esistesse una resistenza sistemica al riconoscimento dell'evoluzione individuale, una sorta di omeostasi relazionale disfunzionale.

Sono una minoranza le famiglie dove tali dinamiche non si verificano, sono quelle in cui regna una curiosità autentica verso l'altro.

In tanti si ritrovano in queste alienanti situazioni. Non serve la frustrazione, la soluzione migliore è quella di smettere di cercare validazione dove non può essere trovata. Se in famiglia vige questa stagnazione percettiva, è necessario cercare tra gli "estranei" chi sa vedere davvero chi siamo, senza l'utilizzo di lenti statiche e distorte dal peso della storia condivisa. 

La famiglia che non sa riconoscere il valore autentico di chi le appartiene non merita il potere di definirne l'identità.