Il pensiero non è mero spettatore della realtà, ma un suo architetto silenzioso. Osserviamo.
Gli ermetisti lo chiamavano "Mentis vis creativa" – la forza creatrice della mente. I mistici orientali parlavano dell'illusione che diventa concreta attraverso la focalizzazione cosciente. La fisica quantistica, con il principio dell'osservatore che influenza l'osservato, conferma intuizioni millenarie.
Tutte queste visioni, separate da secoli e continenti, convergono verso un dato: la realtà è malleabile, e la mente ne è lo strumento primario di modellazione.
Non stiamo ovviamente parlando del banale "pensiero positivo" della spiritualità commerciale New Age, né di facili promesse di manifestazione istantanea. Parliamo di qualcosa di più profondo e, per questo, più pericoloso – qualcosa che possiamo osservare nella trama sottile della nostra realtà quotidiana.
Quando fissiamo con intensità un'idea, un evento, una persona, creiamo una forma-pensiero che inizia a vivere di vita propria, nutrendosi della nostra energia psichica finché non trova il modo di manifestarsi nel mondo tangibile. È un processo lento, impercettibile, che opera attraverso meccanismi psicologici profondi: l'attenzione selettiva, la conferma cognitiva, l'attivazione reticolare che ci fa notare ciò che risuona con i nostri pensieri dominanti.
Ciò che chiamiamo "coincidenze" sono solo i primi vagiti di realtà che abbiamo inconsapevolmente partorito nelle camere segrete del nostro pensiero. Sincronicità che Jung definiva come "coincidenze significative" – eventi che non hanno connessione causale evidente eppure portano un messaggio, una direzione, una conferma di schemi interiori.
Bisogna essere consapevoli di essere potenziali maghi, pericolosi apprendisti stregoni della propria esistenza.
Ogni pensiero è un seme gettato nel fertile buio
dell'ignoto.