Il disastro del Vajont

 Progresso e profitto sono sempre andati a braccetto, perché? Perché nessuno dei due guarda in faccia nessuno.

Due linee parallele da cui l'uomo moderno, vivendoci in mezzo, attinge e gli esempi potrebbero essere infiniti ma oggi ricordiamo un fatto in particolare.
Una vicenda che vide come protagonisti uomo, progresso e profitto.
Il 9 ottobre, alle 22.39 di sessant'anni fa, la vela bianca del progresso in calcestruzzo veniva scavalcata dall'onda di morte che procurò in soli quattro minuti 1910 vittime (alcune mai trovate) nei pressi di quella che era ed è chiamata "la diga del Vajont" spazzando via interi paesi.
Una storia di intrecci e interessi del potere economico partiti ancor prima dello stesso boom: perizie, controperizie, presunzione, arroganza, negligenza e occultamento di documenti (riservati) tra enti pubblico/privati e ministeri che preferirono sacrificare vite piuttosto di ammettere l'errore, la spavalda leggerezza che nel nome del profitto mascherato da progresso costruì oltre alla diga anche i presupposti per una catastrofe più che prevedibile, con i media dell'epoca (ma ancora oggi) a riempirsi la bocca della parola tragedia.

Fu uno dei debutti in terra nostra di quella tecnica, affinata negli anni a seguire, che tra pubblico e privato permette il disastro colposo privo di colpevoli (se non qualche sacrificabile pedina).
Ma una verità, tra tutte, è che fu permesso. E poco importa se nel processo che ne seguì un paio di nomi furono condannati come RESPONSABILI ( tre anni e otto mesi con condono di tre anni, danno e beffa come titoli di coda).
La responsabilità per propria definizione doveva esserci prima, durante i lavori, durante le avvisaglie che la frana diede con largo anticipo; ritenere responsabili "post fata" non restituì in nessun caso né vite né averi di chi quella sera non poté difendersi.
 
Quella del Vajont è una tragedia che non viene mai ricordata. Dagli errori, si dice, si dovrebbe imparare e far sì che il progresso sia una delle fonti di benessere ma a quanto pare, di "imparato", è rimasto solo il profitto, con la memoria che viene meno perché perpetuare il ricordo di ciò che si poteva evitare porrebbe oggi troppi dubbi e confusione; il profitto non possiede memoria.

Per chi non conoscesse la vicenda suggeriamo il libro "Sulla pelle viva" di Tina Merlin e il monologo teatrale di Marco Paolini intitolato 
"Vajont 9 ottobre '63".