2020: il nuovo ordine post-democratico

Il 2020 sarà un anno che entrerà nella storia. Vi entrerà perché in esso tutta una serie di processi iniziati almeno sin dalla seconda metà del '900 hanno subito una accelerazione tale da potersi sostenere che, se essi giungeranno in futuro a compiersi, tale compimento sarà da considerarsi impensabile senza ciò che abbiamo visto consumarsi in questi pochi mesi. Il motore del 2020 è stato senza ombra di dubbio l'evento pandemico, ma la volontà che sta guidando i fatti lo precede: essa ha prodotto ad hoc una narrazione della pandemia adeguata alle proprie finalità, e l'ha cavalcata rendendola sia un potente grimaldello ideologico che un indispensabile strumento politico, volto a realizzare il consenso a quelle riforme strutturali della società, le quali altrimenti sarebbero state irrealizzabili se non attraverso palesi e inaccettabili imposizioni autoritarie. La narrazione pandemica è dunque, con ogni probabilità, il più grande fenomeno di manipolazione del consenso a cui la storia abbia mai assistito.

L'esito più eclatante di tale manipolazione è l'aver fatto credere a tutti che da sempre il principale - se non l'unico - valore non negoziabile che la civiltà abbia riconosciuto è la sopravvivenza biologica del singolo. In base a questa inusitata tavola dei valori, che viene data per scontata e condivisa da tutti, sarebbe possibile in nome della sopravvivenza biologica individuale imporre qualsiasi genere di sacrificio  e limitazione delle altre dimensioni dell'esistenza. La ricaduta sul piano politico è una progressiva cessione di potere nei confronti dei tecnici nei processi di governo, i quali appaiono sempre più approssimarsi al modello tecnocratico a scapito di quello democratico.

In questo contesto, in cui tutte le energie sono volte a realizzare l'unanimità d'opinione su ciò che si ritiene opportuno fare per affrontare il male del secolo, il dissenso è stato ampiamente marginalizzato, quando non espressamente perseguito e combattuto. In questa ottica si possono leggere una grande quantità di fenomeni, sia politici che culturali, che vanno ad esempio dalle elezioni americane, alle strategie di comunicazione volte ad isolare e stigmatizzare chi porta visioni e quesiti fuori dal coro, o manifesta il proposito di non omologarsi alla volontà generale in nome di valori che fino a ieri, almeno sulla carta, erano condivisi da tutti, se non addirittura considerati fondanti. L'acuizzarsi dello scontro ideologico avrà come esito, temiamo, una crescita progressiva delle tensioni sociali, la cui manifestazione scomposta sappiamo essere funzionale, in assenza di un coordinamento e di una organizzazione  politicamente efficace, a forme di repressione legittimantesi appunto sulla necessità di mantenere ordine e coesione della compagine sociale.

In Italia, in particolare, stiamo assistendo alle prove generali di un ordine post-democratico. Vecchi strumenti di governo vengono utilizzati in modi nuovi e inusitati, scavalcando la normale prassi legislativa e prerogative consolidate delle figure istituzionali, il tutto abbinato, a mo' di compensazione, a una riscoperta del paternalismo di stato, tanto più inverosimile quanto più chi presiede a quest'ultimo appare accondiscendente ad abusi e patenti violazioni dei principi su cui dovrebbe reggersi. Appare inoltre altamente problematico definire ancora di tipo rappresentativo un sistema di governo capace di esprimere un esecutivo come l'attuale, il quale si regge non sulla volontà degli elettori manifestata attraverso il voto, ma su accordi e alleanze d'ufficio su cui chi ha votato non ha alcuna possibilità di rettifica o controllo. 

Sotto questi presagi attendiamo il V-DAY - ancora una metafora bellica - ossia "il più grande piano di vaccinazione di massa", come viene definito dalla stampa imbeccata. Il 2021 si aprirà su questo grande esperimento sociale che sancirà, se tutto andrà come il potere auspica, ovvero con una adesione generalizzata, il successo della strategia fino ad ora adottata. Tale strategia consiste da una parte, come visto sopra, nell'imposizione di una sorta di rivoluzione della tavola dei valori volta al primato della pura sopravvivenza biologica, e dall'altra a una forma di autoritarismo che produce e impone il consenso delegittimando il dissenso sul piano morale e delle competenze tecniche, quindi non su quello politico. Applicata globalmente, tale strategia permetterebbe di fatto la formazione di un governo unico caratterizzato non tanto dall'accentramento del potere in un singolo soggetto, quanto piuttosto sull'adesione incondizionata di tutti i governi al pensiero unico, il quale produrrebbe come esito un generale accordo globale sulle politiche a cui informarsi e sui soggetti sovranazionali preposti a dettarne le agende. Abbiamo ben pochi dubbi su come andrà a finire; del resto cosa sono dignità, diritti, libertà e autodeterminazione di fronte alla salute?