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Progresso regresso

Il "progresso" è cancellare l'identità. L' evoluzione è recidere violentemente le radici di un popolo, inquinare la sua anima, azzerare le diversità, annientando le peculiarità che lo rendono unico, forte, fiero della sua storia, saldo nei suoi principi. Il "progresso" è l'immigrazione scellerata. Uomini e donne costretti ad abbandonare il suolo natio, ingannati dai burattinai del mercato e dai grandi filantropi che, sotto il falso vessillo umanitario dell'accoglienza, prima hanno spremuto sino all'ultima goccia disponibile le loro risorse e poi li costringono ad essere nuovi schiavi in terra straniera, senza consapevolezza di sé stessi e dei propri diritti. Il progresso è la crisi perpetua, la guerra e lo sconvolgimento degli assetti politici ed economici mondiali. È svenare il proprio popolo attraverso rincari folli, seguendo a menadito diktat contrari agli interessi nazionali, ingozzando le masse di analisi banali, notizie false e propaganda da quattro soldi. Il progresso è trasformare, d'un tratto, diritti un tempo intangibili in concessioni a tempo determinato, sulla base di dati fasulli ed amenità scientifiche, giustificando il tutto con la tutela della salute pubblica e l'infallibilità della scienza. Il progresso è il precariato, la deindustrializzazione, la delocalizzazione, la svolta green, i bonus che legano a doppio filo allo stato, l'abolizione del contante spacciata come lotta all'evasione, la finanza che ingloba la politica, il WEF che detta le linee guida per il futuro, le multinazionali che divorano, come pescecani, le piccole e medie imprese, impossibilitate a tenergli testa, in un regime di assoluta concorrenza sleale. Il progresso è il cambio di sesso nei giovanissimi, è il plagio continuo subito dalle nuove generazioni, è la digitalizzazione forsennata atta a rendere l'uomo un atomo isolato, distante, fuori dal concetto stesso di comunità.

Oggi, più che mai, il progresso è regresso.

Ricoperto di lustrini e slogan accattivanti, profumato alla meglio per coprirne l'olezzo penetrante, venduto come bivio necessario, come unica via da intraprendere per sopravvivere, per essere migliori, solidali, poco inquinanti, competitivi, moderni.

Se tutto questo è il bene, dunque, saremo allora orgogliosi di essere il male.



Lacune e vie di fuga

Quante volte capita di seguire dibattiti dove nel momento in cui viene fatta notare l'irrealtà delle posizioni genderiste si risponde: “ma tu critichi e poi credi all’uomo dei cieli?".
Questo modo di rispondere, oggi molto in voga, è effimero da qualsiasi posizione lo si voglia osservare.

Trattasi sostanzialmente di una bella via di fuga; il fatto che chi cerchi un dibattito possa a sua volta credere anche a babbo natale, non dovrebbe confondere il giudizio di ciò che viene detto.

Su un primo livello dovremmo evidenziare la supposizione che il pensiero irrazionale di chi critica giustifichi quello del criticato. Tu credi in un uomo nelle nuvole quindi quello che dico (per es. che un uomo è una donna e viceversa) deve essere giustificato come plausibile, altrimenti la tua critica cade nel nulla, senza alcuna discussione o approfondimento sulla natura diversa dei due. Questo punto è particolarmente aggravato dall'origine scientifica che si voleva dare all'argomento citando cromosomi e biologia. In questi termini non si raggiunge alcuna verità. La discussione inizia senza intenzione di scomporre argomenti complessi in oggetti e rispettivi significati, ma parte con uno slogan che vuole comprimere un'infinità di punti, che sarebbero da discutere singolarmente, in un semplice fatto universalmente esperito.

Senza ricerca, il confronto è sostanzialmente inutile.

Questo tipo di scambi proibisce un confronto razionale al di fuori degli schemi fissi della scienza. Rimangono soltanto le opzioni di confronto a livello scientifico con dati e statistiche, ed abbiamo avuto un assaggio di cosa ciò significhi durante il periodo pandemico. Si viene completamente esclusi a priori dal dibattito perché se io credo in qualcosa di non scientifico (ma molto complesso e quindi necessitante di grandi approfondimenti) allora non ho il diritto di criticare affermazioni che negano il primo principio della logica, ossia che ciò che è non può allo stesso tempo essere il suo opposto.

Per concludere se un uomo può essere donna ed una donna può essere uomo, questo significa che c'è un errore terminologico e di identificazione che dimostra la nostra incomprensione del mondo. Dire che uomo e donna sono intercambiabili significa negare entrambi, ma negare entrambi rimuove ogni necessità di uno di diventare l'altro, essendo entrambi la stessa cosa. Al contrario cercare di definire uno e l'altro dimostra differenze e quindi l'esistenza di entrambi, così distruggendo l'idea che uno possa essere l'altro e viceversa. Non capire questo concetto dimostra lacune nei processi mentali che ci permettono di comprendere il mondo.




La Rus' di Kiev. Storia del più grande Stato dell'Europa medievale (secc. IX-XIII)

Due dottori magistrali in Storia, Antonio e Rocco Raimondi, hanno scritto un volume dedicato alla Rus' di Kiev, un tema davvero poco trattato in Italia.

Questo libro, spingendosi al di là delle barriere ideologiche, dei nazionalismi e dei pregiudizi storici, affronta difatti un argomento decisamente trascurato dalla storiografia europea, che risulta quanto mai rilevante alla luce delle vicende e degli avvenimenti presenti, poiché solo analizzando il passato si può comprendere il presente e guardare al futuro. 

 

La Rus’ di Kiev sorse nel IX secolo d.C. sul fiume Dnepr e divenne lo Stato più grande dell’Europa medievale, soprattutto dopo la conversione al Cristianesimo orientale, un passo che influenzò in maniera determinante i suoi orizzonti culturali e politici.

Dopo un interessante capitolo introduttivo sullo Stato, sull'economia e sulla società della Rus' di Kiev (dell'Antica Rus'), si ripercorrono, cronologicamente, i suoi eventi e le sue vicende, da Rjurik a Vladimir Monomach, alle lotte intestine che condussero alla sua disgregazione e poi alla conquista mongola nel XIII secolo.


Un testo consigliato. LINK





 

 


Impassibili

 

In un mondo ribaltato, in cui esser pacati e gentili è considerato un segno di evidente debolezza, dove chi starnazza ha più considerazione di chi esprime educatamente la propria opinione, ritagliarsi uno spazio per analizzare, scevri da isterismi e sovrastrutture, la multiforme e complessa realtà che ci circonda, è sempre più un'impresa ardua. I modelli proposti dai media e dai teatrini tv sono desolanti. Guitti prezzolati in cerca del quarto d'ora di gloria, si alternano a vip di cartapesta che sentenziano su ogni materia senza soluzione di continuità, sedicenti esperti, dall'alto dei loro troni posticci, che fanno a gara a chi la spara più grossa, mentre imbrattatori della verità di professione continuano la loro opera di mistificazione e di criminalizzazione del dissenso, colorando con tratti farseschi dibattiti e discussioni, che si riducono a puerili scambi d'insulti, a mere beghe da cortile.

Districarsi tra le mangrovie ed il fango del nostro tempo, restando il più possibile vivi, analitici e puri di spirito, è sicuramente un percorso difficile, ma al contempo stimolante. Mantenersi in piedi tra le rovine richiede passione, coraggio, cuore, testa, visione a lungo raggio. Il sentiero che stiamo percorrendo, per quanto impervio e ricco di ostacoli, è quello retto. Alle grida forsennate, al raglio di somaro, opporremo perciò calma e valide motivazioni. Faremo fronte al fanatismo, alla propaganda, al letargo della ragione e del buonsenso con audacia e ostinazione nel tutelare le nostre posizioni.

Una porta si è chiusa alle nostre spalle, proiettandoci in una nuova, incerta realtà che dobbiamo affrontare a schiena dritta. Dure prove ci attendono, questo è certo, ma noi saremo pronti. Restare sani tra i folli, svegli tra i dormienti, impassibili agli scherni e all'ilarità di chi è imboccato e pensa di detenere ogni risposta in tasca, non temendo la solitudine od il giudizio altrui: è questa, al momento, la vera sfida da onorare e vincere, contro tutto e tutti.

"Dalla scuola di guerra della vita, ciò che non mi uccide, mi rende più forte”. " (F. Nietzsche)