Le riflessioni del ministro Bianchi sono sensate, e
s'inseriscono in un quadro di acquisizione di nuove abitudini, dettate
dall'ingresso nell'era delle pandemie. Se c'è un'istituzione che, da sempre, ha
il compito di educare e formare le nuove generazioni ai valori di una società,
quella è la scuola. Le critiche volte a confrontare l'uso delle mascherine a
scuola con altre situazioni, chiaramente non coglie nel segno, non capisce né
la specificità dell'istituzione scolastica né la ragione di tale obbligo, che
invece il ministro Bianchi ha ben precisato. Niente a che fare con contagi,
virus, malattie, ma con la loro idealizzazione simbolica attraverso norme di
condotta volte a produrne una presenza nell'assenza. Vivere, comunque, 'come
se' ci fosse una pandemia.
Allo stesso modo, il demansionamento degli
insegnanti, non va certo letto in un'attualizzazione del pericolo 'contagio',
ma come decisione politica sul ruolo stesso degli insegnanti, sulle loro
competenze e qualità. Un insegnante, che porta le stigme della non
vaccinazione, per di più per scelta, non può dare messaggi contrari alla
'salute pubblica', non può farsi modello educativo. Inutile aggiungere, che
questo a maggior ragione, vale per medici e operatori sanitari.
Ma se con la fine dell'emergenza possiamo vedere
così modificato il significato degli obblighi e delle restrizioni - da concreto
ad ideale -, dobbiamo vedere in tali decisioni il segno della vittoria del nuovo ordine vaccinista, che può ridefinire, attraverso categorie
sanitarie, lo stesso ordine politico e sociale, ponendo - senza neppure bisogno
di contrattazioni collettive, che, al contrario, seguiranno a mo' di mera
legittimazione - nuovi requisiti per esercitare la professione di medico o
insegnante, nuovi modelli di cultura, nuovi modelli di apprendimento.
Le parole del ministro si caratterizzano quindi per
una profonda onestà intellettuale, non si pone più il problema del contagio - l'emergenza
è finita il 31 marzo -, ma dell'educazione al contagio. Sono le parole di chi
sa che la vittoria - non importano i modi, importa l'obiettivo - è stata
ottenuta, e i 'vincitori' hanno ora l'obbligo di dare nuovi valori agli
sconfitti. esattamente come fecero i colonizzatori con i paesi conquistati.
L'ingresso nell'era delle pandemie segna un cambio
dei costumi, un adattamento mentale e una modifica negli atteggiamenti.
Siamo alla fase di 'educazione'. La recitazione cambia, da compulsiva, improvvisa, traumatica, si fa
quieta, socievole, orientata. Resta l'imprinting iniziale, che serviva ad
accompagnarci nell'era delle pandemie.