Italia 2049

Italia, 2049. 

L'afa è insopportabile. Il vento caldo, che entra a folate dalla finestra semichiusa del monolocale ad affitto calmierato dove alloggi oramai da dieci anni, rende l'aria incandescente fin dalle prime luci del mattino. Sono le 6.30. Le lenzuola, madide di sudore, sembrano avvolgerti, soffocarti, si attaccano alle tue membra ancora intorpidite, quasi fossero le bende di una mummia. Ti rigiri nel letto, ma il sonno, oramai, è spezzato. I ferrei protocolli per la crisi energetica non ti consentono di accendere l'aria condizionata prima delle 15. Decidi, perciò, di alzarti prima della sveglia. Di fuori il silenzio è assordante: non un rumore, non un brusio, non un vociare umano. Tutto è immobile, granitico, spettrale, quasi fosse la quiete prima della tempesta. La calma, irreale, prima della battaglia. Il tuo smartphone vibra. Sono arrivate le informazioni che attendevi sull'incarico che il ministero del lavoro ti ha assegnato, integrando, anche se non di molto, il reddito universale che percepisci ogni mese. Ti vesti velocemente, devi raggiungere l'altra parte della città entro due ore. Il pullman destinato al trasporto dei lavoratori giornalieri contattati è a pochi minuti da casa. Gli orari sono rigidissimi. Non sono ammessi né ritardi, né rifiuti per quanto concerne l'impiego, pena l'esclusione dal sistema e la perdita del sussidio. Esci di casa, senza fare colazione. Ti verrà servita una volta giunti sul luogo, come da protocollo. Arrivi alla fermata in pochi minuti. Un nutrito gruppo di persone, di varie etnie, mascherate e provviste di Qr code, formano uno sciame disomogeneo, vibrante, ma al contempo ordinato, rassegnato, silenzioso. Misurata la temperatura e verificata la validità del pass dagli addetti ai controlli, si sale a bordo. Nessuno conosce l'attività che dovrà svolgere. Verrà, brevemente illustrata, tramite registrazione, durante il tragitto. Metallica, aliena, quasi proveniente da un'altra dimensione, la "voce del padrone", come viene appellata tra gli incaricati, dà le direttive. Anche oggi ti tocca la raccolta delle verdure e della frutta di serra destinata alla grande distribuzione. Odi quell'impiego, eppure non hai scelta. Arrivati sul posto, viene servita la colazione: barretta alla farina d'insetti e latte di soia. Il grano, ed i suoi derivati, dopo la crisi del 2022, sono stati sostituiti. Dopo il pasto, consumato in fretta, si inizia. La tuta da lavoro ti stringe il petto, togliendoti il respiro. L'odore chimico, asfissiante, del diserbante utilizzato nella serra attanaglia la tua gola, come le chele di un enorme granchio, causandoti un senso di smarrimento. La sirena segna l'inizio del turno. Meccanici, in fila, con i volti inanimati, coperti da enormi maschere, i raccoglitori procedono spediti, senza soste, come automi incapaci di percepire emozioni, o stanchezza alcuna. Dopo due ore di manodopera, qualcosa non va. La temperatura, all'interno, è altissima. Il tuo corpo, indebolito dal caldo e dalla fatica, inizia a dare segni di cedimento. Prima la schiena, poi le mani...il dolore è forte, duraturo, insopportabile. Intorpidito, quasi paralizzato, cerchi di richiamare l'attenzione di un supervisore. I tuoi "compagni di viaggio" non danno segni di vita. Procedono spediti, senza tregua, non degnandoti neanche di uno sguardo. L'addetto al controllo, notando il tuo stato, ti richiama all'ordine. "Numero 29, cosa accade? Perché si sta fermando? Non sono ammesse pause prima della terza ora!!". Il suo tono è grave, i suoi occhi, celati da dei piccoli occhiali scuri, privi di pietà.  "Nulla, non succede nulla", rispondi con un filo di voce, "procedo con la raccolta". Non ti puoi fermare, ti costerebbe troppo caro. Verresti automaticamente estromesso dal sistema e ti verrebbero decurtati due punti dal lasciapassare. Ancora uno e la fornitura elettrica si abbasserà ulteriormente di altri kilowatt, lasciandoti quasi a secco. "Bene...allora proceda n. 29, e non indugi oltre. Il paese ed il sistema produttivo hanno bisogno di lei! Non batta la fiacca!!". "Non si preoccupi..", rispondi solerte, mordendoti il labbro inferiore per attenuare la sofferenza, "Anzi, ringrazio il ministero per l'opportunità che mi ha concesso.."