La metafisica, ammessa la
sua possibilità, è una scienza autentica, anzi la più alta e la più perfetta di tutte le scienze. Merita
infatti di essere chiamata scienza
reggitrice, in quanto il suo oggetto, che è l'essere universale,
considerato in tutta la sua purezza intelligibile, è presente ovunque, e
perciò gli enunciati della metafisica avranno valore universale (col beneficio
dell'analogia) per tutto ciò che è o può essere in qualsiasi modo. La
metafisica è anche, per ciò stesso, la scienza più libera, in quanto essa si presenta come sciolta
dalla servitù del sensibile, cioè di tutto ciò che la materia introduce di
opaco per lo spirito e di accidentale (e per conseguenza d'irrazionale) negli
oggetti del sapere, e in quanto - nella sua costituzione formale, ma non nelle
sue origini empiriche - dipende solo dalla pura considerazione dello spirito
(cfr. S. Tommaso, In Metaphysicam, Proemium).
Le diverse scienze non
sono subalterne alla metafisica nel senso stretto della parola, quello in cui,
per esempio, l'ottica è subalterna alla geometria. L'ottica infatti è
sprovvista di princìpi propri, e procede dalle conclusioni della geometria. Al
contrario, la filosofia naturale possiede dei princìpi propri, che sono
evidenti di per sé (esempio: ogni mutamento esige un soggetto). Ma questi
princìpi possono a loro volta essere ricondotti a princìpi più universali, che
appartengono alla metafisica e che vengono da questa difesi
(almeno negativamente, per riduzione all'assurdo). Perciò vi è una certa subalternazione delle
scienze alla metafisica (S. Tommaso, I Post. Anal., lect. 25 et 41). Però, se la metafisica ha su
tutte le altre scienze una priorità di dignità e di certezza, il suo studio non
potrà precedere quello delle scienze particolari, né quello della filosofia
naturale (cosmologia e psicologia), perché dal punto di vista dell'invenzione o
dell'acquisizione progressiva del sapere noi possiamo andare solo dal sensibile
al non-sensibile, dal concreto all'astratto.